Son già passati tre mesi da quel 14 agosto in cui il viadotto Morandi venne giù sotto un diluvio. Tre lunghi mesi in attesa di sapere chi costruirà il nuovo ponte, come e in quanto tempo. Tre lunghissimi mesi senza che sia stato neppure varato quel decreto legge che dovrebbe consentire al commissario straordinario Marco Bucci, scelto dopo un tormentone di 51 giorni, di muovere almeno i primi passi formali. Quando ormai anche i genovesi avevano perso fiducia, protestando in più occasioni per i ritardi, sono arrivate le parole di Bucci: «Penso che prima di Natale cominceremo i lavori di demolizione dei monconi del ponte Morandi» ha detto il primo cittadino, indicando entro la fine di novembre i tempi di realizzazione del progetto da sottoporre alla Procura, in modo che questa possa includere eventuali osservazioni.
LE PROMESSE. Ma ciò che è stato finora non incoraggia all’ottimismo. Il 17 agosto, tre giorni dopo la tragedia che ha causato 43 vittime, la prima promessa di Società Autostrade: «Lavoriamo alacremente alla definizione del progetto di ricostruzione del viadotto, da completare in 5 mesi dalla piena disponibilità delle aree». A fine agosto il leghista Edoardo Rixi, viceministro delle Infrastrutture, annuncia: «Per i primi di settembre potremmo iniziare la demolizione di ciò che resta del ponte Morandi». Ai primi di settembre il governatore della Liguria Giovanni Toti sposta la data ma non di molto: «La demolizione, se tutto fila liscio, potrebbe concludersi a fine ottobre». E annuncia: «Il nuovo ponte si farà con un consorzio d’impresa tra Autostrade per l’Italia (Aspi) e Fincantieri sulla base del progetto di Renzo Piano». Segue l’offerta del gruppo dei Benetton di farsi carico della ricostruzione del Morandi «in otto mesi» e di «stanziare un fondo da 500 milioni di euro per dare indennizzi a tutti coloro che saranno costretti a lasciare le case». Offerta liquidata da Luigi Di Maio: «Lo Stato non accetta elemosine da Autostrade». Detto questo, i due vicepremier firmano una risoluzione congiunta dove il governo si impegna ad «assicurare che la ricostruzione avvenga in tempi non superiori a un anno». Cioè entro il 4 settembre 2019. Poi salta fuori che le prescelte Fincantieri e Italferr «non hanno le Attestazioni Soa» necessarie nel nostro codice degli appalti «per certificare la capacità di realizzare opere pubbliche». E a un certo punto del tira e molla sul decreto che non arriva e sul commissario che non viene nominato, Toti perde la pazienza: «La strada che mi sono permesso di suggerire è gratis e ci vogliono dagli 11 ai 15 mesi». Ed è di ieri l’annuncio di Bucci: «Il mio piano prevede che dal 15 dicembre potranno partire i lavori di demolizione. Il nuovo ponte potrà essere pronto entro la prima metà del 2020».
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IL DECRETO. Il compito di ridare a Genova una infrastruttura vitale è stato assegnato al sindaco Bucci sulla base di un decreto d’urgenza pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso 28 settembre, quindi in vigore dal giorno successivo, che in attesa di diventare legge dello Stato con la conversione al Senato, ha subito una infinità di variazioni, cambi di cifre, riscritture di articoli. Nei quaranta giorni trascorsi dalla sua nomina, annunciata lo scorso 4 ottobre, il Commissario Bucci ha lavorato in clandestinità senza poter fare nessun atto ufficiale. Non è un segreto che la Procura di Genova stia aspettando i pieni poteri e l’ufficialità del Commissariato per autorizzare il dissequestro del ponte. L’emendamento della maggioranza che non escludeva Autostrade per l’Italia almeno dalla demolizione del ponte non è ancora passato e sembra una apertura minima al coinvolgimento dell’attuale concessionario nelle varie fasi. Possibilità che avrebbe aperto ad una ricostruzione interna, senza gare d’appalto normali o semplificate. Ed era l’unico modo per fare in fretta. Ma nella nebbia di una legge che non offre alcuna soluzione per sciogliere il nodo principale, un ritorno alla normalità che appare ancora ben lontano.