Non si parlerà di congresso ma del futuro dell’Italia. Un futuro che per l’ex premier Matteo Renzi passa dal progetto dei “comitati civici di resistenza”. A Firenze ha preso il via la nuova edizione della Leopolda, la nona (e il sottotitolo è appunto “La prova del nove”), con la presentazione della contro-manovra economica dei dem. La convention, ideata nel 2010 dall’allora sindaco di Firenze, Matteo Renzi, e dal consigliere regionale della Lombardia, Pippo Civati, negli anni si è trasformata. Da laboratorio di idee del Pd è diventata sempre di più palcoscenico dell’area renziana, subendo la parabola discendente dell’ex premier che quest’anno arriva all’appuntamento fiorentino dopo la disfatta elettorale del 4 marzo con uno slogan che suona come un programma: “Ritorno al futuro”. Cinquanta saranno i tavoli di proposte e discussioni. Ampio spazio è dedicato ai giovani, con una scarsa partecipazione dei big della politica. Tra questi, però, ci sarà Marco Minniti, da poco sceso in campo per la corsa alla segreteria.
I COMITATI CIVICI. Novità della Leopolda numero 9, il lancio dei Comitati civici, uno strumento di «resistenza civile», che dovrebbe dare voce alla «gente che lavora, che risparmia, che vuol bene all’Italia». I comitati civici pensati da Renzi sono mutuati dal modello della politica americana, dove l’impegno parte dai quartieri e coinvolge i simpatizzanti, diventando poi una rete elettorale che spinge i candidati nelle primarie e alle elezioni. In Italia si erano visti anche con il primo Prodi. E non è un caso che Renzi abbia iniziato la sua carriera politica nella prima metà degli anni Novanta proprio impegnandosi in uno di quei comitati. L’idea del senatore dem è quella di costruire un network civico, con coordinatori regionali, rappresentanti non parlamentari, che avranno il compito di andare oltre al Pd. Il piano sarebbe quello di spendere poi quella rete alle Europee con una lista.
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LA STORIA DELLA LEOPOLDA. L’edizione di quest’anno sarà la “prova del nove” dopo il risultato delle elezioni politiche del 4 marzo. Ora come allora tirava l’aria del cambiamento. Nel 2010 il Pd usciva indebolito da anni di lotta contro Silvio Berlusconi. Buona parte dell’elettorato riformista cercava una nuova classe dirigente così, Matteo Renzi, all’epoca sindaco di Firenze, e Pippo Civati, consigliere regionale della Lombardia, organizzarono la prima convention nazionale, quella dei rottamatori 2.0. Il progetto dei due, considerati ai tempi degli autentici outsider, era di mandare in pensione il vecchio Pd e di rivoluzionare il Paese con politiche e volti nuovi. Per farlo, inaugurarono la Leopolda: una sala con tavoli tematici in cui chiunque poteva proporre nuove idee per l’Italia e un palco ad accesso libero da cui si poteva comunicare la propria visione di Paese. Lo slogan di quella prima edizione era già un programma: «Prossima fermata: Italia». Dal primo appuntamento del 2010 ad oggi tante cose sono cambiate. Renzi è diventato segretario del Pd, ha “soffiato” la poltrona di capo del governo al compagno di partito Enrico Letta, ha portato il Pd al famoso 40% delle elezioni europee del 2014. Sembrava un treno inarrestabile, sul quale tanti, tantissimi sono saliti. Un treno che però è deragliato il 4 dicembre 2016, con il netto ‘no’ alla riforma costituzionale, e che è andato a schiantarsi il 4 marzo scorso con la débâcle alle politiche.