Alluvioni e trombe d’aria, esondazioni e allagamenti, bombe d’acqua e mareggiate. Il quadro del maltempo che ha messo in ginocchio il territorio italiano è sconfortante ma non inatteso. In questi giorni, in particolare, è emergenza in tutta Italia: dalla Liguria alla Calabria, dal Friuli al Lazio, dal Piemonte alla Sicilia. Le immagini raccontano di frane, strade crollate, alberi caduti, tetti scoperchiati, moli spazzati via. Gli effetti sul territorio delle forti piogge e di altri fenomeni meteorologici estremi erano prevedibili. Secondo l’ultimo rapporto sul dissesto idrogeologico dell’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) il 91% dei comuni italiani è a rischio. Oltre 3 milioni di nuclei familiari risiedono in aree ad alta vulnerabilità e, complessivamente, sono oltre 7 milioni le persone che abitano in territori vulnerabili.
TERRITORIO A RISCHIO. Aumenta la superficie potenzialmente soggetta a frane (+2,9%) e quella potenzialmente soggetta ad allagamenti (+4%). Complessivamente, il 16,6% del territorio nazionale è mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni (50 mila km2). Quasi il 4% degli edifici italiani (oltre 550 mila) si trova in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata e più del 9% (oltre 1 milione) in zone alluvionabili. La situazione non migliora attraverso un’analisi a carattere regionale. In nove regioni italiane (Valle D’Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e Calabria), infatti, il 100% dei comuni è a rischio. L’Abruzzo, il Lazio, il Piemonte, la Campania, la Sicilia hanno, poi, percentuali di comuni a rischio tra il 90% e il 100%.
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ALLUVIONI. Come ricorda il rapporto, «le aree a pericolosità idraulica elevata in Italia risultano pari a 12.405 chilometri quadrati, le aree a pericolosità media ammontano a 25.398 chilometri quadrati, quelle a pericolosità bassa a 32.961 chilometri quadrati». Per comprendere meglio questi numeri bisogna confrontarli con quelli di suolo consumato, che misurano quanto intensa è stata l’azione umana di copertura del terreno con costruzioni artificiali. E più in dettaglio cercare di trovare i comuni in cui si è costruito di più nelle aree a pericolo elevato di alluvioni con possibili conseguenze facili da immaginare. Intanto, sempre consultando il rapporto, sappiamo che poco più di due milioni di italiani sono esposti allo scenario di maggior rischio, e altri 6,1 a quello medio. A questi vanno aggiunti circa mezzo milione di edifici, 200mila aziende e 14mila beni culturali tutti identificati in aree dove grandi alluvioni sono più frequenti. Navigando fra i numeri dei comuni con la maggior fetta di suolo consumato a rischio alluvione, ne troviamo alcuni in cui quel valore arriva al 100%: a significare che tutto il territorio esposto al maggior rischio idraulico è stato edificato. Fra quelli che superano il 90% diversi sono al nord, in particolare in Lombardia. Rispetto al 2012, che è il primo anno per cui l’Ispra ha messo a disposizione dati dettagliati, la Campania e poi la Toscana appaiono le regioni in cui l’uso di suolo a rischio idraulico è cresciuto di più. La prima regione ospita anche il singolo comune con il maggior aumento, Sessa Aurunca in provincia di Caserta, luogo in cui nel 2017 risultano 19 ettari in più rispetto a cinque anni prima.