La crisi economica, la scarsa stabilità lavorativa e l’incertezza del futuro pesano sulle famiglie italiane. E anche su chi famiglia vorrebbe diventare adottando un bambino. Ma ad ostacolare questo desiderio di genitorialità interviene anche la burocrazia. Lunghe liste d’attesa stroncano una media di 500 pratiche di adozione ogni anno. Troppo difficile diventare genitori oggi, oltre alle difficoltà biologiche, bisogna fare i conti con costi folli, tempi infiniti, istituzioni lente e lontane. Il risultato è la cronaca di un fallimento: le coppie italiane non vogliono più adottare. Tra il 2001 e il 2016 si sono perse nel nulla 2.335 procedure internazionali, il 60% in meno. Quelle nazionali sono scese di 391 all’anno (da 1.290 a 899) con un calo del 31%.
UN PO’ DI DATI. E così nell’ultimo anno abbiamo assistito ad una discesa vertiginosa delle adozioni con meno di 1.200 bambini giunti in Italia. AiBi, l’associazione amici dei bambini, uno dei maggiori enti di riferimento per chi ha il desiderio di prendere con se un bimbo in famiglia, denuncia un minimo storico rispetto all’ultimo biennio 2014-2016. Ma quello che preoccupa ancora di più è il crollo delle domande di disponibilità e idoneità: meno 60% fra le internazionali, meno 36% le nazionali. Le motivazioni di questa sfiducia sono sicuramente diverse se si parla di pratiche nazionali o internazionali. Ma di certo i denominatori comuni sono due: gli anni dell’attesa e l’incertezza di arrivare a destinazione. Tanto che oggi sembra assai più semplice, economico e, perfino, sicuro avere un figlio con la fecondazione eterologa, piuttosto che districarsi tra le infinite difficoltà dell’adozione. Secondo un’indagine dell’istituto Iké la maggioranza degli italiani, 3 su 5, sono favorevoli all’adozione nazionale o internazionale in caso di difficoltà ad avere figli per via naturale, ma il 24% ricorrerebbe alla procreazione medicalmente assistita, il 19% rinuncerebbe e il 6% prenderebbe in considerazione la pratica dell’utero in affitto.
ADOZIONI INTERNAZIONALI. Ma se sono in calo le adozioni, di certo i bambini in attesa di essere accolti non diminuiscono: circa 8 milioni quelli adottabili nella Repubblica Democratica del Congo, 2 milioni e mezzo in Kenya e in 12 mila in Cambogia. Mentre si assiste dal 2015 ad un rallentamento di arrivi di minori dall’Etiopia e ad uno stop dal Guatemala, Costa d’Avorio e Benin. Il calo delle adozioni è, quindi, imputabile anche ai cambiamenti legislativi e procedurali in materia di adozioni che si sono verificati nei paesi stranieri. Ma anche a un maggior utilizzo degli strumenti dell’affido e dell’adozione nazionale che sono stati implementati attraverso migliori politiche di welfare locali. Un rigurgito di orgoglio nazionale che ha portato, per esempio, l’India a destinare all’adozione internazionale solo il 20% dei minori dichiarati in stato di abbandono o di semi-abbandono e a tenere entro in confini del suo territorio la cura del restante 80%. Tutto questo ha finito per frenare l’ondata di adozioni in tutto il mondo, proprio perché meno bambini hanno avuto bisogno di uscire dai loro paesi. Del resto, questo dovrebbe essere il fine ultimo dell’istituto dell’adozione internazionale come contemplato dalla Convenzione dell’Aja e che a sua volta si riferisce all’articolo 21 della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia: «L’adozione in un altro paese può essere considerata un mezzo alternativo di assistenza al fanciullo, qualora questi non possa trovare accoglienza in una famiglia affidataria o adottiva nel proprio paese d’origine o non possa trovare nel suddetto paese un’altra soddisfacente sistemazione». L’adozione all’estero, insomma, è una possibilità, ma deve essere la più remota tra le possibilità.
ADOZIONI NAZIONALI. Adozione difficile anche in Italia. Oggi negli orfanotrofi ci sono ancora 35 mila bambini. Li chiamano «minori fuori famiglia». A questi si aggiungono i 400 neonati abbandonati ogni anno alla nascita. Le adozioni nazionali, inoltre, sono pochissime: in un anno si aggirano tra le 1.000 e le 1.300. La legge che regola le adozioni in Italia è la 184 del 1983 (modificata dalla legge 149/2001) e stabilisce che possono adottare un minore solo coppie eterosessuali che hanno contratto il matrimonio da almeno tre anni. La differenza di età tra genitori adottivi e figli adottati non deve essere inferiore a 18 anni e superiore a 45 anni per un genitore e 55 per l’altro. Inoltre, non possono adottare un figlio le coppie di fatto, le coppie omosessuali e le persone single. Ma la giurisprudenza sta aprendo alcuni varchi in materia anche se l’iter risulta ancora lungo e complesso e così quel desiderio di genitorialità si allontana sempre di più, e a volte per sempre.