L’anno nuovo porta con sé tutta una serie di speranze volte alla risoluzione di vecchie e nuove problematiche. Alcune di esse ancestrali. La nuova giunta regionale siciliana, capeggiata da Nello Musumeci, ha dovuto immediatamente fare i conti con varie scottanti problematiche tra le quali la irrisolta questione della gestione dei rifiuti in Sicilia con discariche e siti di stoccaggio che risultano essere colmi all’inverosimile. La situazione è aggravata dal fatto che l’assessore regionale al ramo, Vincenzo Figuccia, si è da poco dimesso lasciando il delicato settore senza una guida politica. La motivazione di questa scelta è legata ai contrasti con il Presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, per la nota polemica sugli stipendi d’oro a politici e dipendenti regionali. Ma c’è dell’altro? Possiamo dire di sì. Senza dubbio uno dei maggiori freni allo sviluppo della Sicilia rimane il nodo infrastrutturale.
PERCHÉ IL TURISMO NON DECOLLA. Il neo assessore regionale alle opere pubbliche e alle infrastrutture, Marco Falcone, dovrà sudare le famose “sette camicie” per portare a casa un risultato degno di nota. Ma d’altro canto qualunque tipo di miglioramento in termini di potenziamento e velocizzazione di servizi per beni e persone richiede vie di collegamento terrestri e marittime capaci di garantire collegamenti certi, rapidi e sicuri con qualsiasi tipo di condizione ambientale. Solo così si può pensare davvero di rendere l’isola più appetibile ai viaggiatori e ai grandi tour operator e di poter realizzare quel “sogno-chimera” chiamato “destagionalizzazione”. Gli aeroporti siciliani sono al collasso per via dei numeri insostenibili di passeggeri trasportati. Basti pensare che quello catanese di Fontanarossa sfiora i 9 milioni e con una sola pista e davvero impossibile “fare di più”. Solo una adeguata fruizione dei beni culturali può garantire lo sviluppo del territorio: ma come si può pensare di “fare turismo” quando le autostrade a pagamento assomigliano a un “formaggio svizzero” e gli altri tipi di strada a delle mulattiere?
CRISTO SI È FERMATO A MORGANTINA. È di qualche giorno addietro la polemica tra, Enzo Lacchiana, sindaco di Aidone, cittadina dell’ennese nota per ospitare la statua della Dea di Morgantina (meglio nota come Venere di Morgantina) proveniente dal Paul Getty Museum di Malibù, e Vittorio Sgarbi, neoassessore regionale ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana. Il critico d’arte proponeva in prima battuta che la statua venisse esposta a Roma o a Palermo, capitale della Cultura nel 2018, per darle maggior visibilità, poiché sono davvero pochi i visitatori del circuito culturale del Museo di Aidone e della zona archeologica di Morgantina proprio a causa della difficoltà a raggiungere questi bellissimi luoghi o in alternativa di esporre una copia che contribuisca a invogliare i visitatori a «vedere l’originale». Nel 2017 i visitatori al Museo archeologico di Aidone sono stati circa ventisei mila, scrive La Sicilia, cifre molto lontane da quelle del 2011 quando i visitatori in occasione del rientro delle Dea a Morgantina sono stati oltre 48mila, tra paganti e non, con un incasso di circa 115 mila euro.
LA SFIDA DI FALCONE. Lo stesso vale per lo sviluppo industriale e commerciale: l’accorpamento, effettuato dal Ministero e contro cui sta combattendo la Regione Sicilia, del porto di Messina a quello calabrese di Gioia Tauro la dice lunga sul modello di sviluppo interportuale che è stato riservato alla Trinacria. Si può essere favorevoli o contrari alla realizzazione di un collegamento stabile fra le due sponde dello Stretto di Messina ma è innegabile che ciò sino ad oggi ha condizionato in modo esponenzialmente negativo il libero scambio di merci e persone da e verso Sicilia, consentendo l’arricchimento di pochi a scapito delle migliaia di persone che ogni giorno sono costretti ad essere vessati con delle tariffe che definire esose sembra certamente eufemistico. Ma pensate davvero che nel terzo millennio ove si cerca di realizzare treni sempre più veloci e sicuri si possa chiedere a un turista di scendere e “traghettare a piedi”? Rischiamo davvero di cadere nel ridicolo. Vogliamo poi parlare delle isole minori della Sicilia, come le Eolie, ove la realizzazione di scali portuali sicuri non ha solo finalità turistiche ma può fare la differenza fra la vita e la morte. Già perché anche un efficiente sistema di urgenza-emergenza sanitaria deve fare i conti con la carenza cronica di infrastrutture in Sicilia. Ecco la sfida che l’assessore dovrà affrontare se non vogliamo continuare a far emigrare i nostri ragazzi e far morire i nostri pazienti.