Se dici social network pensi subito a Facebook. La creazione di Mark Zuckerberg, nata nel 2003 come Facesmash, un portale che si prefiggeva di mettere in rete gli studenti della facoltà di Harvard, ha segnato un punto di svolta epocale nella comunicazione, rivoluzionando anche i mass media e l’informazione. Il successo di Facebook è qualcosa di assolutamente fuori dal comune ed è paragonabile forse solo a poche altre invenzioni della storia, come la ruota e la stampa. Al 2017 sono 2 miliardi gli utenti attivi sul social network della f bianca su sfondo blu, logo ormai universale. Un numero impressionante se si pensa che la popolazione mondiale conta oggi 7,5 miliardi di persone. Oggi, però, il colosso indiscusso della Silicon Valley sembra scricchiolare. E a guardare bene le prime crepe risalgono già a qualche anno fa.
FILM SGRADITI. Il primo vero attacco subito da Facebook risale al 2010. È di quell’anno, infatti, l’uscita nelle sale di tutto il mondo della pellicola “The Social Network”, che racconta l’incredibile ascesa di Mark Zuckerberg, lasciandoci un’immagine molto diversa rispetto a quella del genietto timido che dal chiuso della sua stanza stava rivoluzionando il mondo. Nel film il creatore di Facebook è dipinto come un imprenditore senza scrupoli che prosegue dritto per la strada che lo porterà alla conquista dell’universo digitale. Inutile dire che a Palo Alto il film campione di incassi e vincitore di 3 Oscar non sia stato accolto in maniera positiva. Tuttavia, risolte le vicende giudiziarie che sono state narrate nei cinema e nelle televisioni di tutto il mondo, Zuckerberg si è rimesso in rotta, tentando di rendere sempre più di qualità il suo prodotto, soprattutto nel cambio di prospettiva che ha reso sempre più importante la versione mobile rispetto a quella desktop. Con sorprese però sgradite per gli utenti.
UN’APP CHE ZOPPICA. È innegabile, Facebook fa parte delle vite di tutti noi. E da quando esistono e si sono diffusi gli smartphone, la tecnologia ‘always on’ ci ha permesso veramente di essere sempre online. Così Zuckerberg ha cercato, come naturale, di far sbarcare il suo prodotto sui telefoni di tutto il mondo. Ma la app di Facebook, pur contando oltre un miliardo e 500 milioni di download tra versione full e lite, risulta essere per gli utenti sempre più insoddisfacente. Tonnellate di aggiornamenti che rendono l’applicazione sempre più pesante, sconvolgimenti grafici di dubbia utilità e, dulcis in fundo, una app terza, Messenger, per la gestione dei messaggi in chat. Sono questi i motivi di una sempre più grande disaffezione degli utilizzatori finali. Tuttavia, come detto, Facebook fa parte della vita di tutti, e la gente è disposta ad andare oltre a qualche mal funzionamento pur di essere sempre connessa. Così, il team di Zuckerberg prosegue per la sua strada, forte anche dell’enorme potere sul mercato che ha portato la società a possedere oggi un altro gigante dei social, Instagram. Ma anche qui le grane non mancano. Zuckerberg ha preferito omologare l’offerta piuttosto che diversificarla, col risultato che oggi le differenze tra Facebook e Instagram sono sempre più sottili, con l’utente che prima o poi comincerà gioco forza a chiedersi perché utilizzare due applicazioni quando potrebbe bastarne una. Insomma, a Palo Alto, ultimamente, le idee sembrano scarseggiare.
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FAKE NEWS. Facebook ha permesso davvero a (quasi) tutte le persone del mondo di poter esprimere il proprio parere. Ma questa incredibile libertà ha il suo rovescio della medaglia, che comporta problemi etici di difficile risoluzione e trattazione. Esempio lampante sono le fake news. Zuckerberg, prima della campagna elettorale per la Casa Bianca del 2016, aveva dichiarato che la sua creazione non avrebbe influenzato più di tanto i risultati elettorali, minimizzando il fenomeno. Tuttavia, lo stesso patron, qualche tempo dopo le elezioni, si è impegnato in maniera decisa a combattere la diffusione di notizie false sul proprio social network. Non ci sono solo le fake news però a tormentare i sonni del team di Palo Alto. I problemi etici riguardano, specialmente nell’ultimo periodo, la diffusione sul social di pagine che inneggiano a turno al razzismo, all’odio etnico, esplicitamente al fascismo. E anche quando l’utente le segnala, Facebook risponde con una notifica che, nel 99% dei casi, non fa altro che ringraziarti per il tuo contributo a rendere la piattaforma un microcosmo migliore, ricordandoti però che quelle pagine non violano in maniera specifica la policy del sito. Come combattere allora questo odio serpeggiante che rischia di far esplodere una bomba sociale? Semplice, cambiando l’algoritmo e favorendo i contenuti condivisi da amici e parenti piuttosto che quelli pubblicati da gruppi e pagine. Ma è davvero questa una buona soluzione? Non sembrerebbe.
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RIMOZIONE FORZATA. Il cambio dell’algoritmo ha messo in seria difficoltà tutta una serie di pagine che, grazie a Facebook, monetizzavano. È il caso di “Little Things”, pagina con 12 milioni di follower, che a causa delle contromisure prese da Zuckerberg, ha perso circa il 75% del suo traffico e, con esso, buona parte dei ricavi. “Little Things” sembra destinata a chiudere a sentire il suo Ceo, ma è solo la punta dell’iceberg di un disagio diffuso all’interno del social. Anche altre pagine, magari con meno di 12 milioni di seguaci ma pur sempre di discreta importanza, stanno scomparendo delle bacheche degli utenti di tutto il mondo. A sentire Zuckerberg, l’algoritmo dovrebbe semplicemente far tornare Facebook alle origini, favorendo le amicizie vere alla consultazione passiva di news e pagine. Ma a vedere bene, questa sembra più una mossa molto furba per tentare di arginare, almeno in parte, i problemi etici sulla piattaforma. Soprattutto se queste amicizie che dovrebbero essere favorite sono anche quelle che vedono il social infestato di falsi profili che pubblicizzano l’avvenenza di discutibili signorine dalle curve mozzafiato che ti promettono benefici di un certo tipo. È davvero questo il futuro di Facebook?