Fin dagli inizi del ‘900 l’utilizzo di stimolanti è rimasto circoscritto ad alcuni ambiti specifici. Ne facevano ad esempio ampio uso i soldati americani impegnati nella Seconda Guerra Mondiale o nel conflitto in Vietnam. Successivamente, l’utilizzo di queste sostanze si è esteso a macchia d’olio per rispondere alle esigenze più disparate, dalla necessità di ottenere risultati migliori nello studio alle prestazioni sportive. A niente sono valse le norme restrittive che in varie zone del globo sono state adottate per scoraggiare l’utilizzo di anfetamine che non fosse giustificato da pressanti esigenze mediche. L’assunzione di queste sostanze, infatti, è indicata nei casi più gravi di difetto dell’attenzione (ADHD) ma, a causa della difficile diagnostica di questo tipo di problematiche e grazie alle prescrizioni mediche un po’ “creative” che consentono ad una grandissima platea di farne uso, il fenomeno è degenerato. Per molti è il naturale riflesso di una società appiattita sui risultati piuttosto che sulla reale crescita del proprio capitale umano. Una società in cui salire anche un solo gradino in più sulla scala dei talenti rispetto ai nostri coetanei sembra l’unica cosa che conta.
UN FENOMENO PREOCCUPANTE. L’Adderall rappresenta forse il più noto farmaco stimolante presente sul mercato in questo momento. In America vengono prodotte 400 milioni di pasticche anfetaminiche l’anno, pasticche che dovrebbero servire a curare le persone che soffrono di deficit dell’attenzione. Una patologia difficile da diagnosticare tanto che per anni si è pensato, erroneamente, che se una persona reagisce bene ai farmaci stimolanti vuol dire che è affetta proprio da tale deficit. In realtà anche una persona normalissima e sana reagisce agli stimolanti rimanendo più vigile, attento e reattivo. È così che questa sostanza è entrata nella vita quotidiana di tanti studenti universitari o delle scuole superiori che pur di uniformarsi al modello dello scolaro bello, magro, con ottimi voti e che la sera esce con gli amici, non esitano a farsi prescrivere farmaci come l’Adderall fingendosi affetti da deficit dell’attenzione che in realtà non hanno. Entrare in possesso di anfetamine, anche senza prescrizione medica, è facilissimo ed anche a buon mercato. Applicazioni come Whatsapp, Telegram, Instagram o Facebook hanno permesso la nascita di veri e propri mercati neri dove una singola pastiglia viene smerciata anche per pochi dollari. La questione è diventata un problema anche per lo sport. Sostanze come l’Adderall sono considerate dopanti dal Wade (World Anti-Doping Agency) ma grazie alle già citate prescrizione mediche molti atleti riescono ad aggirare queste limitazioni. Un esempio emblematico è quello del campione di nuoto Michael Phelps.
I RISCHI. Esistono due tipi di stimolanti: le anfetamine ed il metilfenidato. Il nostro cervello è caratterizzato da un sistema che prende il nome di “Sistema delle Catecolamine”. In questa categoria rientrano la norepinefrina, comunemente detta adrenalina, e la dopamina. I farmaci stimolanti come l’Adderall ne aumentano sensibilmente il rilascio. L’effetto inizia dopo circa 40 minuti ed è un’esplosione di benessere ed euforia. Si inizia a sudare ed il battito cardiaco aumenta in maniera esponenziale. Non mancano chiaramente gli effetti collaterali tra cui troviamo capogiri, vomito e cardiopalmo. Non secondario è poi il rischio di assuefazione che l’utilizzo di queste sostanze comporta, più se ne fa uso, infatti, più diminuiscono gli effetti del farmaco spingendo chi lo utilizza a consumarne sempre di più. È possibile che farmaci come l’Adderall abbiano anche una ricaduta in termini psichiatrici con lo spettro della depressione sempre dietro l’angolo.