Ripartire dalle nostre origini per tracciare un itinerario turistico in Sicilia che coniughi la ricerca archeologica alla fruizione del patrimonio culturale. Su questa direttrice si sono mossi gli interventi dei relatori del convegno “Il Patrimonio Archeologico di Taormina: dalla ricerca alla fruizione. Un itinerario turistico”, organizzato dal prof. Filippo Grasso, responsabile scientifico del seminario, e dai dipartimenti di Economia e Civiltà Antiche e Moderne dell’Università degli Studi di Messina, in collaborazione con Cnr-Ibam (Consiglio nazionale delle Ricerche – Istituto per i Beni archeologici e monumentali), Sistur (Società Italiana di Scienze del Turismo), Unpli Sicilia e Naxoslegge. “Pickline” è stato media partner dell’evento.
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DALLA RICERCA ALLA FRUIZIONE. Conoscenza, tutela e fruizione. Su questi tre diversi aspetti si fonda oggi il ruolo pubblico e sociale dell’archeologia. «La ricerca archeologica – spiega Giuseppe Scardozzi del Cnr Ibam di Lecce – contribuisce a creare una sempre maggiore consapevolezza culturale sull’importanza della conoscenza del passato in modo tale da orientare le amministrazioni locali verso nuove politiche di tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico e monumentale». La ricerca archeologia si sgancia dall’aspetto prettamente storico per avvicinarsi alle tematiche di gestione del territorio. «Oggi si parla di archeologia pubblica – sottolinea Alessio Toscano Raffa, ricercatore del Cnr Ibam di Catania – un’archeologia che deve essere in grado di conciliare la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio storico e culturale con l’ambiente circostante. Una visione che modifica anche il mestiere dell’archeologo oggi, quello di mediatore tra il mondo antico e la società moderna».
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GLI SCAVI NEL TERRITORIO MESSINESE. Il convegno ha offerto l’occasione per riflettere sulla direzione in cui sta andando l’archeologia, attraverso la concreta esperienza sul campo e le molteplici attività di scavo condotte dall’Università di Messina. Dopo i saluti del direttore del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne, Mario Bolognari (assente per impegni precedentemente assunti il direttore del Dipartimento di Economica, Augusto D’Amico); del delegato Sistur per la Regione Sicilia, Giuseppe Avena; del docente di analisi di mercato dell’Università di Messina, Filippo Grasso; del direttore scientifico di Naxos legge e Nostos, Fulvia Toscano, i relatori hanno presentato le campagne di scavi archeologici nei territori di Tusa (Halesa), Patti Marina e Taormina condotti dall’Università degli di Messina. «Il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne – ha spiegato Lorenzo Campagna – è impegnato su tre diversi progetti che coinvolgono il territorio della provincia di Messina. In particolare le campagne di scavi hanno interessato la villa romana di Patti Marina, la città di Halaesa, l’odierna Tusa, dove stiamo riportando alla luce i resti del tempio e del santuario di Apollo, e Taormina. Lì il progetto ha assunto dimensioni sempre più ampie inglobando competenze diverse e coinvolgendo anche a Soprintendenza di Messina e l’Istituto per i Beni archeologici e monumentali».
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UN ITINERARIO TURISTICO È POSSIBILE. Sempre più spesso si sente parlare del patrimonio culturale come il “petrolio d’Italia”, una risorsa preziosa che potrebbe essere utilizzata anche per rilanciare un modello di sviluppo sostenibile capace di coniugare la tutela allo sviluppo del territorio. «Un binomio quello tra cultura e turismo che si può sviluppare in tanti modi – ha spiegato Filippo Grasso – ma soprattutto attraverso un percorso che metta insieme ambiti territoriali specifici e gli operatori del sistema turistico: pro loco, guide turistiche, tour operator, agenti di viaggio, albergatori, imprese di servizi ai turisti». Un intervento mirato a sottolineare l’importanza delle politiche turistiche per non rendere vana la ricerca archeologica sul nostro territorio. «Serve un’offerta turistica omogenea per tutti i siti archeologici della provincia di Messina – ha concluso il prof. Grasso – ed è quello che vogliamo costruire come Università di Messina in un dialogo proficuo con tutti gli stakeholder che lavorano sul territorio e gli enti locali».
