Nulla di fatto. La norma che avrebbe portato al taglio dei vitalizi dei politici che si trovano in pensione non verrà approvata almeno per questa legislatura. La proposta inserita nella manovra finanziaria non ha superato il vaglio dell’ammissibilità della Commissione insieme ad altri duemila emendamenti. Il ddl che porta la firma del renziano Matteo Richetti e che prevede il ricalcolo degli assegni pensionistici degli ex parlamentari secondo il metodo contributivo era stato approvato alla Camera lo scorso 26 luglio e da allora è fermo al Senato.
ALTRO RINVIO. E adesso sembra essere tramontato anche l’ultimo tentativo, quello di far approvare la norma nella manovra economica. Ufficialmente la motivazione che ha portato a ritirare il provvedimento è stata la previsione dell’incostituzionalità del testo. Dal canto suo il Pd prova a scaricare la responsabilità e invita il presidente del Senato Grasso ad approvare una modifica al regolamento che prescriva proprio la riduzione dei vitalizi. A questo punto è lecito chiedersi perché il testo non sia stato rivisto o perché il regolamento non sia stato cambiato prima? Il sospetto è che nell’interminabile gioco dello scarica barile alla fine gli assegni pensionistici degli ex parlamentari non verranno intaccati. Adesso l’unico modo di far passare il ddl Richetti è che venga messo ai voti e approvato regolarmente. Ma al momento della proposta non c’è traccia nel calendario dei lavori del Senato che arriva fino al termine dell’attuale legislatura.
I VITALIZI NON SI TOCCANO. Sono diverse le ragioni per cui la proposta sul ricalcolo delle pensioni ha incontrato difficoltà proprio al Senato. La prima è che questa è la camera dove il Pd ha la maggioranza più risicata e spesso non è riuscito a far passare provvedimenti di vario genere. Ma il Senato è anche la camera i cui componenti, in maggioranza più anziani, sono più inclini a difendere lo status e i privilegi dei parlamentari. E poi c’è chi sostiene per difendere i propri emolumenti che la legge non riuscirebbe a passare l’esame della Corte Costituzionale. La Corte potrebbe decidere di bocciarla perché retroattiva, cioè perché va a toccare i cosiddetti “diritti acquisiti”, oppure perché non equa in quanto destinata solo ai parlamentari, visto che milioni di italiani percepiscono oggi assegni calcolati con metodo retributivo, e questo potrebbe sfociare in un ricalcolo generale delle pensioni degli italiani.
COSA POTREBBE CAMBIARE. Lo Stato sarebbe riuscito a circa 70 milioni di euro l’anno grazie a questa operazione. La proposta Richetti avrebbe riguardato circa 2.600 ex parlamentari che ricevono in tutto 193 milioni di euro netti di vitalizio ogni anno. Il ddl già passato alla Camera prevedeva di ricalcolare con il metodo contributivo l’importo degli assegni pensionistici. Significa che gli ex parlamentari riceverebbero un assegno proporzionato ai contributi che hanno versato e non calcolato sulla percentuale dei loro ultimi stipendi. Si passerebbe dal cosiddetto metodo retributivo al metodo contributivo già previsto per i parlamentari attualmente in carica. Secondo i calcoli dell’INPS, questo avrebbe portato a una riduzione media del 40 per cento degli assegni pensionistici. Annualmente gli ex parlamentari sarebbero passati dal ricevere una media di 56.830 euro a una media di 33.568 euro. Agli ex parlamentari a cui andrebbe intaccato l’assegno pensionistico vanno aggiunti anche 3.500 ex consiglieri regionali. Peraltro, visto che la legge consente pure di cumularli, ci sono politici che ne percepiscono due o, addirittura, tre. E lo continueranno a fare se non passa la legge. Tanto se bisogna risparmiare verrà innalzata ulteriormente l’età della pensione per tutti gli altri italiani.