Amara sconfitta per il candidato del Partito Democratico statunitense Beto O’Rourke, battuto nella corsa per un seggio al Senato in Texas dall’ultraconservatore Ted Cruz. Ma quello che per molti è un insuccesso, in ogni caso di misura con il 48% delle preferenze, è visto da alcuni come un trampolino di lancio per la Casa Bianca: l’astro nascente dei democratici potrebbe essere la carta vincente del partito alle prossime elezioni presidenziali nel 2020. La competizione fra Cruz e O’Rourke è stata la più seguita nelle settimane che hanno preceduto le elezioni americane di metà mandato. Benché il Texas sia uno stato molto conservatore, e Cruz uno dei senatori più famosi e influenti d’America, O’Rourke si era avvicinato moltissimo nei sondaggi, generando grande entusiasmo e facendo sperare in un risultato che sarebbe stato storico. Non è successo, ma questo certo non gli impedisce di correre per la presidenza degli Stati Uniti.
LEGGI ANCHE: L’America divisa in due: la Camera ai democratici e il Senato ai Repubblicani
CANDIDATO ALLA CASA BIANCA? Una prospettiva che lui in un primo momento aveva negato: alla vigilia delle elezioni di Midterm aveva assicurato che in caso di conquista di un seggio al Senato avrebbe mantenuto l’incarico per sei anni, ignorando le molte voci che già lo volevano lanciato verso la candidatura democratica alla Casa Bianca. Ma a lasciare aperto uno spiraglio è stato il discorso tenuto nella sua El Paso con il quale ha riconosciuto la sconfitta contro Cruz: «Sono ispirato e fiducioso come mai prima nella mia vita, la sconfitta di oggi non cambia nulla e non sminuisce il mio modo di pensare e agire per il Texas e il Paese». Ha poi esortato i suoi elettori a mettere da parte le divisioni, in un momento in cui «il Paese è polarizzato come non mai», e a lavorare insieme. E ha concluso con un «ci rivedremo lungo la strada». Una dichiarazione, quella del quarantaseienne tre volte deputato, che potrebbe confermare l’intenzione di puntare alto: fino alle primarie democratiche per la Casa Bianca nel 2020.
CHI È O’ROURKE. L’astro nascente dei democratici statunitensi risponde al nome di Robert Francis O’Rourke, classe 1976, nato a El Paso, in Texas. O’Rourke fin da piccolo si fa chiamare Beto, un nomignolo comune tra la comunità ispanica, estremamente rappresentata a El Paso tanto che il suo avversario lo ha accusato di aver cambiato il nome per conquistare l’elettorato ispanico. Prima di dedicarsi alla politica era il proprietario di una piccola azienda di software. Ma non solo. Il passato di Beto è affascinante e turbolento: da giovane era appassionato di skateboard e musicista in un gruppo punk-rock, il che gli è valso molte critiche da parte degli avversari. Ma lui è sempre riuscito a farne un punto di forza. Anche quando i repubblicani hanno pubblicato una foto che ritrae O’Rourke nel 1998, dopo un arresto per guida in stato di ubriachezza. All’epoca, il democratico aveva 26 anni e aveva appena provocato un incidente, tentando di darsi alla fuga. La sua scelta è stata di non nascondere neppure questo episodio, ritenuto scabroso soprattutto dall’America più puritana. Dopo aver fondato una società con alcuni amici che si occupava di informatica, dal 2005 inizia a occuparsi attivamente di politica. Prima al consiglio comunale di El Paso, riuscendo poi ad arrivare nel 2012 alla camera dei Deputati. L’anno scorso il grande salto, la candidatura al Senato in uno Stato roccaforte dei repubblicani, per un seggio che i democratici non riescono a conquistare da oltre venticinque anni. Una campagna sul territorio che l’ha portato a fare comizi in tutte le 254 contee dello Stato accompagnata da una accurata comunicazione attraverso i social. E le sue idee cominciano a diffondersi: O’Rourke crede in sistema sanitario universale capace di coprire tutti gli americani, accusa la Casa Bianca di aver fatto un grande regalo ai miliardari con tagli ingenti alle loro tasse, sponsorizza una riforma dell’immigrazione e del sistema giudiziario. Beto ha spiegato di essere contro il muro che il presidente Donald Trump ha detto di voler costruire al confine con il Messico, ha criticato anche l’iniziativa di mandare la Guardia Nazionale lungo la frontiera, e difende il programma voluto da Obama che protegge dalla deportazione gli immigrati illegali arrivati negli Usa da bambini.