In Brasile e in Portogallo si parla la stessa lingua, dunque definire Cristiano Ronaldo “O’Rey” non farà di certo storcere il naso all’altro re che parla portoghese, quel Pelé che 60 anni fa, a soli 17 anni, conquistava il mondo. Da lì in poi, da quel mondiale svedese del 1958, Edson Arantes do Nascimento conquisterà altre due coppe del mondo, di cui una a scapito di Mazzola, Rivera, Facchetti e Riva. Il re moderno non ha ancora avuto questa fortuna, ma ha segnato anche lui un’epoca. La tripletta di ieri sera contro la Spagna ai Mondiali Russia 2018 è l’ultima delle perle che il portoghese ci ha regalato in questi anni.
TALENTO SCONFINATO. Come Pelé, anche Cristiano Ronaldo ha esordito giovanissimo. A soli 18 anni l’asso portoghese ha avuto il merito di stregare uno dei guru del calcio moderno, Alex Ferguson, che coi giovani ha sempre saputo lavorare plasmando campioni eccezionali come Beckham, Scholes, Giggs e chi più ne ha più ne metta. Sono però in tanti a quell’età ad avere un talento sconfinato, ma senza la giusta testa in molti si fermano troppo presto, molto prima di diventare grandi. Cristiano non rientra in quest’ultima categoria. Sempre solido, sempre concentrato, anche quando era un semplice novellino forse troppo innamorato del pallone, ha dimostrato una professionalità fuori dal normale per un giovanotto. Da noi di esempi di campioni che per colpa di una mentalità non adatta a un professionista si sono bruciati troppo presto o hanno vinto molto meno rispetto alle loro possibilità ce ne sono, e ogni riferimento a Balotelli e Cassano è puramente voluto. Del resto, ci vuole classe, carattere e grande capacità di adattamento per calarsi, a soli 19 anni, in una nazionale portoghese che può vantare calibri del nome di Figo, Maniche, Nuno Gomes, Couto e Rui Costa. Ronaldo ha avuto tutto questo, e in quella nazionale ha giocato da titolare un europeo casalingo, fermando la sua corsa solo di fronte alla sorpresa Grecia. Era il 2004. Ne è passata acqua sotto i ponti da allora, e anche il titolo coi lusitani è finalmente arrivato, ma Cristiano sembra più forte che mai.
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EVOLUZIONE E CONTROLLO. Il ragazzino brufoloso innamorato del pallone che sfrecciava sulla fascia e innervosiva gli avversari con i propri giochetti di gambe, oggi si è evoluto in una macchina da gol solida e concreta. Meno fumo, molto più arrosto. Cristiano Ronaldo è il giocatore della golden age degli anni duemila ad essersi reinventato senza snaturarsi troppo. Altri fenomeni di quell’annata non sono stati capaci di adattarsi a nuovi ruoli e, vedi Rooney, hanno già chiuso la loro carriera ad alti livelli. Cristiano no, e vista l’intelligenza con cui riesce a muoversi in campo, siamo certi che la sua avventura al vertice del calcio mondiale sia ancora lontana dal terminare. È come se per il genio di Funchal, cittadina sull’isola di Madeira che da luogo sconosciuto è diventato il centro dei mappamondi calcistici, il tempo non passasse. Oggi, a 33 anni, Ronaldo si aggira per il campo come un ragazzino di 20, e in un football che diventa anno dopo anno sempre più veloce e fisico, la freschezza di CR7 è impressionante. Tutto merito della vera religione professata dall’asso portoghese, il culto del proprio corpo. Cristiano venera sé stesso e migliora giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento. Gli addominali scolpiti e i pettorali gonfi non vanno bene solo per gli spot pubblicitari, nei quali Ronaldo è sempre presente da protagonista, ma servono soprattutto per mantenere ad alti livelli uno dei campioni coi numeri più impressionanti della storia del calcio.
WORK HARD, PLAY HARD. Ronaldo è questo, un maniaco del proprio corpo. Quando nel 2009 approda al Real Madrid, Cristiano nota delle differenze nella quantità di lavoro giornaliero affrontato con le “Merengues” rispetto a quello svolto coi “Red Devils” del Manchester United. Troppo morbidi gli allenamenti spagnoli. E allora dopo ogni sessione CR7 resta da solo a Valdebebas, e si focalizza su sé stesso, sul suo corpo, su quella macchina che ogni giorno gli permette di essere il migliore al mondo. Basterebbe questo a far capire la mentalità di questo straordinario campione, che è sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene dal campo. E così, mentre per i giocatori normali il tempo che passa comporta un decadimento fisico e di rendimento, per Cristiano Ronaldo il meglio deve ancora venire. Non giudicando il livello del campionato spagnolo che, eccetto le prime 3-4 squadre, sembra davvero molto basso, i numeri del portoghese sono impressionanti: 311 gol in 292 presenze con la “Casa Blanca”, più reti che partite giocate. E molte di queste decisive. Se valutare i numeri di Ronaldo con il Real Madrid può e deve tenere conto della difficoltà della Liga dunque, è innegabile che Cristiano sia un uomo da grandi occasioni, e le marcature in Champions League sono lì a testimoniare la grandezza di questo campione. Giocate irreali, come la rovesciata ad altezza bombardiere contro la Juventus, e freddezza glaciale, come per il rigore pesantissimo che è costato l’eliminazione ai bianconeri nei minuti finali. Cristiano Ronaldo è lo zenit e l’azimut di sé stesso e della squadra in cui gioca. La cura maniacale del corpo la si era già vista oltreoceano con i fenomeni del basket americano, anche loro eterni giovani grazie al lavoro personale e di veri e propri team di sostegno. E se Kobe Bryant è riuscito a segnare 60 punti persino nella sua ultima partita da acciaccato e Lebron James oggi sembra più immarcabile di 5 anni fa, possiamo stare certi che il calcio internazionale farà i conti ancora per molto con quel ragazzino nato su un’isoletta a largo di Lisbona.