C’era una volta in una nota località turistica internazionale – situata in collina a 206 m di altezza sul livello del mare e sospesa tra rocce e mare, su un terrazzo del monte Tauro, in uno scenario di bellezze naturali, unico per varietà e contrasti, sulle pendici meridionali dei monti Peloritani della riviera ionica con tanto di Etna sullo sfondo – il Taormina Film Fest. C’era: la coniugazione verbale è quella giusta. Imperfetto, imprecisato. Né un’epoca eccessivamente remota tanto meno a noi granché prossima. Semplicemente, c’era. La Perla dello Ionio, un tempo esclusiva capitale del divismo, ha ospitato per oltre mezzo secolo una kermesse cinematografica, nata nel lontano 1955 con l’intento di porsi come anti-festival rispetto al prestigioso appuntamento della Mostra del cinema di Venezia, attestandosi così come la seconda realtà italiana per rinomata longevità. Concepita in origine come anteprima delle proposte della stagione cinematografica successiva, ha poi nel corso delle sue sessantatré primavere acquisito anche carattere competitivo, imponendosi quale autorevole manifestazione promotrice di cinema emergente e delle cinematografie ‘minori’, ma anche dello Junger Deutscher Film, del cinema canadese, britannico, e soprattutto di quello australiano, che per certi versi proprio alla piazza festivaliera della città del Centauro deve la notorietà a livello internazionale.
IL CINEMA PER VALORIZZARE LA SICILIA. Con inusitata lungimiranza l’idea nacque dal desiderio di valorizzare il territorio siciliano attraverso un’iniziativa commerciale che fosse rivolta soprattutto al settore cinematografico, rafforzando così le potenzialità comunicative del cinema in un periodo in cui la televisione non si era ancora affermata. Era il 14 aprile 1955 e con la collaborazione dell’Agis prese forma l’organizzazione di una rassegna da inserirsi nell’ambito delle manifestazioni dell’agosto messinese, annunciata ufficialmente il 29 luglio dello stesso anno. Inaugurata con la proiezione di “Green fire” di Andrew Marton, venivano presentate ben sette pellicole, quattro di produzione statunitense – per lo più di genere avventuroso – e tre di produzione italiana, che rappresentavano emblematicamente i principali filoni del cinema di consumo nazionale di allora: la commedia, il melodramma, il film-opera. Sotto la direzione di Michele Ballo, nel 1957, la città di Taormina diventava coprotagonista, dapprima con l’istituzione dei Cariddi d’argento, premio ispirato al gruppo scultoreo cinquecentesco di G.A. Montorsoli raffigurante Nettuno nell’atto di placare le ire delle ninfe Scilla e Cariddi e poi con la cerimonia di assegnazione dei David di Donatello (ospitati dalla kermesse fino al 1977, con interruzioni nel 1971 e nel 1980).
LO SCISMA. Gli anni Sessanta proseguivano sulla scia delle ritualità mondane ormai consolidate e con la decima edizione, quella del ’64, si giungeva a un primo determinante “scisma” tra le due località ospitanti, poi definitivamente confermato sei anni più tardi. Sempre più orientato verso la promozione di un cinema dotato di spessore culturale e di rilevanza sociale, con l’istituzione del Festival delle Nazioni, si perveniva all’introduzione di un concorso che vide assegnato il riconoscimento a Sydney Pollack per “They shoot horses, don’t they?”. Nel frattempo, con la complicità dei prestigiosi David, sulle scene taorminesi si affacciavano i grandi nomi del cinema di casa nostra: Fellini, Lattuada, Antonioni, De Sica, Germi, Visconti, Monicelli, Rosi, Pontecorvo, Zeffirelli, Gasmann, Sordi, Mastroianni, Tognazzi, Manfredi – solo per citarne alcuni – e, tra le donne, Loren, Magnani, Lollobrigida, Mangano, Vitti e Masina. Senza dimenticare le numerose presente di divi internazionali e d’oltreoceano insigniti del riconoscimento al miglior attore e alla miglior attrice.
IL TAORMINA FILM FEST. Sotto l’egida di Guglielmo Biraghi, succeduto a Gian Luigi Rondi, nacque il Festival cinematografico internazionale di Taormina poi Taormina Film Fest (sezione di Taormina Arte), competitivo per opere prime e seconde, che assegnava i Cariddi d’oro, d’argento e di bronzo ai primi tre film e le Maschere di Polifemo (anch’esse d’oro, d’argento e di bronzo) alle migliori interpretazioni, senza distinzione tra ruoli principali e secondari. Intanto, dal 1984 al 1988, il Teatro Antico intraprende il sodalizio con i Nastri d’argento, con esiti più significativi in termini di continuità soltanto dopo il 2000. Nel corso dei decenni si alternano l’American Film Week, retrospettive da Roger Corman a Brian De Palma e film riflettenti nuove tendenze espressive. Se con Enrico Ghezzi la formula del Festival è vicina alla produzione d’essai, al tramonto del millennio Felice Laudadio imprime un’identità attenta al rilancio del cinema popolare di tutto il mondo, unitamente alla soppressione dei Cariddi e delle Maschere di Polifemo a favore di riconoscimenti assegnati dagli sponsor: nel 2000 i Diamond Awards e, nel 2003, i Taormina arte Awards for Cinematic Excellence. E a segnare la storia della rassegna sono i nomi del calibro di Woody Allen, Ingrid Bergman, Richard Burton, Tom Cruise, Robert De Niro, Marlene Dietricht, Robert Duvall, Colin Firth, Henry Fonda, Jodie Foster, Hugh Grant, Audrey Hepburn, Burt Lancaster, Sergio Leone, Walter Matthau, Ennio Morricone, Roman Polanski, Jack Nicholson, Al Pacino, Quentin Tarantino, Liz Taylor, Jeanne Moreau, Anjelica Huston, Judi Dench, Mira Sorvino, Andie MacDowell, Charlotte Rampling, Jessica Lange, Malcom McDowell, Terry Gilliam, Sean Penn, Dominique Sanda e Catherine Deneuve.
LA GESTIONE ROCCA. In un particolare frangente di difficoltà economica, a tenere le redini del Festival, dal 2012 al 2016 è la general manager Tiziana Rocca, coadiuvata dalla direzione editoriale di Mario Sesti e da un vigoroso sostegno di sponsor privati. Il Concorso, reintrodotto nelle ultime due edizioni, naviga a vista, mentre il format ruota principalmente intorno alle lezioni di cinema delle masterclass tenute dagli ospiti internazionali: Russell Crowe, Meg Ryan, Jeremy Irons, Ferretti-Lo Schiavo, Richard Gere, Patricia Arquette, Susan Sarandon, Rosario Dawson, Rupert Everett e numerosi altri. La piazza festivaliera, mondana, modaiola, non soffre soluzione di continuità per quanto riguarda i grandi nomi dei protagonisti ma, nonostante i grandi sforzi, ne risente certamente per quanto riguarda l’attrattiva di addetti ai lavori, stampa, cinefili, e rilevanza internazionale.
DALLE SALE ALLE AULE TRIBUNALI. La 63ª edizione del TFF, in qualche modo, entra a far parte degli annali: per le polemiche, per le vicende giudiziarie, per la penuria di risorse. Il Comitato Taormina Arte decide, infatti, di non avvalersi dell’affidamento diretto dell’organizzazione, fino a quel momento peculiarità dello stesso. Ritardi nel bando, apertura di buste, esclusioni, riammissioni, pareri legali, assegnazioni provvisorie e, da ultimo, ricorso al Tribunale amministrativo. Di fronte alle due sole offerte pervenute, l’attività venne dapprima affidata alla società di produzione Videobank Spa e poi annullata dal Tar Catania, in seguito al ricorso presentato dalla concorrente, sul rilievo che detto sponsor non possedeva gli indispensabili requisiti di esperienza biennale in materia di organizzazione e gestione di eventi artistico-culturali. I fatti sono ormai noti, commentati fino allo stremo (e spesso anche a sproposito), con un unico principale e dirompente effetto: aver reso i protagonisti di queste tristi vicende autori e interpreti di uno spettacolo tragicomico che sta riscuotendo uno straordinario successo mediatico, mettendo tra l’altro in cattiva luce l’immagine dell’intera rassegna. E le colpe vanno ugualmente ripartite tra coloro che, con la consueta sufficienza, hanno provveduto ad alimentare incertezze e concesso ingiusti e indecorosi spazi a rivendicazioni di sorta. L’esito del travagliatissimo “affaire” è in netto contrasto anche con il passato mediamente recente: niente divi hollywoodiani, niente glamour, niente lustrini, niente Teatro Antico. Ma tutto ciò era, naturalmente e consapevolmente, messo in conto. Era l’occasione per rilanciare, rifondare, restituire un’identità precisa e definita a una manifestazione che vanta una storia lunga più di sei decenni, proponendosi come obiettivo primario la ricostituzione di un pubblico, la ridefinizione di una formula ormai arrugginita e una programmazione a lungo termine tanto sotto il profilo contenutistico quanto – preminentemente – sotto quello economico.
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L’ENNESIMO FLOP. Non a caso Pietro Di Miceli, Commissario straordinario della Fondazione, alla chiusura dell’edizione organizzata “in house”, aveva definito l’ente appena costituito come uno strumento utile a sveltire la burocrazia e annunciava un bando per sponsor privati relativo a un progetto triennale. E invece, anche quest’anno, il Taormina Film Fest finisce in tribunale, oggetto di un pronunciamento del Tar, con Camera di consiglio per la trattazione dell’istanza già fissata al 21 giugno prossimo. Infatti, il giorno seguente alla scadenza del termine ultimo per la presentazione delle proposte relative all’Avviso Pubblico di Sponsorizzazione per la progettazione, l’organizzazione, la gestione e la promozione del Tff, è stato depositato ricorso da parte dell’associazione culturale Codici di cultura e da parte dell’associazione nazionale di consumatori Codici – Centro per i Diritti del Cittadino nei confronti della Fondazione Taormina Arte Sicilia e nei confronti della Videobank Spa, apparente unica concorrente (la riunione della Commissione per l’esame delle domande, già prevista per il 7 giugno, è sospesa a data da destinarsi, ndr), per l’annullamento – ed intanto la sospensione in via cautelare – del suddetto Avviso pubblicato il 2 maggio 2018. A detta delle ricorrenti a emergere sarebbe una procedura selettiva poco trasparente che renderebbe plenipotenziario l’unico sponsor, perplessità relativamente ai ristrettissimi tempi di svolgimento della procedura selettiva e circa il complesso di clausole che favorirebbero il contratto di sponsorizzazione e l’aspetto meramente commerciale anziché quello artistico e culturale.
UN RICORSO E TROPPI PUNTI OSCURI. Potrebbe apparire una nota lieta il fatto che le travagliati sorti della kermesse destino tanta preoccupazione ad associazioni non strettamente radicate nella realtà isolana, nutrendo le stesse sì legittime quanto improbabili perplessità. Sorgono, infatti, altresì spontanei dubbi anche in merito alla genuinità e agli intenti del ricorso in oggetto: al di là di qualsiasi motivata riserva, sorprende di certo che una tale articolata, studiata e argomentata istanza sia stata presentata solo il giorno seguente al termine ultimo per la presentazione delle proposte relative all’Avviso, ad appena un mese e mezzo dalla data prevista per l’inaugurazione e con esiti certamente ben poco agevoli per le incombenze che un’eventuale organizzazione – per quanto già fortemente deficitaria e in ritardo nelle tempistiche – richiederebbe. Il che appare, tra l’altro, in contraddizione con la manifesta preoccupazione relativa alle necessarie tempistiche. Mentre con scrupolosa attenzione ci si preoccupa se l’Avviso sia stato o meno effettivamente pubblicato il 2 maggio scorso (rispettando così la norma di cui all’art. 19 del D.Lgs. 50/2016 disponente che l’affidamento dei contratti di sponsorizzazione debba essere preceduto da pubblicazione per almeno trenta giorni) e che la meritata nomea dell’evento non venga intaccata, con superficiale e sprezzante indifferenza non si considerano gli effetti che tale azione giurisdizionale finirà per sortire nella remota ipotesi della possibilità logistica e temporale di un miracolo di improvvisazione organizzativa. Presumendo l’assoluta buona fede delle ricorrenti, il ricorso ponderato, studiato e partecipato a ben nove diversi Uffici della Regione Sicilia, alla Città Metropolitana e al Comune di Messina, al Comune di Taormina e alla stessa Fondazione TaoArte, se da un lato ha a cuore la legittimità della procedura concorsuale e “l’esigenza di non snaturare” la rassegna – espressione assai ardita e tendenziosa – dall’altro non tiene conto di buon senso e delle conseguenze pratiche dello stesso. La Fondazione, alla luce del fatto che il Festival, nella precedente edizione, ha dovuto fare affidamento esclusivamente su fondi pubblici, privandosi delle tanto care star internazionali, avrebbe sì dovuto mettere in moto la macchina organizzativa con ben più largo anticipo. Ciò che forse sfugge agli scrupolosi interrogativi di Codici è che, se da un lato appare improbabile la complessa e delicata organizzazione – in tempi così ristretti – di una rassegna di tale entità, che prevede contatti con le major cinematografiche, nonché anteprime, disponibilità di attori, registi e numerosi altri adempimenti che impongono tempi organizzativi non inferiori a sei mesi, dall’altro il marchio dello stesso Taormina Film Fest, tanto indifeso e vilipeso, era stato sottoposto a pignoramento da parte di una società creditrice (puta caso la stessa che sembra essere stata l’unica a presentare proposta) e solo recentemente dissequestrato dal giudice dell’esecuzione, che già in tema di inibitoria si era pronunciato mesi addietro. Non a caso “sopra ogni cosa” la preoccupazione maggiore di Codici sembra essere il fatto che «anche quest’anno la sponsorizzazione è stata aggiudicata a Videobank Spa nonostante essa sia carente degli indispensabili requisiti professionali richiesti dall’Avviso pubblico». E, a meno d’improbabili doti di preveggenza, appare senz’altro strano si facciano così espliciti riferimenti a società partecipanti a meno di ventiquattro ore dal termine ultimo per la presentazione delle proposte e con Commissione giudicante ancora da riunire…
L’ASSORDANTE SILENZIO DELLA CLASSE POLITICA. E così, in nome del successo e della buona riuscita del Tff, a impantanarsi è la stessa rassegna, sprecando ancora una volta un’occasione che ripartire. Sotto mentite spoglie l’insipienza e la scarsa lungimiranza hanno permesso che il vero sopruso, il danno, l’ingiustizia più grande venga perpetrata ai danni di una kermesse vilipesa, diffamata e ridicolizzata. Con queste premesse e con una credibilità ridotta all’osso, l’infausto esito – che l’azione di Codici intende scongiurare – appare oggi non tanto essere uno standard qualitativo valido quanto la vera e propria presenza della rassegna nel calendario degli appuntamenti estivi. Ci si aspetterebbe e ci si sarebbero aspettate prese di posizioni e mobilitazioni da parte di esponenti politici e istituzioni che, anche stavolta, con ogni probabilità, non arriveranno. Se la pronuncia del Tar è prevista per il 21 giugno, i tempi di attuazione dell’evento – le cui date andrebbero dal 14 al 20 luglio – si restringerebbero a meno di un mese. Il resto è un chiaro e limpido fallimento della politica a tutti i livelli e a ogni latitudine. Servivano 64 anni e queste vicende – al di là di qualsiasi contingenza economica – per portare alla ribalta vicende giudiziarie incresciose e per riservare a un simile evento tale lenta agonia. Ancora una volta, si rivive inermi e si assiste impotenti a quello che sembra essere un film già visto. Sul finale ci si riserva il beneficio del dubbio, sperando non sia prevedibilmente già scritto.