Libertà. Il 25 aprile fa rima con la parola che maggiormente riecheggiò sui principali organi di stampa fin dalle prime ore di quel giorno di 73 anni fa in cui veniva versato il tributo decisivo per restituire l’Italia ad istituzioni democratiche basate sui principi dell’uguaglianza e dei diritti civili. Troppe volte, però, questa ricorrenza ha rappresentato un punto di divisione piuttosto che di unione per la nostra comunità nazionale. Molti ricorderanno sicuramente il caso eclatante degli sputi e dei fischi al padre dell’allora sindaco di Milano, Letizia Moratti, il 25 aprile del 2006.
IL 25 APRILE. La sensazione è che si tenda a politicizzare, erroneamente, in maniera strumentale un momento che dovrebbe spingere il popolo italiano a solidarizzare, ad affermare con forza il rifiuto di ogni totalitarismo, in primis quello nazifascista. Il 25 aprile è una ricorrenza istituita per unire, per ricordare, per fare tesoro del passato in funzione della costruzione di un futuro scevro da soprusi, violenza e prevaricazione. Le celebrazioni di questa festa nazionale stanno però cambiando, plasmate sempre di più dalle piazze virtuali che si affiancano e si sovrappongono a quelle reali, interpretate dalle nuove generazioni che stanno gradualmente sostituendo, in un processo ciclico e naturale, quelle vecchie che di quei fatti storici furono dirette testimoni e forse proprio per questo non lucide a sufficienza per viverne le celebrazioni in maniera serena e matura.
I FATTI STORICI. Occorre specificare immediatamente che la liberazione dalle truppe nazifasciste dell’Italia non durò un giorno soltanto. Le operazioni militari si protrassero in realtà fino ai primi giorni di maggio e cominciarono il 9 aprile con l’offensiva finale degli Alleati. La superiorità schiacciante di uomini e mezzi rispetto agli occupanti tedeschi ed ai militi della Repubblica di Salò consentì ad alleati e partigiani di avanzare con celerità ed efficienza in Italia settentrionale. Il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia lanciò un’insurrezione generale il 16 aprile. Tre giorni dopo fu attaccata Bologna, liberata definitivamente il 21 aprile con l’ausilio delle truppe Alleate. Il 24 aprile 1945 gli alleati superarono il Po e il 25 aprile i soldati tedeschi e della repubblica di Salò cominciarono a ritirarsi da Milano e da Torino. In quelle ore fuggì da Milano anche il duce del fascismo, Benito Mussolini, catturato poi pochi giorni dopo dai partigiani e da questi trucidato insieme all’amante Clarissa Petacci. L’abbandono di Milano da parte di Mussolini durante il 25 aprile costituisce un motivo ulteriore per la scelta di questa data ai fini delle celebrazioni della liberazione del Paese. A Milano rimane celebre l’episodio dello sciopero generale annunciato dalle frequenze della radio “Milano Libera” da Sandro Pertini, futuro presidente della Repubblica, partigiano e membro del Comitato di Liberazione Nazionale (Cln). A conflitto concluso, fu il primo governo De Gasperi ad ufficializzare la scelta della data con la legge n. 269 del maggio 1949, presentata dallo stesso De Gasperi in Senato nel settembre 1948.
STORIE PARTIGIANE. Il movimento partigiano è un mosaico composto da centinaia di storie, note e meno note, che si intrecciano a formare una trama fitta e dall’interesse pregnante. Maria Airaudo, per esempio, nata nel 1924 a Bagnolo Piemonte, nome di battaglia Mary, racconta la sua storia lungo il sentiero che porta al Sacrario di Montoso, la “terrazza delle Alpi”, costruito negli anni Cinquanta. Vi vengono ricordati ogni anno nella seconda domenica di luglio i Caduti per la Libertà con una cerimonia civile unita ad una triplice cerimonia religiosa: cattolica, valdese ed ebraica. «Sono entrata nella Resistenza senza conoscere l’impegno, le difficoltà che questa scelta comportava. Con incoscienza della giovane età, ma con una volontà unica: la pace». Con l’espediente di un lasciapassare tedesco, presentato alle pattuglie con la carta d’identità e la dichiarazione del cotonificio Mazzonis di Pralafera, per il quale “Mary” era incaricata di cercare alimenti, aveva libertà di movimenti e di consegnare messaggi, sempre in bicicletta, percorrendo instancabilmente chilometri su chilometri di saliscendi ogni giorno. «Mai ho portato con me un documento di carta. Tenevo tutti i messaggi a memoria». Il momento più difficile è lo stesso in cui Maria ha deciso di unirsi alla Resistenza. «Il 30 dicembre 1943, tredici persone vennero uccise dai nazisti, senza nessun motivo se non quello di intimorire la popolazione – ricorda -. Le salme erano abbandonate per strada, martoriate dai cani, così con la mia amica Maria Bosio provai a metterle nelle casse. Riuscimmo solo con uno, era appena un ragazzo. Non riuscii più a continuare».
LEGGI ANCHE: La Germania come l’Italia tra alleanze instabili e nuovi compromessi
MATTARELLA IN VISITA AL SACRARIO DELLA BRIGATA MAIELLA. Trasferta abruzzese per il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, atteso a Taranta Peligna per omaggiare la formazione partigiana la cui bandiera di guerra è stata l’unica ad essere decorata con la medaglia d’oro al valore militare. Fondata dall’avvocato Ettore Troilo nel 1943 nel castello di Casoli e guidata in battaglia da Domenico Troilo, la Brigata Maiella ha lottato su una zona vastissima del nostro Paese. Dalle montagne abruzzesi all’altopiano di Asiago. Ad attendere il presidente Mattarella ci saranno il prefetto di Chieti, Antonio Corona, il governatore Luciano D’Alfonso ed il sindaco di Taranta Peligna, Marcello Di Martino.