Chissà cosa si prova quando ti viene regalato un paio di scarpe Gucci. Giannis in verità non ne è rimasto troppo impressionato: lui le Gucci le vendeva. Ah, dunque la storia di oggi riguarda il commesso di un negozio? Non esattamente. Giannis Antetokounmpo infatti faceva i suoi affari non in una boutique d’alta moda ma per le strade di Sepolia, periferia a nord di Atene teatro negli anni di episodi di violenza xenofoba, e le Gucci che commerciava non erano originali ma contraffatte. Si perché il nostro protagonista è un vucumprà figlio di clandestini nigeriani, Charles e Veronica Adetokunbo, fuggiti dal paese africano e stabilitisi in Grecia a partire dal ’92. Giannis è il terzo di cinque figli, è nato in territorio ellenico ma è apolide. La vita per lui e per i suoi fratelli non è facile: se papà e mamma non vendono nulla, la sera non si mangia. Così la sua carriera da venditore ambulante abusivo comincia molto presto perché, per portare qualcosa in tavola, c’è bisogno dell’aiuto di tutti. Ma la vita di Giannis e della sua famiglia, come se non bastasse la clandestinità e la precarietà del lavoro, è anche messa a dura prova dal più barbaro dei sentimenti, il razzismo. In un contesto del genere le possibilità di riscatto sono poche. Servirebbe un talento fuori dal comune per uscire da una situazione che di sbocchi ne ha pochi. E Giannis ce l’ha. Alto più di 2 metri, si dimostra un enfant prodige del basket e attira le attenzione di un club di serie A2 greca, il Filathlitikos. È la svolta.
700 POSTI. Il palazzetto dove il Filathlitikos disputa le sue gare interne, la Zografou Indoor Hall, è modesto: appena 700 posti. Del resto il club del sobborgo ateniese di Zografou, fondato nel 1986, non è certamente una società di vertice e non ha una grande storia. Nel 2012-2013 la squadra si ritrova a disputare per la prima volta il campionato di serie A2, massimo risultato raggiunto, e complice un budget che non permette spese folli, gli scout vanno alla ricerca di giovani promettenti e non molto costosi, con la prospettiva magari di rivenderli un giorno a cifre più alte. È così che Giannis e suo fratello maggiore, Thanasis, vengono notati. C’è un problema però: i fratelli Adetokunbo non possono essere tesserati perché sono apolidi. Non hanno documenti e non sono né nigeriani né greci, pur essendo nati ad Atene. Si cerca così un espediente per poter mettere sotto contratto i due, e alla fine riescono ad ottenere la cittadinanza greca per meriti sportivi. E che meriti. Il Filathlitikos, letteralmente trascinato dai fratelli Antetokounmpo (cognome mutato così da grecizzarlo), si piazza alla sua stagione d’esordio in A2 al terzo posto. Giannis e Thanasis fanno faville, e le tribune della Zografou Indoor Hall iniziano a ospitare per ogni partita più delle 700 persone che potrebbero entrare nella struttura. E, in mezzo ai semplici tifosi, si nascondono gli scout delle più importanti squadre europee e americane, consapevoli che i due venuti da Sepolia potrebbero rappresentare un gran bel colpo. E così, prima della fine della stagione, al compimento dei 18 anni, Giannis viene contattato dal Zaragoza, club della serie A spagnola, con cui firma un contratto quadriennale. Ma in Spagna non andrà mai. Lo aspettano oltreoceano, nella lega più famosa del mondo.
DA SEPOLIA ALL’NBA. Il 28 aprile del 2013, al termine della stagione che lo ha consacrato come talento assoluto del basket greco, Giannis si dichiara eleggibile per il Draft NBA, la cerimonia nella quale le franchigie della lega di basket più importante al mondo si spartiscono i giovani più forti d’America e del mondo. Viene scelto al numero 15 dai Milwaukee Bucks, che si accaparrano le prestazioni del greco per un anno con il contratto da rookie, matricola, che verrà però presto esteso. Talvolta per i cestisti europei il passaggio dal basket del Vecchio Continente a quello USA è problematico: in America si fa sostanzialmente un altro sport, i ritmi sono diversi e le fisicità dei giocatori sono impressionanti. Ma per Giannis l’impatto non è così complicato: nella sua stagione da rookie realizza una media di 6,8 punti per partita. Non male visto e considerato un minutaggio limitato. Le difficoltà maggiori le hanno i cronisti americani che, vista la complessità del suo cognome, lo ribattezzano “The Greek Freak”. Il meglio, però, deve ancora venire. Nella stagione 2014-2015 Antetokounmpo inizia a diventare qualcosa di più di un giovane talentuoso. Cresce il minutaggio e la media punti, 12,7 al termine della regular season e 11,5 ai playoff, che i Bucks salutano al primo turno. In mezzo, la soddisfazione di partecipare a un evento planetario come la gara delle schiacciate dell’All Star Game. Ha tutto Giannis: 211 cm per 101 kg, un’apertura alare di 221 cm e una larghezza della mano di 30 cm. Numeri sovrumani, come il suo talento. A dispetto di queste cifre che normalmente dipingerebbero uno spilungone scoordinato, “The Greek Freak” ha le movenze di un gatto e una tecnica eccezionale che gli permettono di essere un giocatore totale, capace di ricoprire più ruoli e tutti al meglio. Un vero e proprio fenomeno che, oggi, può essere definito a tutti gli effetti una superstar. Le sue statistiche continuano a crescere (nella stagione in corso siamo a 28,2 punti di media) come anche il suo fisico: quando si presentò al Draft era 8 centimetri più basso! E il futuro è sicuramente più roseo di quello che sarebbe stato a Sepolia …
LA FAMIGLIA SOPRATTUTTO. Giannis però non ha dimenticato le sue origini, e nonostante oggi percepisca uno stipendio di quasi 3 milioni di dollari annui, resta umile e parsimonioso. Troppo forte il ricordo dell’infanzia difficile ad Atene. Si racconta che una volta, giunto in un ristorante con suo fratello (che nel frattempo continua la sua carriera da professionista col Panathinaikos in Grecia), disse a Thanasis di ordinare tutto quello che desiderasse. I due, dopo diversi minuti passati a scrutare il menù, scelsero due insalate. Ancora, vi ricordate delle Gucci? Nel Natale del 2013 il compagno di squadra ai Bucks Larry Sanders, decise di regalare al giovane greco un paio di scarpe Gucci. Tuttavia Giannis, quasi arrabbiandosi, disse a Sanders che non doveva spendere tutti quei soldi per delle semplici calzature, e le mise da parte indossandole solo per le occasioni speciali. Un ragazzo che conosce bene il valore dei soldi: acquistata una Play Station 4 per allietare le serate di Milwaukee, che non è certo Los Angeles, la vendette poco dopo, pentitosi di aver speso così tanto per una PS4. I soldi Giannis li utilizza per la famiglia, come quando, riuscito finalmente a farla giungere in America, la fece accompagnare in città da una limousine! Ma l’episodio più bello è un altro: è un game-day per i Bucks e Giannis, nel tempo a disposizione prima dell’appuntamento al palazzetto, prende un taxi e si reca a una banca per inviare, come sempre, quanto più denaro possibile ai suoi cari in Grecia; terminata la transazione, però, “The Greek Freak” si rende conto di aver mandato tutti i soldi che aveva in quel momento alla famiglia e di non avere in tasca neanche un dollaro per pagarsi la corsa di ritorno. Poco male: giusto un po’ di riscaldamento, qualche movimento per allungare i muscoli e scongiurare un infortunio e via, di corsa, verso il Bradley Center di Miwaukee, dove compagni e coach lo aspettano. Un grande cuore quello di Antetokounmpo, talmente grande da passare sopra all’odio razziale che continua a circondarlo in Grecia. Il leader del movimento neonazista Alba Dorata arrivò a dichiarare: «Se dai una banana e una bandiera della Grecia a uno scimpanzé, quello non diventa greco». Ma Giannis se ne frega e, oltre a continuare a sviluppare il suo talento negli Stati Uniti, indossa con orgoglio la casacca ellenica in occasione delle convocazioni nazionali. Del resto, quando passi un’infanzia come quella che ha vissuto lui, non puoi temere personaggi piccoli. Perché Giannis Antetokounmpo è troppo più alto di gente così.