Undici anni fa, Jesus & Mary Chain sono tornati insieme. I concerti della reunion appena annunciati andarono subito esauriti: il primo, nel 2007, al festival di Coachella in California, registrò la partecipazione di Scarlett Johansson ai cori nel loro singolo del 1985 “Just Like Honey”. Vennero pubblicati compilation e cofanetti retrospettivi. I giornali raccontarono nei dettagli i punti salienti della loro carriera, dalle loro radici nella città di East Kilbride nel South Lanarkshire alla prima volta in cui i Jesus & Mary Chain imbracciarono le chitarre per dare alla luce “Psychocandy”, diventando subito icone cult dell’indie-rock e pionieri dello shoegaze, dal suono precoce intriso di feedback al caos e alla violenza dei loro spettacoli dal vivo, dalla inaspettata ascesa al successo di Top of the Pops, sino al declino e al disastroso concerto del 1998 a Los Angeles, concluso dopo 15 minuti con i fratelli Jim e William Reid che stavano «cercando di uccidere l’un l’altro», come raccontò Jim. Insomma, peggio di altri rissosi fratelli coltelli rock, come Liam e Noel Gallagher degli Oasis.
FRATELLI COLTELLI. «La band era di nuovo insieme e suonavamo dal vivo, ma c’era ancora… non eravamo davvero… stavamo dicendo a tutti: “Sì, è tutto fantastico ora”, ma eravamo ancora un po’ bloccati l’uno con l’altro» ammette oggi Jim Reid. A tenerli lontani caratteri completamente differenti, strascichi di un rapporto infuocato, caratterizzato da esplosioni di violenza fisica, e anche le svolte esistenziali dopo lo scioglimento della band. Da una parte William pronto a riprendere la vita come prima, a entrare in studio per registrare l’album della rinascita, dall’altra il fratello Jim, più cauto, che si era costruito una famiglia e non aveva alcuna intenzione di trascorrere troppo tempo in studio lontano dai figli piccoli. A pesare anche le dolorose sessioni del 1997 per “Munki”, l’ultimo album prima della rottura. Sembrava che la band fosse nuovamente sull’orlo di un altro scioglimento, questa volta definitivo, quando vede la luce “Damage and Joy”, album dei Jesus & Mary Chain targato 2017. «Se dovevamo andare avanti, dovevamo farlo quasi come prima della band, quando eravamo l’opposto di ciò che tutti pensano che siamo ora» dichiara Jim. «Se mi avessero chiesto quando avevo 25 anni: “Ti vedi fare questo a 55 anni?” Mi sarei messo a ridere», osserva, «ma eccomi qui».
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REUNION E NUOVO ALBUM. «Penso che abbiamo legato durante la realizzazione, in realtà», interviene William. «Penso che sia stata davvero una bella esperienza per me e Jim come fratelli. Penso che nostra madre (che è morta nel 2007, nda) sarebbe stata orgogliosa di vederci andare così d’accordo e fare cose per il nostro bene comune. Ho suonato negli studios per decenni, facendo demo e cercando di mettere insieme le mie cazzate, e sono sempre tornato alla stessa conclusione: avevo bisogno di Jim. Avevo bisogno del suo contributo, della sua voce. Non è un ragazzo effusivo. Non verrà mai da te e ti dirà che sei brillante o che sei fantastico o altro, ma il sigillo di approvazione di Jim, anche se è solo un cenno o un “Hmmm, va bene”, significa molto per me. E penso che lo stesso sia vero per lui con me. Sì, posso fare dischi senza Jim, Jim può fare dischi senza di me, ma c’è una cosa speciale che succede, e questo mi è mancato un po’». Se “Damage and Joy” non è proprio l’eco del loro sfarzo, non è nemmeno una delusione: riconoscibile come un album di Jesus & Mary Chain, non sembra un rifacimento delle loro glorie passate. In alcune occasioni, ha un effetto simile a quello dei primi singoli, non da ultimo quando in “Simian Split” si ascolta: «Ho ucciso Kurt Cobain / ho sparato al suo cervello / E sua moglie mi ha dato il farmaco». «Siamo spinti dalle stesse cose che ci hanno fatto fare musica allora» spiegano. «Nel 1985, c’era una sorta di frustrazione per lo status quo nella musica. Oggi, tutto quello che so sulla scena musicale è quando i miei figli giocano a Heart FM ed è terribile. La musica pop è terribile. Voglio dire, trovi una radio ora, accendila, e ti garantisco che verrà spazzata via. Questo mi fa arrabbiare ancora. Quindi è la stessa cosa di quello che era allora, ma più… Odio usare la parola dolcezza, ma è una specie di rabbia dolce».
L’YPSIGROCK FESTIVAL. Jesus & Mary Chain chiuderanno domenica 12 agosto la quattro giorni rock dell’Ypsigrock Festival di Castelbuono, evento unico e originale in grado di attirare l’attenzione del pubblico internazionale in uno spicchio di Sicilia autentica. Dal 1997 il festival organizzato dall’Associazione Culturale Glenn Gould si è infatti ritagliato uno spazio considerevole tra gli eventi più significativi del vecchio continente, non solo tra gli addetti ai lavori ma anche tra i tanti appassionati che, di anno in anno, giungono a migliaia per scoprire un angolo imprevedibile e inaspettato dell’Isola. Jesus & Mary Chain insieme con The Horrors, The Radio Dept., tutti in data unica in Italia, e la sorprendente Aurora, che ha scelto Ypsigrock per il suo debutto assoluto nel Belpaese, sono gli headliner della XXII edizione. Con inizio il 9 agosto, sugli stage del festival madonita ci saranno anche i Vessels, l’afrobeat di Seun Kuti & Egypt 80, gli attesi Algiers, e Bob Log III con il suo blues lo-fi. E poi ancora, in esclusiva assoluta in Italia, il talentuoso Youngr e i Confidence Man, con il loro sound immediato e travolgente. Spazio anche alla potente combinazione di post punk, indie rock e prog dei Trail of dead, all’ipnotico e colto sound degli Her, al dream pop dei Blue Hawaii, al ritorno in Italia dei Girls Names. Ci saranno anche gli Shame, una delle band rivelazione di questa prima parte di anno, la techno pop di Kelly Lee Ownes, la promettente e stilosa Ama Lou per la prima volta in Italia, il maestro Alfio Antico e Niklas Paschburg. Mentre dalla collaborazione con l’Ambasciata Canadese in Italia, nata lo scorso anno, ad Ypsigrock sbarcano i Random Recipe in rappresentanza della scena musicale del Paese dell’acero.