Gli ultimi dieci anni sono stati durissimi per il tenore di vita medio degli italiani. Le rilevazioni dell’Istat in termini di povertà assoluta hanno progressivamente assunto i contorni di un bollettino di guerra piuttosto che di report statistici. Dalla crisi alle politiche di austerità nazionali ed europee è stato un crescendo nel numero dei poveri assoluti, circostanze che hanno innescato una bomba sociale che potrebbe esplodere da un momento all’altro.
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LA DURA REALTÀ DEI DATI. È necessaria un’attenta e puntigliosa opera di disaggregazione dei dati per leggere correttamente i risultati dell’ultima indagine dell’Istat in tema di povertà. Dire che il numero dei poveri assoluti in Italia ha raggiunto la cifra record di 5 milioni, infatti, non basta. Bisogna saper leggere al di là dei numeri poiché dietro questi si nascondono persone, storie, tragedie, sguardi, disperazione. Il primo dato significativo è che il rischio di povertà cresce proporzionalmente ai componenti del nucleo familiare. Più è grande la famiglia, con prevalenza di figli minori, maggiore risulta il potenziale rischio di povertà assoluta. Il risultato è che in Italia vivono in povertà assoluta 1 milione e 208mila minori. Rimane poi la differenziazione geografica, l’area più colpita rimane il mezzogiorno dove è povera assoluta una persona su dieci con una concentrazione nelle grandi aree metropolitane (il 10,01%) e nei comuni con popolazione sotto i 50.000 abitanti (9,8%). I dati vanno letti anche per classi sociali e nazionalità. Dei 5 milioni di poveri assoluti, addirittura il 32% sono stranieri. Chi svolge lavori meno qualificati, come ad esempio gli operai, risulta maggiormente esposto per la poca adeguatezza dei salari rispetto al costo della vita. Tra le fasce d’età più penalizzate, invece, c’è quella dei giovani dai 18 ai 34 anni. Meglio gli anziani con età superiore ai 64 anni. Infine, il possesso di un titolo di studio elevato, come il diploma o la laurea, diminuirebbe i rischi di trovarsi in condizione di povertà assoluta.
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LE SOGLIE DI POVERTÀ. Assodata la complessità di lettura dei dati che abbiamo analizzato nel precedente paragrafo, è utile ricordare che esistono dei criteri generali in accordo ai quali i report dell’Istat sono stilati. La linea di demarcazione più significativa va tracciata tra il concetto di “povertà assoluta” e quello di “povertà relativa”. La prima fa riferimento all’incapacità per il singolo o per il nucleo familiare di procurarsi un cosiddetto “paniere” (insieme di beni e servizi) di consumo minimo. La seconda viene invece calcolata mettendo a confronto il reddito delle tipologie di soggetti o di nuclei familiari presi in considerazione con il valore del reddito medio che caratterizza lo Stato preso in esame. In Italia, ad esempio, il reddito medio per due persone preso in considerazione per calcolare la soglia di povertà relativa per la tipologia suddetta nel 2017 è risultato essere di 1.085,2 euro mensili. Sul sito dell’Istat è possibile calcolare invece la soglia di povertà assoluta differenziata per numero di componenti del nucleo familiare con annessa fascia d’età, ripartizione geografica, tipologia di Comune e anno.