Dopo l’affaire Cristiano Ronaldo, gli occhi degli appassionati di calcio erano tutti puntati sulla dubbia sorte del Milan, tra i club più titolati al mondo ed ormai da alcuni anni al centro di calvari societari di cui non sembra intravedersi uno sbocco definitivo. Sicuramente tra chi sperava che ai rossoneri andasse male c’era la Fiorentina. Il suo allenatore Pioli si era spinto a dichiarare che «la Fiorentina merita l’Europa», manifestando un interesse reale e concreto del club gigliato alla partecipazione all’Europa League 2018/2019. Non a caso, a sentenza acquisita, il coro di sdegno levatosi da Firenze è stato unanime. Dal sindaco Nardella alla bandiera Antognoni è stato un susseguirsi di dichiarazioni impregnate di sdegno ed amarezza all’insegna del “le regole non sono uguali per tutti”.
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SENTENZA INASPETTATA. A voler essere onesti, il sentimento prevalente tra gli stessi tifosi rossoneri, fin dal primo mattino, era il pessimismo. Le recenti vicende societarie avrebbero potuto determinare una pronuncia in linea con quella dell’Uefa, ed invece tutto è stato ribaltato. Intendiamoci, il Tas ha confermato il mancato rispetto del pareggio di bilancio nei conti rossoneri, tra l’altro in un periodo dove la proprietà era ancora quella berlusconiana. Non ha però condiviso l’applicazione del principio di proporzionalità nella decisione dell’Uefa. All’Adjudicatory Chamber dell’Uefa, autorità che il 19 giugno scorso aveva colpito il Milan con durezza, è stato però rimandato il compito di rimodulare l’entità delle sanzioni, responsabilità che il Tas non ha voluto assumersi scrivendo che “l’Adjudicatory Chamber si trova in una posizione migliore, rispetto al Collegio del Tas, per irrogare una sanzione disciplinare proporzionata sulla base dell’attuale situazione finanziaria del club”. Effetto Elliot, insomma. La nuova proprietà americana ha decisamente influito nelle considerazioni del Tas sulla sproporzione delle sanzioni. Si legge infatti nel testo della sentenza: “l’attuale situazione finanziaria del club è significativamente migliorata in seguito al recente cambio di proprietà dello stesso”. Il fondo di Paul Singer ha dato quelle ampie assicurazioni che l’impalpabile finanziere cinese Yonghong Li non era mai riuscito a fornire. La soddisfazione della nuova proprietà è stata affidata ad un comunicato stampa: «Elliott è felice di aver potuto supportare il Milan davanti al Tas e che il nostro intervento abbia permesso il conseguimento di questo risultato positivo per il club. Giocare in Europa è parte del patrimonio del Milan, ed esserne esclusi sarebbe stato davvero un peccato – hanno affermato gli americani –. Ora lavoreremo duramente per ricostruire la credibilità del club con la Uefa e per dimostrare di poter conquistare nuovi successi sul campo nel pieno rispetto delle regole del Financial Fair Play della Uefa». Anche il capitano Bonucci ha suonato la carica affermando in un tweet: “Riconquistato ciò che avevamo raggiunto sul campo”. I nuovi scenari danno ossigeno anche al mercato rossonero. Il Milan, con l’Europa in tasca, avrà più facilità a trattenere i big ed a sondare il mercato per rinforzare una squadra che necessita di raggiungere obiettivi importanti per ripristinare la sua credibilità. Qui il testo integrale della sentenza del TAS.
YONGHONG LI INDAGATO PER FALSO IN BILANCIO. Se il Milan può festeggiare una sentenza che riduce la pressione intorno al club milanese, continuano ad allungarsi ombre e sospetti sull’ex presidente cinese. La giornalista Milena Gabanelli aveva già, a suo tempo, evidenziato tutti gli enormi punti interrogativi intorno all’operazione di cessione del Milan da parte dello storico presidente Silvio Berlusconi. Yonghong Li è indagato dalla Procura di Milano per l’ipotesi di reato di false comunicazioni sociali. Una fase dunque successiva all’acquisto del club e che riguarda l’utilizzo dei comunicati ufficiali per esternare una solidità finanziaria nei confronti dei creditori che in realtà non possedeva. Tuttavia i quesiti sulle fasi precedenti, sui cui continua ad indagare la guardia di finanza, rimangono tutti. Innanzitutto la provenienza dei fondi con cui Li ha acquistato il Milan. L’unica tranche realmente tracciabile è rappresentata dal prestito di 300 milioni concessogli da Elliott a cui aveva dovuto fornire in garanzia tutti i beni del club appena acquistato. I rimanenti sono transitati da paradisi fiscali come le Cayman o le Isole Vergini. Eppure gli advisor di Fininvest avevano certificato la solidità finanziaria degli asset di Li nonostante tra il 2016 ed il 2018 le holding dell’ex presidente rossonero siano state oggetto di causa da più di una banca della Cina per insolvenza e nonostante la sua cassaforte personale sia oggetto di una procedura di liquidazione per bancarotta. Come ha fatto uno sconosciuto finanziere con in mano una scatola cinese vuota e nessuna competenza in ambito sportivo a portare a termine un’operazione così complessa?
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