L’ouverture è una sorpresa. Uno pseudo rosone proiettato sullo sfondo e profumi d’incenso trasformano il teatro in una chiesa e il concerto in una sorta di rito pagano. «Profumiamo la sala per rimandare all’incenso delle chiese e offriamo ostie al pubblico, come in una sorta di comunione laica». Surreale, come nei suoi testi, Colapesce appare sul palco indossando una testa di pesce spada in cartapesta, mentre la band in tenuta talare accenna la svolta elettronica di “Infedele”. Comincia così lo spettacolo con cui Colapesce sta sbancando in tutte le città dove si ferma. Mercoledì 22 sarà di scena nella Piazza San Francesco di Castelbuono come headliner del Musaic-On festival 2018, mentre giovedì 23 sarà protagonista a Siracusa nella Piazza d’Armi del Castello Maniace di Ortigia.
UN TOUR NEL SEGNO DEL SOLD OUT. Un successo sorprendente quello dell’artista siracusano, registrato all’anagrafe di Solarino con il nome di Lorenzo Urciullo, classe 1983, visto la quasi nulla esposizione mediatica. «Neanche io mi aspettavo questo riscontro – confessa – Nelle radio commerciali le mie canzoni non vengono trasmesse, né ho fatto apparizioni televisive, eppure il mio pubblico cresce. Vuol dire che c’è un progetto solido». La parte invernale di tour scandita da numerosi sold out, un concerto in diretta radio nazionale su Rai Radio2 e, soprattutto, una sempre maggiore attenzione da parte della critica nei suoi confronti. Una fama che ha oltrepassato anche le frontiere. Le sue canzoni non sono sfuggite nemmeno ai francesi, che gli hanno dedicato una pagina intera su “Le Monde”. «L’avvenire d’Italia» ha titolato il prestigioso quotidiano francese. Che scrive: «L’unico erede tardivo di Lucio Dalla e Franco Battiato, quello che può rigenerare il devastato paesaggio della canzone transalpina». Stesse attenzioni oltre Manica. Il settimanale New Musical Express ha inserito Colapesce tra i migliori cinque progetti pop provenienti da Paesi non di lingua inglese.
«SI ABUSA DEL TERMINE “INDIE”». Il pubblico premia l’onestà e la coerenza di Colapesce. A dispetto del titolo del suo nuovo disco, “Infedele”, l’artista siciliano è tra i pochi a conservare l’indipendenza e la filosofia del movimento “indie”. «Che è un termine abusato – s’infervora Lorenzo Urciullo – oppure viene usato in maniera sbagliata. L’utilizzo a sproposito della parola “indie” ha messo in ombra chi realmente fa un tipo di scelta di indipendenza. La musica alternativa è l’anticorpo culturale di un Paese, ma in Italia è sparita. Si parla di indie per gruppi che sembrano Venditti». E la mente corre ai “radiofonici” Thegiornalisti o ai “sanremesi” Statuto Sociale. «Si arriva al paradosso che chi fa davvero indie finisce nell’ombra perché viene preso per sfigato, visto che non ce l’ha fatta» sbotta ancora Colapesce. Lui ce l’ha fatta a non lasciarsi infatuare dalle sirene del mercato discografico e dagli “eserciti dei selfie”, mantenendo la sua indipendenza e originalità, conquistandosi la stima della critica e del pubblico e riuscendo a mescolare sapientemente generi musicali come accade in “Infedele”.
LO SPETTACOLO “LIVE”. Chiunque abbia visto almeno una delle date invernali dello show di Colapesce ne è rimasto impressionato: quello della Infedele Orchestra è uno spettacolo ricco di sorprese, coinvolgente anche dal punto di vista sensoriale e che gioca esteticamente con i culti religiosi del nostro Paese. Una formula musicale fatta di sperimentazioni sonore ( “Pantalica”, “Compleanno”), un po’ di sano e intelligente pop (“Ti attraverso” e “Totale”, pubblicate come singoli), testi misurati talvolta civettuoli e malinconici (“Decadenza e Panna”), un occhio al mondo (“Maometto”, quello di Colapesce è nato a Milano) e sapore di mare (“Vasco de Gama”). Un disco nato dagli «ascolti trasversali e “infedeli”» di Lorenzo Urciullo. Che ai dischi di Lucio Battisti (periodo Pasquale Panella) e Franco Battiato, alterna Bill Evans, Wilco, Neil Young, Pink Floyd. U. S. Maple e Roberto Murolo. Che vuol essere accessibile e complesso al tempo stesso, pop e sperimentale, moderno e antico, mediterraneo e urbano, romantico e provocatore. Che mette nello stesso frullatore la canzone d’autore italiana, il fado portoghese, l’elettronica da club, il tropicalismo brasiliano, il free jazz, le colonne sonore di Umiliani, psichedelia e ballate. C’è tutto questo nello spettacolo «teatrale, ma con al centro la musica», che Colapesce porta in giro per l’Italia. Senza dimenticare i suoi precedenti lavori, assurti ormai a classici: “Satellite”, “Reale” e “Egomostro” coincidono anche con i momenti di maggior coinvolgimento del pubblico, chiamato a interagire nei ritornelli romantici ma disillusi.
«TROPPA IGNORANZA TRA I POLITICI». Tra i brani pop c’è “Totale”, inizialmente scritta per Luca Carboni. «L’idea di poter gridare da un palco “Se ho un disco da poter cantare mi sento totale” era un pensiero liberatorio» sorride Colapesce. E così l’ha tenuta per sé. Anche perché l’augurio “torneremo felici” è rivolto «a noi siciliani». «Siamo pessimisti cosmici, sembriamo circondati da un alone scuro. E’ un malessere che abbiamo dentro, è radicato in ognuno di noi. Questo è un periodo di cambiamento della mia vita, non so se positivo o negativo. In generale, il cambiamento porta in sé qualche brandello di positività. Quindi sì, magari torneremo felici. È un auspicio». Anche se con poca convinzione. «Confrontandomi con centinaia di giovani, ho capito che sono moltissimi nelle mie stesse condizioni: disillusi, preoccupati, distaccati. Tra i politici c’è in giro troppa ignoranza e incompetenza e un uso distorto dei social». Ad aprire il concerto di Siracusa saranno Tropea e poi Enrico Lanza, in arte Mapuche, del quale Colapesce ha prodotto l’album “L’uomo nudo”. Superospite della serata al Castello Maniace di Ortigia, Andrea Appino, cantautore, chitarrista e produttore, più conosciuto come frontman del gruppo toscano Zen Circus. Sul palco, ad accompagnare l’artista siracusano, l’Infedele Orchestra con l’amico fidato Mario Conte, il talento cristallino e imprevedibile di Adele Nigro (meglio conosciuta come Any Other), il drumming chirurgico di Giannicola Maccarinelli (aka Bonito Belissimo dei Joy Cut), il tocco suadente di Andrea Gobbi al basso e il sax impazzito di Gaetano Santoro.