«Fatta la legge, trovato l’inganno», scrive una consumatrice su Facebook postando una foto che ritrae delle arance pesate ed etichettate una ad una per evitare di usare il sacchetto. La nuova legge che prevede il pagamento dei sacchetti biodegradabili per frutta, verdura, carne e pesce è entrata in vigore il primo gennaio ed è subito rivolta social. L’hashtag #sacchettibiodegradabili è diventato in poche ore trending topic. Ed è una carrellata di scontrini, verdure etichettate singolarmente ed altri trucchetti per risparmiare i 2 centesimi del sacchetto. Ma questi metodi funzioneranno? Non sempre, perché i supermercati usano diversi metodi per addebitare il costo del contenitore compostabile. In alcuni punti vendita il sacchetto si paga a parte, alla cassa, in altri viene addebitato direttamente in etichetta, quindi, anche se non si prende il sacchetto lo si paga lo stesso.
MA QUANTO CI COSTA. Oscillerà fra 4,17 e 12,51 euro il prezzo che ogni famiglia dovrà aggiungere quest’anno alla spesa alimentare fatta in supermercati e ipermercati. Secondo l’Osservatorio di Assiobioplastiche il consumo di sacchi per ortofrutta e per il cosiddetto secondo imballo si aggira complessivamente tra i 9 e i 10 miliardi di unità, per un consumo medio di ogni cittadino di 150 sacchi all’anno. Secondo i dati dell’analisi Gfk-Eurisko presentati nel 2017 le famiglie italiane effettuano in media 139 spese all’anno nella Grande distribuzione. Ipotizzando che ogni spesa comporti l’utilizzo di tre sacchetti per frutta/verdura, il consumo annuo per famiglia dovrebbe attestarsi a 417 sacchetti, per un costo compreso tra 4,17 e 12,51 euro considerando che il costo di ogni singolo sacchetto è risultato compreso fra 1 e 3 centesimi.
LA LEGGE. La legge entrata in vigore il primo gennaio del 2018 è l’articolo 9-bis del Decreto Legge Mezzogiorno che stabilisce che «le borse di plastica non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti trasportati per il loro tramite». Per gli esercizi commerciali che non applicheranno la nuova norma sono previste multe che vanno da 2.500 a 25.000 euro. Ma le sanzioni possono arrivare anche fino a 100.000 euro in caso di «ingenti quantitativi» di buste fuorilegge. E per i consumatori non c’è nessuna via facilitata, come il fai da te: il ministero dell’Ambiente ha già fatto sapere che, per motivi igienici, i sacchetti non potranno essere portati da casa o riutilizzati.
LE POLEMICHE. Per il Codacons è «un nuovo balzello che si abbatterà sulle famiglie italiane, una nuova tassa occulta a carico dei consumatori». Per Legambiente, invece, «non è corretto parlare di caro-spesa. L’innovazione ha un prezzo, ed è giusto che i bioshopper siano a pagamento, purché sia garantito un costo equo, che si dovrebbe aggirare intorno ai 2-3 centesimi a busta. Così come è giusto prevedere multe salate per i commercianti che non rispettano la vigente normativa». E poi c’è chi parla di un regalo fatto da Renzi fatto ad “un’amica” produttrice di questo tipo di sacchetti biodegradabili. L’amica in questione sarebbe Catia Bastioli, ad della Novamont, che sei anni fa partecipò come oratrice alla seconda edizione della Leopolda. Sicuramente la norma aumenterà il fatturato delle aziende che producono bioplastiche e la Novamont è leader italiano nel settore ma ci sono anche altre aziende a produrre sacchetti biodegradabili. Ma soprattutto all’estero le bioplastiche sono prodotte anche da colossi come Basf.
IL DIKTAT ARRIVA DALL’EUROPA? La legge recepisce la direttiva europea 2015/720/UE che ha come obiettivo ridurre l’utilizzo di plastiche dannose per l’ambiente e completa il bando delle buste per la spesa del 2011, che ha riabituato molti ad utilizzare la vecchia e cara sportina per non vedere sullo scontrino i 10 centesimi in più per la busta biodegradabile. Ma l’obbligo delle buste ultraleggere per scegliere, pesare e trasportare frutta e verdura non è espressamente contenuto nella direttiva europea. Tanto che solo la Francia ha imboccato la stessa strada dell’Italia, mentre la maggior parte degli stati membri si è limitato alle buste per la spesa in plastica tradizionale, mettendole a pagamento. Risultato: mentre i benefici ambientali del provvedimento italiano rimangono da verificare, gli italiani sono alla ricerca dei più svariati stratagemmi per evitare di dover pagare il già odiato balzello.