A due settimane dall’inizio delle proteste di piazza in Ungheria, il capo dello Stato János Áder ha firmato la legge sul lavoro ribattezzata “legge schiavitù” da sindacati e lavoratori. Il testo consente ai datori di lavoro di chiedere ai loro dipendenti di svolgere fino a 400 ore di straordinario all’anno e di ritardarne il pagamento anche per tre anni. Le proteste di migliaia di persone, che dal 12 dicembre sono scese in strada per protestare contro il provvedimento, non sono dunque bastate a fermare il governo guidato dal premier Viktor Orbán, che ha proceduto per la propria strada portando in Parlamento la bozza di legge e facendola approvare.
In poco più di due settimane il premier Viktor Orbán è riuscito a far approvare due riforme che hanno scatenato proteste di piazza in tutto il Paese. Prima quella del sistema giudiziario, che consegna i Tribunali nelle mani del potere esecutivo, poi quella sul lavoro che aumenta da 250 a 400 le ore di straordinari che le aziende possono richiedere ai dipendenti, dilatando all’infinito i tempi di pagamento. Il capo dello Stato Ader ha detto che prima della firma, «si è convinto che il livello della difesa dei lavoratori non è cambiato in conseguenza della legge». Le proteste, che domenica scorsa avevano portato in piazza 15.000 persone, non si sono mai fermate e continueranno anche nelle prossime ore, sebbene la polizia abbia tentato di scoraggiarle con cariche e lanci di gas lacrimogeni: un uso indiscriminato che era valso al governo Orbán la condanna di Amnesty International.
Secondo quanto riporta Politico sono stati più di 50, solo nell’ultima settimana, i manifestanti arrestati dalla polizia ungherese, nel tentativo di reprimere le proteste di massa in Ungheria. Anche diversi membri del parlamento dell’opposizione, che si erano recati nel quartier generale del canale televisivo statale per chiedere che le richieste dei manifestanti fossero assecondate, sono stati portati via dalle guardie di sicurezza. La polizia di Budapest ha usato spray al peperoncino per tenere a bada una folla di migliaia di giovani per lo più, e una dozzina di sindacati stanno prendendo in considerazione un’azione di sciopero. Nel frattempo la Fondazione Open di George Soros ha negato di sostenere in alcun modo le proteste.