Treni regionali lenti, obsoleti e poco sicuri. Nei giorni successivi al deragliamento del treno regionale di Trenord, tra Pioltello e Segrate, che ha provocato la morte di tre passeggere e il ferimento di altre 46 persone, l’Italia intera si ritrova a fare i conti con i vecchi problemi di sicurezza del sistema di trasporto su rotaie e manutenzione della rete ferroviaria italiana. Sicurezza, una parola molto utilizzata, se non abusata, in campagna elettorale a fronte poi di investimenti ridotti al minimo. Al di là della tragedia, del singolo episodio, delle responsabilità individuali, esiste nel complesso una responsabilità politica che non può essere ignorata. Non di questo o quel partito, ma di un indirizzo politico generale, comune a tutti i governi degli ultimi anni, che ha favorito processi di privatizzazione, tagli alla spesa pubblica con inevitabili ripercussioni sui servizi e sullo stato di manutenzione delle vetture e delle linee.
TRENO DERAGLIATO A PIOLTELLO. Eppure abbiamo sentito dire tante volte: «Le ferrovie italiane sono le più sicure al mondo». Su circa 16.700 km di binari – il 45% è a doppio binario – tutte le linee hanno uno o più sistemi di controllo della marcia del treno. Com’è possibile, allora, che si verifichino incidenti come quello di Pioltello? Cedimento strutturale, la prima risposta alla tragedia dove hanno perso la vita tre passeggeri e altri 46 sono rimasti feriti. Sono stati trovati molti elementi che fanno ipotizzare a gravi carenze nella manutenzione: dal pezzo di ferro di 23 centimetri che si è staccato da una rotaia ed è stato trovato a 20 metri di distanza all’anomala presenza di una tavoletta di legno infilata sotto la giuntura del binario in quel punto così usurato. E ancora il bullone mancante, l’assenza dei quattro perni che fissano la cosiddetta piastra di giunzione e la traversina distrutta. Da valutare anche le condizioni del carrello del terzo vagone – il primo a deragliare – su cui viaggiavano le tre vittime.
L’ITALIA A DUE VELOCITÀ. Sono 5,51 milioni le persone che ogni giorno si spostano su rotaie. Un esercito che, dopo l’incidente di Pioltello, chiede trasporti più sicuri. Perché se da una parte l’alta velocità regala all’Italia un primato di efficienza e di competitività europea, dall’altro si viaggia ancora su treni regionali vecchi e obsoleti. A fotografare la situazione del trasporto ferroviario in Italia è Pendolaria, il Rapporto annuale di Legambiente che analizza nel dettaglio numeri e storie di un’Italia a due velocità e le varie disuguaglianze che ci sono nel Paese. Negli ultimi anni sono stati chiusi ben 1.323,2 km di linee ferroviarie: ad esempio, in Molise non esiste più un collegamento ferroviario con il mare, sono scomparsi i treni che dal 1882 collegavano Campobasso con l’Adriatico e con Termoli. Ai chilometri di ferrovia chiusa, vanno poi aggiunti oltre 321 km di rete ordinaria che risulta “sospesa” per inagibilità dell’infrastruttura, come nel caso della Trapani-Palermo. I finanziamenti statali per le infrastrutture restano la nota dolente. Da quanto emerge da Pendolaria, dal 2002 a oggi i finanziamenti statali hanno premiato per il 60% gli investimenti in strade e autostrade e solo per il 13% le reti metropolitane. Quello che colpisce è soprattutto la “doppia” condizione della rete ferroviaria italiana: ai successi di frecciarossa, frecciargento, frecciabianca maturati in questi anni – con un’ampia offerta di treni tra Salerno, Roma, Firenze, Bologna, Milano, Torino e Venezia e un aumento dell’offerta in meno di 11 anni pari al 435% – si affianca una situazione del trasporto regionale che rimane difficile, anche per via della riduzione dei treni Intercity e dei collegamenti a lunga percorrenza (-15,5 tra il 2010 e 2016) e la diminuzione dei collegamenti regionali (-6,5% dal 2010 al 2016). I treni regionali sono sempre meno. E sempre più vecchi. E forse non è un caso se proprio questi treni ritornano così spesso nelle cronache più tragiche.
INCIDENTI FERROVIARI. L’elenco è lungo. Se prendiamo in considerazioni gli incidenti ferroviari degli ultimi dieci anni i morti sono stati circa settanta. Oltre un centinaio i feriti. Diverse le cause. Il 15 giugno 2007, a Bortigali, Nuoro, hanno perso la vita tre passeggeri, otto i feriti, per mancata segnalazione. Il 29 giugno 2009, a Viareggio i morti sono stati 32 (25 feriti): un carro cisterna carico di Gpl esplode dopo il deragliamento. Il 12 aprile 2010 una frana sul treno regionale nei pressi di Bolzano causa 9 morti e 28 feriti. Un’altra frana sul Milano-Ventimiglia il 17 gennaio 2014 procura il ferimento di cinque persone. Il 12 luglio 2016 due treni si scontrano sul binario unico ad Andria per un errore umano. Il tragico bilancio fu di 23 morti e 57 feriti. Così fino all’incidente di giovedì scorso, 25 gennaio 2018, tra Pioltello e Segrate. E se andiamo ancora più indietro nel tempo, fino al 2002, ricordiamo il caso di Rometta Marea, nel messinese, forse il più simile per dinamica a quello di Pioltello. Erano le 18.56 del 20 luglio del 2002 e l’Espresso “Freccia della Laguna” proveniente da Palermo e diretto a Venezia transita dalla stazione di Rometta Marea. Improvvisamente la locomotiva esce dalle rotaie, compie un giro di 180 gradi ed urta violentemente contro i tramezzi di un piccolo viadotto in cemento rimanendo in bilico. Il resto del convoglio si stacca dalla motrice e va a schiantarsi sul casello ferroviario. Un giunto mancante è la causa del disastro che ha provocato 8 morti e 47 feriti. 4 gli indagati. Le accuse per omicidio colposo e lesioni colpose sono cadute in prescrizione. Le pene condonate. A distanza di quindici anni, restano due condanne definitive a 2 anni di reclusione per i direttori dei lavori.