Al di là se erano 70 mila come dicono gli organizzatori o 50 mila come dicono in questura, sicuramente non erano i «quattro gatti» pronosticati da Salvini. Il Pd ha chiamato e il suo popolo ha risposto numeroso. Una manifestazione, quella di Roma, contro il governo Lega-M5s, contro la «deriva venezuelana» (come twittato da Renzi), contro le scelte fatte sui diritti e in economia. «Serve un nuovo Pd per una nuova sinistra», ha detto il segretario Maurizio Martina. Un’opposizione che tenta di ritrovarsi unita nonostante le divisioni degli ultimi tempi. «Dobbiamo riscoprire l’ebbrezza del noi», ha affermato Nicola Zingaretti, e «chiunque vinca il congresso dovrà essere sostenuto da tutti» ha aggiunto Matteo Renzi. Mentre in piazza del Popolo si alzava un coro ad una voce sola: «Unità, unità!». Un prerequisito essenziale per opporsi a un governo che da Martina a Renzi, da Calenda a Zingaretti hanno tutti definito «pericoloso».
LE TANTE VOCI DEL PD. «A qualcuno piacciono i balconi, a noi piace la piazza aperta e di tutti. Ma serve una svolta, perché contro questa destra non basta quello che siamo stati finora», ha detto Martina, facendo anche autocritica sul risultato elettorale: «Da questa piazza io voglio dire a tanti elettori del centrosinistra che il 4 marzo non ci hanno votato: abbiamo capito. Adesso, però, ci date una mano perché l’Italia non può andare a sbattere per colpa di questi che governano in modo folle. Abbiamo capito la lezione, voltiamo pagina, guardiamo avanti. L’antidoto a tutto questo siete voi. Questa è la piazza del risveglio democratico, è la piazza della speranza, del cambiamento, della fiducia, dell’orgoglio, del futuro». Dello stesso avviso anche l’ex premier Renzi: «È giusto stare in piazza contro questo governo. Questi incompetenti mettono a rischio l’economia. Evitiamo il fuoco amico anche perché mettersi a litigare quando gli altri fanno le cose che fanno, è francamente incomprensibile. La linea del governo ci porta dritti in Venezuela». Anche il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, l’unico candidato alla segreteria del Pd è in piazza: «Noi abbiamo perso, inutile girarci intorno, ma non perché abbiamo comunicato male, ma perché il paese ha percepito la distanza siderale dalla loro condizione di vita. Questo non vuol dire arrendersi e scioglierci, ma aprire un processo di ricostruzione della dignità della sinistra. E questo è l’obiettivo primario del congresso». Posizioni abbastanza vicine che lasciano ben sperare il popolo del Pd. «Sono 25 anni che non vado ad una manifestazione. È importante essere qui e far sentire la nostra voce contro il governo. Il primo compito di un governo è mantenere in ordine il Paese e non solo i conti, e il governo non lo sta facendo. I populismi quando sono basati sulle menzogne poi si sciolgono presto, per questo è importante far sentire la nostra voce», ha detto Calenda.
IL FUTURO DEI DEM. Se doveva essere un laboratorio per capire se nel Pd ci sono uno o due partiti, un solo destino oppure due, Renzi e Zingaretti ad esempio, il responso per il momento è solo rinviato. Dobbiamo aspettare la convention del 6 e7 ottobre in cui il governatore del Lazio lancerà la sua candidatura alla segreteria, la Leopolda del 19-21 ottobre, il forum Martina del 27 e 28 ottobre quando il segretario indicherà l’avvio del congresso e la data delle primarie. Quel che è certo è che la manifestazione di piazza del Popolo è stata una pausa da liti, veleni, rancori, personalismi che fino a ieri sembravano insuperabili. Una giornata in cui, per una volta, chi stava sul palco diceva le stesse cose di stava sotto, in cui non si sono lanciate accuse o frecciatine. Da registrare l’abbraccio tra Renzi e Gentiloni e tra Martina e Renzi. Solo i prossimi appuntamenti diranno se si è trattato di una parentesi lunga un giorno.