Auschwitz-Birkenau, Treblinka, Chelmo, Belzec, Sobibor e Maidanek: sono i lager della Polonia occupata dal Terzo Reich. Indipendentemente dalla loro posizione geografica in questi lager trovarono la morte tre milioni di ebrei. Oggi ad oltre settant’anni di distanza, dalla Polonia arriva la legge, voluta dalla maggioranza di governo nazionalconservatrice e approvata al Senato, che vieta di accusare lo Stato di complicità nell’Olocausto. Auschwitz e gli altri lager nazisti non possono essere più essere definiti come “campi della morte polacchi” e i singoli cittadini o gruppi di polacchi non possono essere più accostati ai crimini della Germania di Hitler. Chiunque viola la legge rischia fino a tre anni di reclusione.
LA LEGGE. Il Senato ha approvato queste misure con 57 voti a favore e 23 contrari (due gli astenuti). La legge era stata licenziata venerdì scorso dalla camera bassa del Parlamento e ora dovrà essere firmata dal giovane presidente Andrzej Duda, che ha ventuno giorni per bloccarla e chiederne modifiche. Ma Varsavia sembra determinata ad ignorare le dure proteste espresse sia dal governo israeliano, dalle comunità ebraiche internazionali, da molti ambienti politici dell´Unione europea e del resto del mondo. L’unico obiettivo è quello di difendere il buon nome del suo popolo. I libri di storia ci raccontano di una violenta invasione e occupazione della Polonia da parte della Germania nazista. Oltre al genocidio degli ebrei, la germanizzazione della Polonia passo anche attraverso l’eliminazione dei suoi capi politici e religiosi, della sua classe borghese e aristocratica, dei suoi imprenditori ed intellettuali per impedire qualsiasi forma di resistenza. Come descritto da Adolf Hitler nel suo “Mein Kampf” la Polonia doveva essere il nuovo spazio vitale tedesco, per sfruttarne risorse materiali e forza lavoro.
RISCRIVERE LA STORIA. La nuova legge del governo di Varsavia riapre vecchie ferite con una manovra maldestra di voler prendere le distanze dal proprio passato. Che i campi di sterminio in Polonia siano stati progettati e realizzati dai nazisti è una verità indiscutibile, ma trasformare in reato l’espressione “lager polacchi” è assolutamente discutibile per le comunità ebraiche. Ed ancora più inaccettabile per Israele è quella volontà celata di “riscrivere la Storia” annullando quella che fu purtroppo una realtà, cioè la partecipazione di singoli cittadini polacchi o gruppi di polacchi alla persecuzione degli ebrei, che in Polonia avevano allora la più numerosa comunità in Europa. Invano la comunità ebraica polacca, in una lettera aperta ai legislatori aveva chiesto il ritiro della legge riaffermando la sua lealtà al paese e la volontà di dialogo. In segno di protesta è stata anche presentata al Parlamento israeliano una legge che introduce la pena fino a cinque anni di carcere nello Stato ebraico per coloro che riducono o negano il reato di complicità di chiunque aiutò i nazisti nei crimini commessi contro gli ebrei. «La memoria dei sei milioni di ebrei uccisi – ha scritto su twitter ministro israeliano Yoav Gallant- è più forte di qualsiasi legge».
LA DOPPIA FACCIA DELLA SHOAH. Tra il 1939 e il 1945 morirono sei milioni di polacchi, di cui tre milioni erano ebrei. Portare anche un solo bicchiere d’acqua ad un ebreo era punito con la morte nella Polonia occupata dai nazisti. Angoscia, paura, terrore instillati dal Terzo Reich nei cittadini ha reso la Polonia inerme davanti all’orrore. Ma è anche vero che, come in tutti gli stati occupati, tanti sono stati i delatori che taglieggiavano gli ebrei e li vendevano ai nazisti. Ci fu anche chi si macchiò di crimini ben più gravi come il pogrom di Jedwabne nel 1941, quando oltre 300 ebrei vennero chiusi in un fienile e dati alle fiamme, o dell’omicidio alla fine della guerra dell’unico sopravvissuto del campo di Belzec. Ma accanto a questi ci un esercito invisibile di cittadini che aiutò gli ebrei sfidando il regime. Oltre 6.700 placchi, più di ogni altra nazionalità, si sono distinti come “Giusti tra le nazioni”, titolo assegnato dal memoriale per l’Olocausto di Gerusalemme, lo Yad Vashem, ai non ebrei che sono intervenuti contro il nazismo. Nazismo, una parola che si vorrebbe cancellare dai libri di storia. Ma una semplice legge non basta.