L’accordo raggiunto con l’Unione Europea per evitare la procedura d’infrazione sui conti pubblici potrebbe pesare sulle tasche degli italiani. Nel caso in cui lo Stato non riesca a reperire le risorse pianificate nella manovra finanziaria potrebbero scattare a partire dal 2020 le clausole di salvaguardia sull’Iva. Il maxi-emendamento depositato al Senato ha sterilizzato quelle previste per il 2019, ma allo stesso tempo ne ha portate in dote altre che prevedono un aumento Iva da 23 miliardi per il 2020 e di 29 miliardi per il 2021 e per il 2022. Tradotto in aliquote significa che quella ridotta al 10% potrebbe arrivare al 13% nel 2020 e quella ordinaria che oggi è al 22% potrebbe arrivare al 25,2% nel 2020 e toccare la quota record del 26,5% nel 2021. Ma è anche vero, che previste fin dalla manovra firmata dal governo Berlusconi nel 2011, le clausole di salvaguardia non sono mai davvero scattate.
Il vicepremier cinquestelle e ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio ha immediatamente precisato: «In queste ore si sta giocando sul fatto che il governo ha accettato di aumentare l’Iva tra un anno o tra due: sono tutte sciocchezze. Così come non c’è stato l’aumento dell’Iva quest’anno non ci sarà l’anno prossimo. Abbiamo disinnescato le clausole per quest’anno e le disinnescheremo anche l’anno prossimo. Si tratta di clausole di salvaguardia che si attivano se non tornano i conti, ma dal nostro punto di vista i conti torneranno e disinnescheremo le clausole di salvaguardia anche nei prossimi anni. Come avevamo promesso non ci sarà nessun aumento dell’Iva né il prossimo anno, né nel 2010 e 2021». Stessa posizione quella del vicepremier Matteo Salvini che scongiura per il momento gli aumenti: «Non aumenterà l’Iva. Non l’abbiamo aumentata quest’anno e non l’aumenteremo nei prossimi anni. L’aumento dell’Iva è un altro dei “regalini” che abbiamo ereditato dai governi precedenti, come la fatturazione elettronica».
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Le clausole di salvaguardia sono state inserite per la prima volta dal Governo Berlusconi che nel 2011 aveva “promesso” all’Ue che nel caso in cui il l’Italia non avesse trovato 20 miliardi di euro tramite la spending review entro il 30 settembre 2012 sarebbe scattato un aumento dell’IVA. Da allora in ogni manovra finanziaria successiva ci sono state delle clausole di salvaguardia, parzialmente disinnescate dal Governo Monti e posticipate dal Governo Letta, per poi arrivare al Governo Renzi che riuscì a sterilizzare le clausole per il 2016 e per gli anni avvenire. Adesso sulla base dell’intesa tra Roma e Bruxelles l’aumento dell’Iva per il 2019 è stato scongiurato, ma potrebbe subire un rialzo considerevole fino ad una aliquota del 26,5%.