Il Consiglio Superiore di Sanità ha deciso: va bloccata la vendita della marijuana light, cannabis dichiarata legale e che è stata venduta finora in numerosi negozi in giro per l’Italia. A far propendere per questa scelta il Css, interpellato direttamente sulla questione dal Ministero della Sanità, sarebbe la non comprovata mancanza di effetti collaterali legata al consumo del prodotto che, dunque, potrebbe potenzialmente far male. E fin qui ci siamo tutti: qualsiasi sostanza psicoattiva può far male. Ma perché questo atteggiamento totalmente opposto nei confronti dell’infiorescenza della canapa rispetto a quello per altre e provate pericolose sostanze come alcool e tabacco? E che ne sarà adesso dei numerosi “canapa shop” che si erano estesi a macchia d’olio su tutto il territorio?
CANAPA SHOP. Da quando la marijuana light, quella che per intenderci provoca solo rilassamento e non alterazione mentale, era stata resa disponibile alla vendita libera, i “canapa shop” sono spuntati come i funghi (non allucinogeni) in tutta Italia: ad oggi sono ben 422, 70 nella sola Lombardia, con un incremento del 300% rispetto al 2005. Ad aprire queste strutture sono stati soprattutto giovani. Un incentivo importante anche per l’economia ovviamente, con un giro di posti di lavoro che ha permesso a questi imprenditori di creare occupazione. Tutto bello, almeno fino alla sentenza del Css. La componente di Thc presente nella cannabis light, infatti, seppur sia in quantità molto minori rispetto alla corrispettiva semplice, non esclude per il Consiglio una sua più o meno grande pericolosità, per cui meglio bloccarne la vendita libera. Una scelta che sembra un po’ forzata e senz’altro presa troppo frettolosamente visto che si parla di supposizioni. Oltretutto, come visto, rischiano di andare in fallimento molte piccole aziende che in questi mesi avevano prosperato sulla nuova normativa, con il risultato di creare nuova disoccupazione piuttosto che il contrario. Ma davvero è il caso di bloccare tutto per una cosa che “può essere”?
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CANADA. Se da noi si ferma tutto, oltreoceano i consumatori di cannabis hanno trovato il proprio paradiso. Il Canada ha infatti legalizzato in toto il mercato della marijuana. Chiunque vorrà consumarla, dovrà semplicemente recarsi nei punti di vendita specializzati, che non fatichiamo a credere pulluleranno nella terra dell’acero, e acquistare il tipo di infiorescenza preferita, con tanto di scheda tecnica e operatore pronto a non lesinare consigli. Quella che si vuole dunque, non solo a basso contenuto di Thc. Così i consumatori non dovranno più andare negli angoli bui delle strade a cercare spacciatori che possono vendere qualsiasi cosa trattata coi processi chimici più svariati, e rischiare nell’immediato l’incolumità fisica e, nel lungo periodo, la propria salute. Da questo ne deriva anche che la criminalità organizzata si troverà a perdere chissà quanti milioni che, invece, finiranno nelle casse dello Stato canadese. Così come accade in California dove esiste una legislazione del genere. Esempi come questi possono solo farci immaginare quanti benefici potrebbe avere il nostro Paese. Chissà quanti milioni perderebbe la camorra a Scampia e quanti giovani spacciatori potrebbero convertire la loro esperienza al servizio comune in un negozio con tutti i crismi dell’ufficialità. Chissà come potrebbero migliorare le vite degli abitanti dei quartieri disagiati di tutto lo stivale. Invece no. I nostri consumatori continueranno ad acquistare, anche indirettamente, dalla malavita organizzata, col rischio di fumare chissà quale sostanza, e le mafie continueranno a prosperare. Il tutto perché la cannabis, sia light che normale, potrebbe causare danni alla salute. Un condizionale su cui l’Italia ancora una volta si arrende a un proibizionismo anacronistico e bigotto, continuando a finanziare le mafie.