L’episodio biblico racconta che Davide, il debole, riuscì a sconfiggere Golia, il forte. Per tutelarsi i più deboli, però, hanno bisogno di qualcosa in più della violenza: ecco che entrano in gioco le regole. Nel caso specifico, queste regolano (o meglio, regolavano) la neutralità di quel microcosmo complesso che è internet. Negli Stati Uniti però, il politico più Golia degli ultimi anni ha dato uno schiaffo al mondo del web e alla sua possibilità di garantire servizi gratuiti per gli utenti. A beneficiare di ciò, le grandi compagnie di telecomunicazione come Verizon, At&t e Comcast.
COS’È LA NET NEUTRALITY? Il concetto di Net Neutrality non è proprio solamente del mondo statunitense. Visto il modo in cui internet ha permeato le nostre società, una legge in proposito esiste ormai in gran parte dei paesi del mondo, e nel nostro paese questa è garantita dalla Dichiarazione dei Diritti di Internet. Ma in concreto, cos’è la Net Neutrality? Il concetto viene introdotto nel 2002 e, senza perderci in tecnicismi poco comprensibili, stabilisce che un ISP, un internet service provider (ovvero le compagnie di telecomunicazione che collega i nostri PC alla rete), debba garantire la massima neutralità nella trasmissione dei dati e dei file di tutti i soggetti presenti su internet, senza favorirne alcuni rispetto ad altri. In questo modo, per capirci, l’ISP sarà tenuto a trasmettere i dati del sito sul quale noi scriviamo nello stesso modo in cui trasmette quelli di un giornale nazionale.
COSA CAMBIA SENZA? Venendo a mancare una normativa che regoli la neutralità di internet, gli ISP potranno adesso, negli USA ma con ripercussioni su scala mondiale, favorire un soggetto rispetto a un altro, costringendo magari un produttore di contenuti online a pagare una somma per diffondere la sua offerta, con la risultante che il produttore stesso sarà quasi certamente obbligato, per non andare in perdita, a stabilire un canone per la fruizione dei suoi servizi, sempre che non rinunci prima per mancanza di fondi iniziali. Per comprenderci, qualora l’ISP che veicola i servizi offerti da YouTube decidesse di far pagare un canone all’azienda, la stessa, per non andare in perdita, sarebbe costretta a inserire un abbonamento che noi utenti dovremmo pagare per fruire dei suoi servizi, cosicché per guardare un video sul Tubo più famoso del mondo, ad esempio, dovremmo sborsare denaro. Impensabile (fino a poco tempo fa). Lo stesso accadrebbe, o potrebbe accadere, per altri famosi network mondiali, come i social Facebook, Instagram e Twitter, o per i servizi di messaggistica istantanea che hanno rivoluzionato il nostro modo di comunicare, come Telegram e WhatsApp, per non parlare dei motori di ricerca, come Google.
LE PARTI LESE. Ad onor del vero, colossi come Google (proprietaria di YouTube) non avrebbero particolari problemi a diffondere i propri contenuti. Del resto, già quando vigeva la Net Neutrality, le più grosse società della Silicon Valley pagavano un compenso agli ISP per garantirsi un migliore traffico dati. È il caso ad esempio di Netflix, che per garantire ai propri clienti una visione ottimale ha pagato, negli anni, una cifra mai precisata ai provider. Tuttavia la stessa Netflix si è detta delusa da questa decisione, e questo perché i colossi di internet sono diventati tali solo grazie alla neutralità della rete, che hanno permesso loro di partire da zero fino ad arrivare a costruire veri e propri imperi. Il mondo del web è quello che negli ultimi decenni ha avuto una crescita continua, in barba anche alla crisi, e tutto ciò è potuto accadere perché tutti quanti i soggetti hanno avuto a loro disposizione regole uguali. Senza la Net Neutrality, adesso, chi è già ricco rimarrà tale, o anzi, diventerà ancora più ricco, con la risultante che sarà sempre più complesso avviare start-up che riscuotano il successo che hanno avuto i vari Amazon, YouTube, Google o Facebook. Fino a questo momento il mondo di internet era stato forse il più democratico che sia mai esistito. Adesso non più.
LA FINE DI UN’EPOCA. Twitter ha dichiarato che continuerà a battersi per un internet democratico e aperto, e anche altri giganti del settore, come Facebook , hanno garantito che si spenderanno per fare in modo che si ritorni al regime precedente. Un regime che ha permesso rivoluzioni eclatanti, come quella dei social network o quella rappresentata da servizi come Spotify e WhatsApp. Oggi nessun Davide potrà uscire dalla sua cameretta con idee innovative e conquistare il mercato come aveva fatto Zuckerberg. Oggi solamente Golia avrà a disposizione il mercato, e lo modificherà a suo piacimento. La scelta di Trump è incredibilmente conservatrice, molto più di altre sue discutibili prese di posizione, e si inserisce in un disegno politico che sta portando l’America e il mondo a regredire piuttosto che a progredire, favorendo gli interessi di poche ma influenti aziende a scapito del mondo intero, che con scelte come questa diventa sempre meno democratico e aperto. Si dimentica Mr. Trump che anche chi gli ha spianato la strada, ovvero suo nonno, è partito dal nulla per poi permettere a lui, e a suo padre, di diventare un gigante. Un gigante che però sembra sempre più cattivo. Un gigante che sta distruggendo il sogno americano.