Diciamoci la verità, chi non ha pensato anche solo per un istante, ascoltando la polemica a distanza tra Berlusconi e Prodi sull’introduzione dell’Euro in Italia, di essere stato catapultato indietro di 12 anni alla campagna elettorale del 2006. In quell’occasione tra accuse di ubriachezza e di utile idiozia, Berlusconi, l’immortale sarebbe più giusto definirlo contando le innumerevoli resurrezioni politiche di cui si è reso protagonista, sfiorò la clamorosa rimonta ai danni della coalizione di centro-sinistra guidata da Romano Prodi poi naufragata quasi due anni dopo sotto i colpi dei voltagabbana di turno. Oggi Berlusconi sembra essere tornato sulla cresta dell’onda, incensato in parte dalle dichiarazioni di chi non ti aspetti, quel Bill Emmott che aveva aspramente criticato il suo modo di governare e ironizzato sulle risultanze delle indagini sul cosiddetto “Bunga Bunga”. Può davvero rappresentare l’ultraottantenne Cav. quella scintilla che appiccherà il fuoco della speranza in un paese depresso e profondamente ineguale nonostante i timidi miglioramenti degli indicatori economici?
L’ARGINE AI POPULISMI. Uno degli argomenti principali di Emmott si focalizza sul rischio che il prossimo governo italiano possa rallentare il processo di integrazione europea ponendosi in una posizione di antagonismo rispetto a Bruxelles. Non a caso l’ex direttore dell’Economist auspica che nel braccio di ferro interno Forza Italia possa arrivare davanti al movimento di Salvini scongiurando l’ipotesi di premierato per quest’ultimo. Emmott getta nel calderone del populismo anche il Movimento 5 Stelle di Di Maio. In realtà, se si analizzano le posizioni espresse nel corso degli ultimi mesi su tematiche di rilevanza europea, la posizione dei grillini si è notevolmente ammorbidita rispetto alle origini. Il referendum sull’uscita dall’euro è diventato un “extrema ratio”, come l’ha definita Di Maio, ed il nuovo capo politico dei pentastellati ha più volte ribadito di credere nel progetto d’integrazione europea nonostante voglia cambiarne radicalmente i meccanismi puntando su meno austerità e maggiore crescita. A proposito dei pentastellati, Emmott punta il dito anche nei confronti della presunta inesperienza dei candidati e dei parlamentari grillini paragonando un eventuale governo a 5 stelle al primo anno di amministrazione Trump, «sarebbe caotico e sperimentale». Per Emmott l’incandidabilità di Berlusconi sarebbe paradossalmente un valore aggiunto. Le attuali circostanze costringerebbero infatti il Cav. ad agire dietro le quinte, come un’eminenza grigia, un novello Richelieu e le sue posizioni più moderate sarebbero garanzia di maggiore stabilità.
LO SCENARIO A TRE MESI DAL VOTO. Quale futuro ci toccherà vivere dunque tra poco più di tre mesi, a urne chiuse? La possibilità che Berlusconi diventi, seppur dietro le quinte, nuovamente il numero uno della politica italiana sono davvero concrete. A ottantadue anni, il vero rottamatore si è dimostrato proprio lui. È sopravvissuto ai vari Prodi, Bossi, Renzi, Fini, a differenza di tanti avversari è riuscito a non farsi inghiottire dal fiume prepotente della storia, è rimasto in piedi e gli ultimi sondaggi del 24 dicembre continuano a quotare il centro-destra unito al 35%. Con un’eventuale buona affermazione nei collegi esteri, la coalizione azzurra potrebbe addirittura ottenere la maggioranza assoluta senza bisogno di fare alleanze. Verrebbe tuttavia da chiedersi se e cosa abbia ancora da dare un ottantunenne che ha sostanzialmente fallito la grande rivoluzione liberale che aveva promesso nel 1994 al nostro paese dal punto di vista politico. Se Berlusconi non è riuscito a lasciare un segno profondo quando disponeva di numeri bulgari e praticamente nessun oppositore perché dovrebbe riuscirci ora che il suo partito vanta meno della metà dei consensi di allora? Sarà che agli italiani piace eccome la minestra riscaldata, sarà che Renzi nella sua arrogante e dissennata opera di rottamazione politica ha finito col rottamare se stesso resuscitando i decani della politica italiana, sarà quel che volete, a me sembra che il nostro paese rimanderà per almeno un’altra legislatura l’appuntamento col futuro, un futuro che in altri paesi, come in Francia, si presenta con la freschezza di un quarantenne ben educato, competente e con grandi doti di leadership personale.