La Storia non si ripete anche se, come sottolineava Mark Twain, qualche volta fa rima con se stessa. Oggi sono molto più forti le differenze che non le similitudini con l’Europa di un secolo fa. Basti pensare che allora si usciva dalla più sanguinosa delle guerre, mentre oggi l’Europa ha alle spalle oltre settant’anni di pace. Eppure il richiamo al nazionalismo è molto forte. Qua e là in Europa – e l’Italia non fa eccezione – si stanno risvegliando i sentimenti di identità e appartenenza allo Stato sovrano, che si risolvono nell’autoritaria affermazione di valori trascendenti le esigenze della realtà politica e sociale dei Paesi stranieri o dell’organismo comunitario. Al congresso del Partito popolare europeo a Helsinki la cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha messo in guardia dai rischi legati a questa deriva nazionalista: «I nazionalismi portano alla guerra».
ATTENTI AI NAZIONALISMI. L’appuntamento con le elezioni per rinnovare il Parlamento europeo si avvicina e i vari gruppi stringono le fila per scegliere candidati forti. Lo sta facendo in questi giorni il Ppe a Helsinki, con 700 delegati invitati a votare tra i due candidati Manfred Weber, attuale capogruppo tedesco del Partito popolare europeo all’Europarlamento aperto ai populisti e per questo sostenuto anche da Viktor Orban, e Alexander Stubb, ex premier ed ex ministro degli Esteri della Finlandia contrario a qualsiasi forma di nazionalismo spinto. Netta la posizione della cancelliera Angela Merkel, che compatta il fronte anti-sovranisti con queste parole: «I nazionalismi portano alla guerra e non vogliamo che questo metta a repentaglio i nostri valori». Sulla stessa linea anche il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker: «È il momento di dire ‘no’ ai nazionalismi stupidi e limitati che respingono l’altro. Chi è patriota ama anche gli altri che vengono da lontano». E il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani aggiunge una nota di ottimismo dicendosi convinto che il fronte Popolare sarà in grado di battere lo schieramento populista. Nel suo intervento ha sostenuto che «i populisti li vinciamo occupando il loro spazio, dobbiamo essere noi i grandi protagonisti. Bisogna avere una vera e propria politica estera e della difesa, serve una politica europea per difendere le politiche europee, bisogna approfondire gli sforzi in questo settore».
IL RITORNO DEL NAZIONALISMO. Risvegliata dalle migrazioni di massa e inasprita dai fatti di terrorismo, la convinzione che i confini si difendano solo chiudendoli ha ripreso da alcuni anni a circolare per l’Europa e fuori, diventando un ingrediente tipico delle destre populiste e fasciste. Basta ruotare il mappamondo per vedere che oggi il nazionalismo è uno dei motivi politici più potenti del pianeta: dai paesi ex-socialisti dell’Unione Europea all’Inghilterra della Brexit, dagli Stati Uniti di Trump alla Russia di Putin, dalla Turchia di Erdoğan all’India di Narendra Modi. La formula s’è definita e arricchita nel corso della storia. Il punto di partenza è l’idea che il territorio dello Stato debba ospitare una sola nazione omogenea. Per consolidare le radici, il nazionalismo pesca nei valori e nella storia: le tradizioni, la fede, le origini. Quando i valori scarseggiano, se li inventa: la razza pura, il popolo eletto, i territori perduti. Il nemico numero uno del nazionalismo è lo straniero, l’altro. Si può trattare di un invasore che intende annetterti, come nel caso dell’Ucraina e della Crimea nei confronti della Russia. Ma si può trattare anche dell’immigrato, che arriva a , sottrarci “il lavoro”. La scena europea attuale offre ad esempio il quadro perfetto per un risveglio, perché spuntano sempre nuovi tipi di “altro” da cui mettersi al riparo. In questo momento, sono tre i nemici dichiarati del nazionalismo europeo: le nazioni “altre”, gli “invasori” stranieri (cioè gli immigrati), e gli organismi sopranazionali che sottraggono poteri alla nazione. Il primo movente spiega i separatismi e gli autonomismi. Il secondo, l’ostilità a ogni forma di migrazione. Il terzo, l’ostilità all’Unione Europea. L’uno o l’altro di questi motivi può servire a favorire aggregazioni che altrimenti sarebbero impossibili. Ma quello che preoccupa e, allo stesso tempo, unisce tutti i movimenti nazionalisti del continente è il desiderio di dissoluzione dell’Unione europea.