«Faremo», «daremo», «aboliremo» è stata una escalation di promesse la campagna elettorale che sta per concludersi. Sì è finita. Finalmente, aggiungerebbe qualcuno. Ad ogni modo domenica si andrà a votare e i programmi elettorali tanto discussi, osannati e difesi in questi mesi saranno solo un lontano ricordo. Gli impegni svaniranno. Le proposte si infrangeranno. Le alleanze, presunte e non, si scioglieranno in nome di una poltrona da scaldare per i prossimi cinque anni. Ma sia i leader politici che gli elettori, eccezion fatta per qualche credulone, sanno come andranno le cose. Così tutto diventa un grande circo e il divertimento sta in chi le spara più grosse. Ormai ci hanno promesso di tutto: nuovi posti di lavoro in un paese in cui le aziende delocalizzano per abbattere i costi, laute pensioni da incassare a settant’anni sempre se ci si arriva, e meno tasse per tutti. Via le aliquote Irpef, via le tasse universitarie, niente imposte sulle case, niente canone Rai, stop al bollo auto e alle tasse su successioni e donazioni. Ma non ci hanno spiegato, senza tutte queste tasse, dove verranno presi i soldi per mantenere la spesa pubblica.
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LE PROPOSTE PIÙ ORIGINALI. Tra le proposte più stravaganti in tema di tagli alle imposte ci sono quelle del “Movimento associativo italiani all’estero” che propone di eliminare la tassa per le pratiche di cittadinanza e l’Imu per gli italiani all’estero. Il Maie propone, inoltre, la creazione di un comitato per promuovere la cucina italiana fuori dai confini nazionali. E cosa più di un buon piatto di spaghetti al pomodoro ci riporta alla felicità? La lista “10 volte meglio” mette al primo punto del proprio programma elettorale «il diritto inviolabile dei cittadini alla ricerca della propria felicità». Più facile a dirsi che a farsi. Il Blocco nazionale per le libertà indica che, in caso di successo elettorale, dovranno essere attribuite al «principe Emanuele Filiberto di Savoia funzioni operative, da concordare nel nuovo governo, per promuovere l’immagine dell’Italia all’estero grazie alle sue relazioni internazionali». Il partito di destra è l’unico, inoltre, che propone di ritornare al servizio militare obbligatorio ma solo per tre mesi. La lista “Stato Moderno Solidale” mette al centro l’agricoltura come motore per lo sviluppo. Una giostra di promesse elettorali su cui sono saliti a turno tutti i partiti, anche quelli minori, nella speranza di strappare un voto a quell’elettorato stanco e indeciso.
LE PROMESSE “MINORI”. Euro e Europa sono tra le parole più ricorrenti nei programmi elettorali anche dei partiti cosiddetti minori. Un referendum per uscire dall’euro mette d’accordo “Casapound”, “Popolo partite Iva”, “Movimento politico Italia nel cuore”, “Italia agli Italiani”. Molto gettonata anche la nazionalizzazione di Bankitalia e la cancellazione del debito pubblico. Molti i riferimenti alle nazionalizzazioni delle imprese. “Una Sinistra rivoluzionaria” propone la nazionalizzazione del sistema bancario senza indennizzi e creazione di un’unica grande banca pubblica. Il movimento politico “Siamo” allarga il campo a tutti gli asset strategici: telecomunicazioni, energia, acqua e trasporti. La “Lista del popolo per la costituzione” di Antonio Ingroia propone, invece, la nazionalizzazione delle imprese salvate con denaro pubblico. Nel programma de “Il partito comunista” di Marco Rizzo c’è l’esproprio dei patrimoni immobiliari dei gruppi bancari e assicurativi, delle grandi imprese e della Chiesa. Più radicale l’approccio di “Per una sinistra rivoluzionaria” che propone la «nazionalizzazione del sistema bancario, senza indennizzo per i grandi azionisti e con garanzia pubblica per i depositi dei piccoli risparmiatori». Al contrario il movimento politico “Grande Nord” prospetta la fine dei monopoli e la completa uscita dello Stato dall’economia. Accanto a tasse e pensioni in molti programmi elettorali spunta il reddito minimo garantito. “Casapound” propone 500 euro al mese da 0 a 16 anni da addebitare su carta elettronica. “Il Popolo della famiglia” di Mario Adinolfi indica un reddito di mille euro al mese per le donne che decidono di dedicarsi in via esclusiva al nucleo familiare. Molti anche i riferimenti alle riforme costituzionali. La “Democrazia Cristiana” indica l’abolizione delle province e la riduzione dei parlamentari (500 deputati e 250 senatori). Il Grande Nord è più drastico: 100 deputati e 40 senatori. “Destre unite” indica l’elezione diretta del presidente della Repubblica, il limite di due mandati per i parlamentari e l’abolizione delle regioni.