Saranno stati meno famosi di Tupac o Notorius B.I.G., ma erano rapper e sono morti in maniera violenta, come i loro più prestigiosi colleghi: si tratta di XXXTentacion e Jimmy Wopo, 20 e 21 anni rispettivamente, uccisi a colpi di arma da fuoco in Florida, in circostanze ancora da definire. Nel primo caso gli inquirenti parlano di due uomini che avrebbero sparato in direzione del ventenne appena fuori un concessionario motociclistico, forse in una tentata rapina, mentre per il ventunenne si sarebbe trattato di una vera e propria sparatoria. Nulla di nuovo, purtroppo, nel mondo dell’hip-hop, sin dagli anni ’90 vittima di morti simili a queste. Tutto cominciò con la guerra del rap.
EAST COAST VS WEST COAST. Siamo alla fine della prima metà degli anni ’90, epoca d’oro del rap underground. Si vende un sacco, e giovani talenti mettono insieme rime a ritmi infernali. Così si apre un business importante e le etichette discografiche gareggiano tra loro. A fronteggiarsi ci sono la Bad Boy Records e la Death Row Records, la prima della East Coast, la seconda della West. All’inizio si tratta di semplici invettive rivolte dagli artisti delle rispettive scuderie agli avversari, ma complice una stampa che ha ricamato parecchio sull’accaduto e dei fans che si schierano all’inverosimile, una semplice rivalità tra due case discografiche viene ribattezzata “guerra del rap”. Una guerra a colpi di rime, che diventeranno proiettili. C’è una data che segna l’inizio delle ostilità violente tra Bad Boy e Death Row, ed è quella del 20 novembre 1994, quando Tupac, artista di punta della West Coast, rimane vittima di un agguato nel quale gli vengono sparati contro 5 colpi di pistola, nessuno letale. Pac accusa deliberatamente dell’attentato Notorius B.I.G., dell’East Coast, in origine suo amico. Da allora, nulla sarà più come prima. Tra intimidazioni e spari, emblematica è la canzone di Tupac “Hit’Em Up”, dove il rapper afferma di aver fatto sesso con la compagna di B.I.G. e, in un verso, annuncia “y’all niggas getting killed”, verrete tutti uccisi. E ogni promessa è debito. Durante una cerimonia a Miami si sfiora la tragedia quando durante una colluttazione tra i rapper delle due fazioni vengono tirate fuori armi da fuoco che, per fortuna, quella sera non spareranno alcun colpo. Ma la polvere da sparo rimarrà bagnata ancora per poco. Il 7 settembre del ’96 è Tupac Shakur a cadere sotto i colpi sparati da una macchina in corsa dopo che l’artista, a Las Vegas, aveva assistito all’incontro tra Mike Tyson, suo caro amico, e Bruce Seldon. Tyson vincerà facile quell’incontro, ma il suo amico Tupac morirà il 13 settembre, dopo una settimana d’agonia. Il clima è incandescente, e non risparmia la East Coast. È il 9 marzo del 1997 quando Notorius B.I.G., allontanatosi da una festa chiusa per sovraffollamento dalla polizia, vede affiancarsi al suo Suv una Chevrolet Impala guidata da un elegante afroamericano, che abbassa il finestrino e crivella B.I.G. con 4 colpi al torace. Verrà dichiarato morto neanche mezz’ora dopo.
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SANGUE SENZA FINE? Quella faida fu conclusa grazie alla mediazione di un esponente religioso, Louis Farrakhan, leader della Nation of Islam, che riuscì a placare la guerra e a far incontrare le due coste, cessando il bagno di sangue. Ma il rapporto stretto tra gli artisti rap e il sub universo dei ghetti americani continua a mietere vittime. Un mix tra ambienti di vita disagiati e la commistione senza senso tra arte e violenza, che fa sì che le gang armate siano spesso sinonimo di hip-hop, ha causato più di una morte anche tra artisti che non erano ancora riusciti ad arrivare alla ribalta. Eppure una delle ultime canzoni di XXXTentacion era dedicata alle vittime del massacro di Parkland, simbolo di un’America sempre più violenta e tesa. Parole non di odio né di violenza. Ma a volte la vita ti mette di fronte scelte troppo più grandi dei tuoi vent’anni. Un filo sottile unisce Tupac, Notorius B.I.G., Jimmy Wopo e XXXTentacion: non è il talento, non è il successo. È l’età. Tutti giovanissimi, tutti stroncati nel fiore degli anni. Chi a 25, chi a 20 o a 21. Tutti troppo presto.