Seleziona l’auto, richiedi la corsa e via. Il servizio di intermediazione offerto da Uber, che collega autisti non professionisti ed utenti tramite un’app, rientra da oggi nell’ambito dei servizi del settore trasporti. Lo ha deciso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea: Uber va considerato come un servizio taxi e non come una piattaforma digitale. La sentenza attesa da molti, non solo in Spagna dove il sindacato di tassisti di Barcellona nel 2014 aveva sollevato la questione chiedendo al tribunale di sospendere il servizio, va in soccorso degli Stati membri che possono di conseguenza regolamentare il settore.
LA SENTENZA. Al centro della causa c’è UberPop, i cui autisti non hanno una licenza professionale ma sono semplici automobilisti che vogliono guadagnare offrendo passaggi in giro per la propria città. Il servizio è presente senza limiti in Romania, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia mentre in Italia funzionava a Roma e Milano fin quando una decisione del tribunale di Milano ne aveva bloccato l’utilizzo nel luglio del 2015. UberPop aveva attirato su di sé le ire dei tassisti italiani, così come è successo e continua a succedere in diversi paesi europei. Ma adesso interviene la sentenza della Corte di Giustizia Ue a risolvere l’annosa disputa: «Un servizio d’intermediazione, come quello di cui al procedimento principale, avente ad oggetto la messa in contatto, mediante un’applicazione per smartphone e dietro retribuzione, di conducenti non professionisti utilizzatori del proprio veicolo con persone che desiderano effettuare uno spostamento nell’area urbana, deve essere considerato indissolubilmente legato a un servizio di trasporto e rientrante, pertanto, nella qualificazione di servizio nel settore dei trasporti, ai sensi del diritto dell’unione».
I VINCITORI. Ad una prima lettura della sentenza della Corte di Giustizia europea sembrerebbero beneficiarne le associazioni di tassisti da sempre ferocemente critici al servizio offerto da Uber perché portatore di una concorrenza “sleale”, dato che aggira sostanzialmente la normativa fiscale e non prevede la necessità per i driver di acquistare una licenza. Ma ad una attenta interpretazione della decisione di Lussemburgo adesso Uber potrà operare tranquillamente adeguandosi alle varie normative sindacali previste per i tassisti in tutti i paesi dell’Unione europea in cui opera. Dunque, la grande “U” sarà soltanto un altro nome nel vasto panorama dei servizi di trasporto. Se la normativa italiana saprà recepire gli elementi innovativi portati da Uber, aprendo il settore ad una maggiore concorrenza, per gli utenti si prospettano servizi più economici e trasparenti. Con una probabile ripercussione positiva anche per il settore dei trasporti pubblici che dovrà mantenere il passo di quello privato. Ma paradossalmente la sentenza potrebbe avere anche dei risvolti positivi anche per la società con sede San Francisco, che ha visto bandito in Italia, così come in altri Paesi, il proprio servizio UberPop. Con la decisione dell’Ue Uber potrebbe rientrare dalla porta nei Paesi da cui era stato cacciato.