Settembre nero per il mercato del lavoro. Secondo i dati diffusi dall’Istat il tasso di disoccupazione è risalito al 10,1%. Le persone in cerca di lavoro sono 2.613.000, in aumento di 81 mila unità (+3,2%) rispetto ad agosto. Male anche il dato sui giovani: la disoccupazione giovanile risale al 31,6%, in aumento di 0,2 punto percentuali rispetto al mese precedente. Colpisce poi il dato sugli occupati, diminuiti di 34 mila unità su agosto (-0,1%). Un calo concentrato soprattutto sui dipendenti permanenti (-77 mila) mentre aumentano gli occupati a termine (+27 mila) e i cosiddetti indipendenti, cioè imprenditori, liberi professionisti, lavoratori autonomi (+16 mila). Dati che stridono con la domanda da parte del mondo del lavoro. Attualmente il 33% delle professionalità richieste è introvabile.
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DISOCCUPAZIONE IN CRESCITA. Peggiora lievemente anche il dato sul tasso di occupazione, cioè il numero di persone con un impiego sul totale della popolazione. Un dato che posiziona tradizionalmente il nostro Paese tra i posti più bassi dell’Unione europea. Dopo essere salito lo scorso mese il dato è tornato a scendere al 58,8%. Il dato è particolarmente preoccupante se si guarda alle donne: il tasso di occupazione femminile si attesta al 49,6% (in calo dello 0,1% rispetto ad agosto). Al di là delle singole variazioni mensile, a livello più generale si conferma il trend di diminuzione dei posti di lavoro stabili, scesi di 184 mila unità, e il balzo degli occupati a termine, saliti in un anno di 368 mila, e ormai stabili sopra quota 3 milioni. Guardando al dato per classi di età gli occupati calano sensibilmente nella fascia 35-49 anni (-55 mila) e solo molto più lievemente in quella 25-34 (-7 mila). In aumento invece la fascia 15-24 (+6 mila) e quella degli over 50 (+22 mila).
IL PARADOSSO DELL’ITALIA. Nei prossimi 5 anni le imprese italiane sono pronte a offrire un posto di lavoro a 469mila tecnici, ma l’offerta formativa non sarà in grado di soddisfare la richiesta del mondo industriale. La conseguenza è che i posti restano vuoti. Da qui al 2022 quasi la metà dei periti under 29 sarà di difficile reperimento. Il problema penalizza non solo il tessuto produttivo e i territori, ma anche le famiglie e gli studenti. All’appello mancano meccanici, montatori, riparatori, costruttori di utensili, elettronici, elettrotecnici, specialisti di cuoio, calzature e costruzioni. Tra i laureati mancano ingegneri industriali e dell’Ict. È la fotografia scattata da Confindustria su dati Unioncamere e Anpal. Serve intervenire immediatamente sull’istruzione con l’orientamento e un dialogo tra insegnanti, imprese e territori. Premi e incentivi per gli istituti tecnici che fanno placement e riescono a occupare gli studenti. C’è un sistema formativo che fatica a dialogare col mondo del lavoro. Il nodo è anche la formazione terziaria professionalizzante. In Italia l’1% degli studenti frequenta gli Its, contro una media del 14% dei Paesi Ocse.