Alcuni giornali riportano che stava per rivelare alcune informazioni sulla guerra in Yemen, altri che la Gran Bretagna conosceva il piano saudita per rapirlo. Continuano le speculazioni sulla tragica fine di Jamal Khashoggi, il giornalista saudita che un mese fa è entrato nel consolato del suo Paese a Istanbul senza più uscirne. Morto in circostanze ancora tutte da chiarire ma ormai è certo il coinvolgimento del regime di Riad e del principe ereditario Mohammed bin Salman. L’ipotesi più accreditata è che Khashoggi sia stato strangolato e il suo corpo distrutto. Ma un funzionario turco che ha parlato col Washington Post chiedendo di rimanere anonimo ha aggiunto un ulteriore elemento: le autorità turche stanno indagando la possibilità che Khashoggi sia stato fatto a pezzi e sciolto nell’acido all’interno del consolato saudita oppure nella residenza del console, poco distante.
NUOVE ACCUSE DALLA TURCHIA. La teoria dell’acido è sostenuta anche dal consigliere del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, Yasin Aktay: «L’unica conclusione logica, a un mese dall’omicidio nel consolato saudita di Istanbul, è che il corpo di Jamal Khashoggi sia stato sciolto nell’acido per non lasciare alcuna traccia. Secondo le ultime informazioni che abbiamo – ha continuato Aktay – il motivo per cui hanno smembrato il suo corpo era per dissolvere i resti più facilmente. Ora ci rendiamo conto che non solo lo hanno smembrato, ma lo hanno anche dissolto». Le parole del consigliere del presidente turco sono l’ennesimo attacco di Istanbul a Riad e al principe ereditario Mohammed Bin Salman: l’erede al trono è accusato dai turchi di essere stato a conoscenza, se non di aver direttamente ordinato, della morte del giornalista saudita. Almeno due volte Erdogan ha chiesto ufficialmente ai sauditi di indicare il luogo dove il corpo è stato portato: la domanda finora non ha ottenuto risposta.
LE VERSIONI. L’Arabia Saudita ha cambiato molte versioni sulla scomparsa di Khashoggi: prima aveva detto che il reporter era uscito dal consolato regolarmente, poi dopo molti giorni aveva detto che era morto nel consolato in seguito a una rissa. Il procuratore turco Irfan Fidan parla invece di strangolamento subito dopo l’ingresso al consolato dell’Arabia Saudita il 2 ottobre scorso. «Hanno agito secondo i piani – recita la dichiarazione del procuratore turco – la vittima è stata strozzata fino alla morte. Il corpo della vittima è stato quindi sembrato e i resti sono stati trasferiti in un luogo sconosciuto». Il regime ha fatto arrestare 18 persone in Arabia Saudita in relazione al delitto e due dei più stretti collaboratori di Mohammed Bin Salman sono stati licenziati. La Turchia ha chiesto l’estradizione delle persone arrestate, ma ci sono pochissime possibilità che il regime saudita accetti questa richiesta. Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ribadisce la volontà del suo governo di andare fino in fondo alle indagini e la convinzione che i mandanti siano in cima all’establishment saudita: «Sappiamo che l’ordine è arrivato dai più alti livelli del governo saudita. Mentre continuiamo a cercare risposte, vorrei sottolineare che la Turchia e l’Arabia Saudita godono di relazioni amichevoli. Non credo per un secondo che il re Salman, il custode delle sacre moschee, abbia ordinato l’uccisione di Khashoggi. Pertanto, non ho motivo di credere che il suo omicidio rifletta la politica ufficiale del regno. In questo senso, sarebbe sbagliato considerare l’uccisione di Khashoggi come un “problema” tra due Paesi».