Lavatrici che smettono di girare all’improvviso. Orologi che hanno (letteralmente) le ore contate. Televisori, phon e frullatori che non funzionano più. Per non parlare dei cellulari. Semplici difetti dovuti all’usura? Per qualcuno si tratta di obsolescenza programmata. In economia industriale è una strategia volta a definire il ciclo vitale di un prodotto in modo da limitarne la durata a un periodo prefissato. Ovvero la “data di scadenza” assegnata a prodotti più o meno tecnologici in maniera da costringere i consumatori all’acquisto di un nuovo modello. È quello che hanno fatto Apple e Samsung imponendo di scaricare «aggiornamenti software per rendere vecchi i loro smartphone».
ANTITRUST MULTA APPLE E SAMSUNG. L’obsolescenza programmata, presunta o vera che sia, è costata cara a Apple a Samsung: l’Antitrust ha elevato alle due aziende tech multe rispettive di 10 e 5 milioni. «Ad esito di due complesse istruttorie – recita la nota ufficiale dell’autorità – l’Agcm ha accertato che le società del gruppo Apple e del gruppo Samsung hanno realizzato pratiche commerciali scorrette in violazione degli articoli 20, 21, 22 e 24 del Codice del Consumo in relazione al rilascio di alcuni aggiornamenti del firmware dei cellulari che hanno provocato gravi disfunzioni e ridotto in modo significativo le prestazioni, in tal modo accelerando il processo di sostituzione degli stessi». Le due società, secondo l’Authority, avrebbero «indotto i consumatori a installare aggiornamenti su dispositivi non in grado di supportarli adeguatamente, senza fornire adeguate informazioni, né alcun mezzo di ripristino delle originarie funzionalità dei prodotti».
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I CASI CHE HANNO FATTO LA STORIA. In passato accadde per la prima volta con la lampadina a incandescenza: era il 1923 e le principali aziende produttrici (tra cui Osram, Philips, General Electric) si misero d’accordo per far durare la luce non più di mille ore, riducendo le 2500 cui erano abituati i consumatori. Quello standard internazionale stabilito dal “cartello Phoebus” segnò la storia della tecnica voluta dalle aziende per ridurre deliberatamente la durata di funzionamento di un prodotto, garantendosi il ricambio con oggetti di ultima generazione. Un effetto che il consumismo ha visto crescere in molti settori, oltre all’elettronica, dalla moda alle automobili. In quegli stessi anni, il nylon si stava sostituendo alla seta per la produzione delle calze da donna, proprio grazie alla resistenza del materiale, ma la stessa azienda si trovò “costretta” a indebolire la fibra per assicurarsi le vendite. Già nel 1933 l’obsolescenza programmata fu persino oggetto di una proposta di legge da parte dell’immobiliarista americano Bernard London come ricetta per uscire dalla Depressione e incentivare i consumi. Quale modo migliore della sostituzione obbligata dei beni per far ripartire la crescita? A ben vedere oggi il funzionamento del mercato non differisce molto da un ipotetico scenario regolato da una legge sull’obsolescenza. Ed è quello che succede con le automobili, elettrodomestici, computer, cellulari.
COSA DICE LA LEGGE. Contro la pratica dell’obsolescenza programmata recentemente si sono pronunciate sia le istituzioni europee, sia i governi nazionali. La Commissione europea, ha emanato, per esempio, la direttiva sull’ecodesign, recepita in Italia nel 2016, che chiede ai produttori di implementare le strategie di eco progettazione con azioni che favoriscono l’aumento della vita media dei prodotti e ne facilitino le operazioni di riparazione, permettendo anche l’aggiornamento tecnico. Proprio grazie alla legge del 2016, Apple è finita nel mirino della giustizia francese per “truffa” e “obsolescenza programmata” per avere ridotto deliberatamente la durata dei suoi iPhone. Più recentemente, inoltre, l’Europarlamento ha approvato una mozione contro l’obsolescenza programmata, invitando la Commissione europea ad adottare misure contro questa pratica che non danneggia solo i consumatori ma anche l’ambiente.