Se avete più di vent’anni e vi sentite ancora adolescenti, nessun problema. Uno studio pubblicato su Lancet Child & Adolescent Health ci rassicura sul fatto che l’adolescenza copre un periodo sempre più lungo dell’esistenza umana che va dai dieci ai ventiquattro anni. Pare dipenda da alimentazione e stili di vita stando alle ricerche di Susan Sawyer, direttrice del centro per la salute degli adolescenti al Royal Children’s Hospital di Melbourne. E così la parentesi tra l’infanzia e l’età adulta si dilata sempre di più. E di conseguenza si restringe la voglia di diventare “grandi” e assumersi delle responsabilità. Pare che il nostro corpo si assopisca nella speranza che quel periodo periodo duri il più a lungo possibile, magari per sempre.
BAMBINI PRECOCI E ADULTI TARDIVI. Ci nutriamo meglio e ci curiamo di più così l’età puberale si raggiunge, almeno nei Paesi più ricchi, già alle elementari. E, dall’altra parte, si continua a crescere ben oltre i canonici diciotto anni: la ricerca rileva che il cervello, per esempio, continua il processo di maturazione, funzionando sempre più velocemente e in maniera più efficiente. E i denti del giudizio spuntano molto dopo, intorno ai 25 anni. Ma soprattutto grossi stravolgimenti sociali lasciano propendere per un’estensione del periodo adolescenziale: si impiega più tempo a completare il ciclo di studi, si esce di casa più tardi, mentre si sogna indipendenza economica. Lo studio vela di serietà scientifica quello che in realtà vediamo tutti i giorni: bambini sempre più precoci e adulti sempre più tardivi.
L’ITALIA DEI BAMBOCCIONI. E alla luce del recente studio pubblicato su Lancet Child & Adolescent Health le definizioni date finora ai ragazzi italiani assumono tutto un altro significato. In principio fu Tommaso Padoa Schioppa ad etichettarli come bamboccioni. Nel 2007 l’allora ministro dell’Economia esortava i genitori a «Mandarli fuori di casa». Elsa Fornero, ex ministro del Lavoro, li definì “choosy” ovvero schizzinosi. Giuliano Poletti, qualche anno dopo, gli dà dei “pistola”, termine che nel dialetto lombardo è utilizzato anche come insulto, con la connotazione di “stupido”. Ma quei ragazzi che non volevano lasciare casa o che non si rimboccavano le maniche pesando sulle famiglie erano ancora semplicemente degli adolescenti. Una condizione che come conferma lo studio diventa sempre più difficile da abbandonare. Le università sono sempre più ridotte a parcheggi senza uscita. Quando se ne viene fuori magari verso i 25 anni, se tutto va bene, si entra in un mondo del lavoro precario e sottopagato che, rende impossibile l’indipendenza economica e quindi rende vano il desiderio di mettere su casa o di formare una famiglia. Ma se finora pensavamo di essere in ritardo rispetto al resto del mondo, non è così. L’Italia dei bamboccioni risulta essere avanti di almeno dieci anni.