Dall’economia lineare all’economia circolare il salto non è agevole. Si tratta di ripensare completamente i modelli di sviluppo economico e di crescita, allinearsi ad un ciclo di vita più biologico e meno “umano”, riusando, riciclando, riducendo. Una rivoluzione copernicana, insomma. Lo spreco di risorse, il loro depauperamento ed il loro inquinamento sono dati di fatto evidenziati da tantissimi osservatori e portati all’attenzione dei governi. Soprattutto negli ultimi anni qualcosa sembra essersi mosso. Si consideri l’esempio della Ellen Macarthur Foundation, tra le organizzazioni più attive nella promozione dei valori dell’economia circolare, delle buone pratiche create grazie a questa filosofia e degli studi accademici sull’argomento.
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DALL’USA E GETTA AGLI SCARTI COME RISORSA. Il modello di sviluppo prevalente negli ultimi due secoli di un’umanità in continua espansione demografica si è basato sull’etica del consumo, sulla predilezione dei prodotti usa e getta, su un meccanismo dove il “prendere” non è mai stato controbilanciato dal “restituire”. Gli enormi danni di questo modus vivendi sono riscontrabili, ad esempio, nelle tonnellate di plastica che inquinano i mari, nelle difficoltà legate alla gestione ed allo smaltimento dei rifiuti, negli incredibili sprechi alimentari di cui il genere umano si rende spesso protagonista. Al contrario, l’economia circolare è basata sull’auto-rigenerazione. Il concetto è quello di considerare gli scarti non come un problema bensì come una risorsa da reintrodurre nel ciclo produttivo. Un punto cruciale se lo si lega alla tendenza di chi sceglie di vivere sempre più in grandi contesti urbani. Nel giro di pochi decenni più di due terzi della popolazione vivrà nelle città. Saranno questi i nuovi teatri dove si scontreranno la logica dell’economia circolare con quella dell’economia lineare. In ossequio ai principi della prima, le città sono considerate come nuovi giacimenti urbani dai cui scarti è possibile attingere per alimentare continuamente il ciclo produttivo e ridurre la cosiddetta “impronta ecologica”. Ognuno di noi, infatti, in base alla quantità di risorse quotidianamente consumate o riutilizzate o riciclate “proietta” sul mondo una “sagoma” che è tanto più grande quanto meno virtuoso risulta essere il nostro comportamento nei confronti dell’ambiente e delle risorse che questo ci offre.
L’ARTE DEL RICICLO è importante quanto quella del riuso, nel campo dei rifiuti, ad esempio, riduce il costo dei servizi per i cittadini, consente di recuperare risorse, e previene danni irreparabili all’ecosistema. Nei casi più virtuosi di riciclo si deve parlare di “upcycle” quando lo scarto assume un valore come nuova materia superiore a quello del prodotto nella vita precedente. Punti cardine dell’economia circolare sono poi la riduzione dei consumi, a cominciare da quelli alimentari, che pompati all’inverosimile producono incredibili situazioni di spreco, ed il ritardo nella morte della materia. L’abitudine infatti a disfarci di oggetti rotti con estrema facilità quando potrebbero essere recuperati riempie l’ecosistema di materiale di scarto non riutilizzabile ed altamente inquinante, si parla a tale proposito di “obsolescenza programmata”.
L’EUROPA ACCELERA, L’ITALIA RISPONDE. Lo scorso aprile l’Ue ha voluto segnare il passo in questo ambito, sono state infatti approvate ben quattro direttive per il recupero dei materiali, la gestione degli scarti, l’inquinamento e lo spreco alimentare. Gli obiettivi dei provvedimenti sono molto ambiziosi: 600 miliardi di utili all’anno, la creazione di 140mila nuovi posti di lavoro ed un taglio di 617 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2035. Sulla gestione dei rifiuti, si punta ad abbandonare l’antiquato concetto della discarica e dei termovalorizzatori per riconvertirsi al riciclo. Diventerà obbligatorio in tutta Europa, ad esempio, come già in Italia, per i produttori di imballaggi dare vita a consorzi che si occuperanno di riciclarli. I governi degli Stati membri dovranno poi rispettare un target severo per gli sprechi alimentari: dovranno tagliarlo del 30% entro il 2025 e del 50% entro il 2030. Nessuno sconto anche in ambito di raccolta differenziata, gli obiettivi da raggiungere dovranno essere il 55% di differenziata nel 2025, il 60% nel 2030 ed il 65% nel 2035. Come già anticipato, il nostro Paese può fregiarsi di essere all’avanguardia su queste tematiche. L’Italia è al secondo posto in Europa nell’uso di materia proveniente da scarti. Sempre nel nostro Paese, l’utilizzo di prodotti di seconda mano ha permesso di risparmiare 4,5 milioni di tonnellate di gas serra. Per dare una misura, tale risparmio equivale a tutto l’inquinamento derivante dal traffico di Roma prodotto in un anno. Bene anche il settore del riciclo dell’alluminio con aziende che hanno assunto una solida leadership come Nespresso. Il nostro Paese è il primo in Europa per quantità di rottami riciclati. La richiesta delle aziende e delle associazioni che operano in questo settore alle istituzioni è quella di supportare questi sforzi con maggiori e più decisi incentivi economici che potrebbero rafforzare un trend già oltremodo positivo nel nostro Paese.