Un popolo affamato che si mette in fuga. I nordcoreani cercano sempre più negli ultimi tempi di sfuggire alla dittatura autoritaria instaurata da Kim Il Sung nel 1948 e portata oggi avanti da suo nipote Kim Jong-un, in maniera sempre più scriteriata e sanguinaria. In Corea del Nord, tra annunci di lanci missilistici e investimenti continui nel nucleare, la fame è il peggior nemico dei cittadini, che vivono in condizioni disagiate ogni giorno, mentre a palazzo Kim e la sua corte giocano a Risiko sfidando i potenti del mondo.
IN FUGA DALL’INFERNO. Già qualche giorno fa aveva destato scalpore la diserzione di un soldato di Pyongyang, immortalato in un video nel quale si poteva vedere la sua folle corsa verso il confine sudcoreano a bordo di un fuoristrada poi raggiunto da una squadra di militari che aveva cercato di braccarlo e arrestarlo, senza successo. Il disertore era poi stato messo in salvo dalle forze del governo della Corea del Sud di stanza nella zona demilitarizzata che separa due popoli fratelli, a cavallo del quarantottesimo parallelo. Le sue condizioni di salute hanno impressionato i medici che lo hanno curato, ed è stato individuato ed estratto all’interno del suo intestino un verme parassitario della lunghezza di 28 centimetri. Un caso che, a detta degli stessi sanitari, era finora stato studiato solamente sui libri, e che fa capire le gravi condizioni di denutrizione e stenti che i cittadini nordcoreani sono costretti a subire.
SI SCAPPA VIA MARE. Ma mentre il fortunato soldato è riuscito a fuggire, seppur in maniera rocambolesca, via terra, per i cittadini comuni è impensabile tentare di superare la zona demilitarizzata e raggiungere la Corea del Sud. In questo modo si tenta la via del mare, con barche di legno che, molte volte, riescono a stento a stare a galla. Negli ultimi giorni, sempre in Giappone, sono state recuperate diverse imbarcazioni lignee recanti scritte in alfabeto hangul coreano, e il ritrovamento degli 8 scheletri, risalente a lunedì scorso, segue altri due episodi significativi: il ribaltamento di uno scafo con a bordo 10 uomini di nazionalità nordcoreana davanti alla penisola di Noto, e l’attracco di un peschereccio con a bordo 8 cittadini nordcoreani, che dopo aver segnalato un’avaria dei motori, sono spariti nel nulla, e probabilmente si trovano adesso in clandestinità nel Paese del Sol Levante.
LE CAUSE DEL DISASTRO. Il popolo nordcoreano muore letteralmente di fame. Mancano i beni di prima necessità, innanzitutto a causa della gestione sciagurata delle risorse del Paese, destinate unilateralmente a uno sforzo bellico perenne che ha causato, nel corso degli anni, carestie e gravi mancanze di servizi, come quello sanitario. In Corea del Nord, per fare un esempio lampante, la cataratta, che per noi occidentali è oggigiorno catalogabile a semplice seccatura risolvibile grazie a interventi sempre meno esosi e invasivi, è altamente invalidante e causa cecità nella maggior parte dei casi. Inoltre, le giovani generazioni nordcoreane, sono tra le più deboli e gracili fisicamente del mondo, a causa della grave denutrizione che i bambini in tenera età sono costretti ad affrontare. Come non parlare poi della carenza di energia elettrica del paese, che si presenta dal satellite, di notte, come un buco nero che intramezza la Cina e la Corea del Sud. Tutte queste problematiche economiche e di gestione, accentuate dalle sanzioni internazionali comminate dalle Nazioni Unite alla dittatura dei Kim, stanno facendo sprofondare sempre di più nel baratro uno stato fermo ideologicamente a 70 anni fa.
FERMI NELLA STORIA. La storia della dittatura di Kim Jong-un sembra paragonabile a quella di Don Chisciotte: una lotta continua contro i mulini a vento, senza fine e senza possibilità di vittoria. La maniera in cui l’annunciatrice di regime festeggia ogni volta la riuscita di un test missilistico o le scene di panico e isteria collettiva che hanno caratterizzato i giorni del funerale del predecessore di Kim Jong-un, suo padre Kim Jong-il, ci catapultano indietro di decenni. Sembra di rivedere la folla riunita in lacrime dopo la morte di Stalin a Mosca come a Kiev o gli annunci trionfalistici dei lanci in orbita durante la corsa allo spazio. Il regime nordcoreano condivide con quello sovietico l’ideologia, non ancora la fine. Le piccole dimensioni della Corea del Nord la fanno impallidire di fronte alla vastità dell’ex Unione Sovietica, ma le analogie sono molte: ad esempio, le culture differenti da quelle accettate dal partito non hanno modo di contagiare la popolazione locale e le innovazioni straniere non sono degne di migliorare le vite dei cittadini. Si va avanti in una corsa agli armamenti continua, contro nemici che ultimamente sembrano cedere alle minacce del despota Kim, pericolose apparentemente più a parole che coi fatti, ma sicuramente da non sottovalutare. Come al solito sono i civili a scontare le manie di grandezza dei potenti che li dominano, senza possibilità di salvezza se non la fuga. In una situazione che ricorda molto quella esistente a Berlino fino al 1989, c’è da auspicare che un altro muro possa crollare, lasciando spazio a un ponte che riunisca dei popoli fratelli, che si spera possano essere uniti dalla prosperità e dal progresso.