Tutti ricorderemo per sempre quella voce che grida «Oh mio Dio» mentre il cellulare filma gli attimi della tragedia: la pioggia torrenziale, un boato, una nuvola di polvere. Il Ponte Morandi non c’è più. Non ci sono più le macchine, i camion e le persone che alle 11.36 del 14 agosto vi transitavano sopra. 43 le vittime, 16 i feriti e un lungo elenco di storie e coincidenze. Come quella del conducente del camion della Basko che si è fermato a pochi metri dall’abisso. O quella sfortunata del ragazzo francese che aveva accettato all’ultimo un posto in auto per andare ad un concerto senza mai raggiungere la destinazione. Poi le sirene, i mezzi di soccorso e gli eroi che scavano tra le macerie. I funerali, gli sfollati, i problemi alla viabilità. Sono i giorni della disperazione, ma anche del rancore. Il rimpallo di responsabilità, le accuse e gli indagati. Le polemiche su come ricostruire e su chi dovrà ricostruire. È passato già un mese, ma sono ancora tante le cose da rimettere al proprio posto prima che tutta questa storia possa diventare solo un triste ricordo per Genova e una pagina tragica della Storia italiana.
IL SILENZIO, LE LACRIME, IL RICORDO. Un mese dopo il crollo del ponte Morandi, Genova si ferma per rendere omaggio alle 43 persone morte nella tragedia. Alle 11.36 i negozi hanno abbassato le saracinesche, taxi e bus hanno spento i motori, la gente in strada si è fermata in raccoglimento. Ad alcune centinaia di metri dalla zona rossa, sul ponte Renata Bianchi, c’è stata la commemorazione con i familiari di alcune delle vittime. Nessuno ha voglia di parlare. Nessuno vuole raccontare di quel 14 agosto quando il ponte Morandi ha ceduto, ha spezzato vite umane, ha cambiato la città. «Genova non attende auguri o rassicurazioni ma la concretezza delle scelte e dei comportamenti», scrive il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un intervento sulla Stampa. «Ricostruire è un dovere. Ritrovare la normalità, una speranza che va resa concreta». Oggi è anche il giorno degli interrogatori davanti ai pm per alcuni indagati. Sono in tutto venti. Ci sono vertici e tecnici di Autostrade per l’Italia, la stessa società, dirigenti del ministero delle Infrastrutture. Le accuse sono omicidio colposo plurimo, l’omicidio stradale e il disastro colposo. Sapevano del rischio, accusano i magistrati, non sono intervenuti per evitare il disastro e le manutenzioni erano carenti.
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RICOSTRUZIONE. Intanto, il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al decreto “urgenze” per Genova. Il provvedimento contiene agevolazioni fiscali per le imprese e misure per favorire la viabilità, ma non scioglie i due grandi quesiti riguardanti Genova: chi sarà il commissario per la ricostruzione e chi costruirà il nuovo ponte. «Ci sarà un commissario straordinario ad hoc – ha spiegato il premier Conte – che avrà ampi poteri di procedere e di disporre, e consentire a Genova di avere un ponte più bello, più nuovo e un rilancio della sua immagine. Il nome non c’è. Ci riserviamo di farlo in futuro, sarà indicato con un decreto del Presidente del Consiglio». È tempo di ripartire. Genova vuole il suo riscatto. Rivuole presto un ponte, un collegamento sicuro tra le due parti della città. Rivuole anche quel simbolo, costruito negli anni del boom economico, che volente o nolente era la sua identità. Sia che si tratti di un nuovo capolavoro d’ingegneria, come quello disegnato da Renzo Piano, o di un semplice manufatto infrastrutturale.