Sarà la magistratura a stabilire se il neoeletto deputato dell’Udc Cateno De Luca sia colpevole o innocente della pesante ipotesi di reato mossa nei suoi confronti ma in attesa delle aule di giustizia l’arresto avvenuto mercoledì mattina ha scatenato un diluvio mediatico sull’ex sindaco di Santa Teresa di Riva. De Luca è finito in tutte le testate e telegiornali nazionali per la vicenda giudiziaria di queste ore che lo vede imputato con la grave accusa di “associazione a delinquere” finalizzata ad una presunta “evasione fiscale per Un milione 750 mila euro”. Mentre l’opinione pubblica si divide tra colpevolisti e innocentisti, De Luca è diventato intanto per i network nazionali il volto simbolo degli impresentabili siciliani, i politici più discussi del nuovo Governo siciliano. De Luca è finito in primo piano dalla finestra di informazione di un mezzogiorno di fuoco alla serata di mercoledì sino ancora alla mattinata di giovedì. È chiaro ed appare indiscutibile che un arresto di un deputato eletto 48 ore prima sia un fatto di indiscutibile rilevanza.
DUE PESI E DUE MISURE. Il dato che però fa riflettere è una certa sperequazione giornalistica nell’aver catapultato il De Luca – repetita iuvant, colpevole o innocente che poi sia – in vetta ai notiziari e ai programmi di approfondimento di politica e cronaca mentre a suo tempo poca o praticamente nessuna rilevanza è stata data dagli stessi media alle passate vicende di evasione fiscale per i vari Flavio Briatore (condannato dal Tribunale di Genova ad 1 anno e 11 mesi per il caso dello yacht Force Blu con relativa accusa di aver eluso Iva e accise sul carburante per 3,6 milioni), Valentino Rossi (contestazione di mancati pagamenti all’erario per 60 milioni di euro che hanno portato ad un accordo col fisco per 20 mln di euro) sino ad addirittura ad arrivare alle turbate milionarie di stelle mondiali del calcio come i vari Cristiano Ronaldo e Leo Messi (rispettivamente accusati di evasione per 14 milioni e 4 milioni con l’argentino già condannato a 21 mesi di reclusione senza aver mai fatto detenzione). Chi si ricorda i tg che parlavano in apertura (o in coda) di Briatore, Rossi, Ronaldo o Messi? Nessuno, nemmeno l’Uomo Gatto di Sarabanda riuscirebbe a ricordare tg che hanno dato notizia di questi fatti e misfatti vip. E allora o “l’impresentabile” De Luca è diventato più famoso di loro e di altri vip italiani, o le (presunte) evasioni fiscali in Sicilia fanno più notizia di quelle di altre aree della penisola italiana o si tratta più semplicemente di due pesi e di misure. La questione è semplice e un reato o è grave sempre e per tutti o è materia di secondo piano sempre e comunque.
IL PROCESSO MEDIATICO. Si rischia un’equazione zoppa che stride e stona con i più elementari principi di deontologia e fa pensare a teorie andreottiane sul pensar bene o pensare male. La prudenza, insomma, appare d’obbligo in un contesto di informazione che troppo spesso si sbilancia un passo oltre il proprio ruolo e sembra fare due pesi e due misure, cogliendo l’occasione in alcuni casi per evidenziare la gravità (indubbia) di un fatto di cronaca elevandola alla gogna preventiva e per direttissima del marchio della vergogna mentre in altri circostanze identiche, simili o persino peggiori poi di indignazione se ne vede poca. Quelli che conoscono l’informazione vecchia maniera, che la fanno e la respirano ogni giorno nel rispetto dei principi cardine del mestiere, o che meglio ancora la masticano sin da quando l’era del web era ancora un libro dei sogni, sanno che molto spesso in Italia il garantismo dell’equilibrio lascia spazio alla tentazione di un giustizialismo a briglie sciolte. Chi fa informazione, se si attiene all’abc del mestiere, non può che porsi alla base di qualsiasi situazione del genere un ragionevole conflitto di coscienza tra il dovere ineludibile di fare informazione e il dovere parallelo dell’obiettività di non aggiungere al racconto della stessa il contorno personalistico di altre aggettivazioni tendenti a connotare il fatto oltre il binario di quanto accaduto. E allora meglio lasciare ad altri, a chi di dovere, e cioè alle aule di tribunale e non a quelle televisive, la valutazione finale se la verità del caso De Luca stia nella cruda espressione della “spiccata personalità criminale” di cui scrive il Gip riguardo l’accusato o se invece abbia ragione l’accusato stesso nel ritenersi vittima di “un’ingiustizia”. Altrimenti si corre il rischio di rinverdire storie come quella di Clemente Mastella, ministro dimissionario del Governo Prodi nel 2008 e poi assolto nove anni dopo, “mostro politico” da prima pagina a suo tempo e poi assolto nel settembre 2017 nel silenzio di invisibili trafiletti da ultime pagine. Per le sentenze c’è tempo e c’è chi è preposto a scriverle. Il garantismo invece è un diritto costituzionale, non un optional. Dire o fare il contrario è come vantare di aver preso laurea all’Università del moralismo, ateneo supremo al momento non concesso ai comuni mortali.