Il governo ha posto la fiducia al Senato sul maxiemendamento che riscrive la manovra per il 2019. Dopo un lungo tira e molla il testo è uscito dalle stanze della Ragioneria dopo l’accordo con la Commissione europea che ha scongiurato la procedura di infrazione. Tra critiche dall’opposizione e confusione per le correzioni dell’ultimo minuto in Commissione Bilancio, il vicepremier pentastellato Luigi Di Maio pubblica un post su Facebook le risposte che secondo lui il governo gialloverde ha dato con le norme contenute nella manovra. «Stanno girando un po’ troppe balle di Natale sulla manovra del popolo», ha scritto il vicepremier. Dalle pensioni alla pace fiscale, dal reddito di cittadinanza alla web tax, ecco le principali novità contenute nel testo definitivo della manovra.
Per le nuove pensioni di anzianità con quota 100 le proroghe di Ape sociale e Opzione donna l’attesa si sposta al decreto di gennaio. La dote a sostegno della riforma delle pensioni, ridotta per il primo anno dopo l’intesa con Bruxelles, parte da 3,9 miliardi per poi essere aumentata di ulteriori 1,3 miliardi nel 2020 e di 1,7 miliardi l’anno successivo, per un totale di 5,6 miliardi nel 2021. Il meccanismo ormai noto è quello che consente di anticipare la pensione a chi combina il doppio requisito di 62 anni di età con 38 anni di contributi. Consentendo così un’uscita anticipata dal mondo del lavoro, che sarà al massimo di 5 anni rispetto alla pensione di vecchiaia, fissata a 67 anni di età.
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Si blocca la rivalutazione sugli assegni pensionistici. Chi riceve una pensione fino a 1.522 euro, pari quindi a tre volte il trattamento minimo, potrà continuare a contare sulla rivalutazione legata all’inflazione. Il nuovo meccanismo, invece, prevede una stretta a danno di chi percepisce assegni superiori. In particolare, sono sei le fasce di indicizzazione: per chi ha l’assegno compreso tra tre e quattro volte la minima, la rivalutazione non sarà al cento per cento bensì al 97%. La percentuale scende al 77% per le pensioni comprese tra quattro e cinque volte la minima, mentre al 52% se l’assegno è tra cinque e sei volte il livello minimo e così via. La stretta termina con una gelata al 40% se la pensione è sopra le nove volte il minimo. Questa misura porterà risparmi fino a 2,29 miliardi nel triennio 2019-2021.
In parallelo la legge di Bilancio prevede anche un taglio alle pensioni d’oro. Il taglio sarà scadenzato in relazione a quanto percepito. Sarà pari al 15% per coloro che hanno reddito compresi tra i 100 mila e i 130 mila euro l’anno lordi e arriverà fino a un massimo del 40% per quelle superiori ai 500 mila euro. Nel dettaglio è prevista una trattenuta pari al 25% per gli assegni compresi tra 130.001 e 200 mila euro l’anno lordi. Del 30% per tutti quelli compresi invece tra 200.001 e 350 mila euro e del 35% tra i 350.001 e i 500 mila euro. La misura, secondo le valutazioni degli uffici tecnici dell’Inps e dei ministeri dovrebbe portare nelle casse dello Stato un gettito di 239 milioni nel triennio compreso tra il 2019 e il 2021.
Il reddito di cittadinanza ha richiesto una lunga e travagliata gestazione. Anche in questo caso, così come per la riforma delle pensioni, sarà un decreto legge, atteso per gennaio, a dettagliare il provvedimento che connota il progetto politico del M5S. Per finanziare l’operazione ci saranno meno risorse rispetto a quanto indicato inizialmente. Il fondo per il reddito di cittadinanza e le pensioni di cittadinanza nel 2019 disporrà di circa 6 miliardi a cui andrà ad aggiungersi un ulteriore miliardo per potenziare i centri per l’impiego. La dotazione è scesa, insomma, di 2 miliardi rispetto ai 9 miliardi previsti all’esordio della legge di Bilancio. La platea destinataria del sussidio è stimata pari a 5 milioni di persone, tanti sono secondo l’Istat gli italiani che vivono una condizione di povertà «assoluta». L’erogazione del reddito avverrà, secondo il vicepremier Di Maio, a partire dal mese di marzo.
I maggiori benefici vanno ai piccoli imprenditori, i lavoratori autonomi e i professionisti, grazie alla flat tax sulle partite Iva, che estende l’attuale regime forfettario riservato ai minimi. Sui ricavi fino a 65 mila euro questi contribuenti pagheranno una tassa piatta del 15%, che assorbe anche l’Iva e i contributi, mentre sulla quota di reddito che va tra 65 e 100 mila euro, l’aliquota sale al 20%.
Della pace fiscale immaginata a settembre c’è rimasto ben poco, anche se la Legge di Bilancio rafforza il pacchetto di misure tributarie della manovra per il 2019 già varate con il decreto fiscale qualche settimana fa. Il saldo e stralcio per gli omessi versamenti era saltato all’ultimo minuto dal decreto fiscale, e adesso rientra con la Legge di Bilancio. I contribuenti con un indice di reddito equivalente Isee non superiore a 20 mila euro potranno regolarizzare il mancato pagamento delle imposte con un’aliquota super scontata e senza sanzioni e interessi. Lo sconto sulle imposte arretrate da pagare varia in funzione del reddito. Con un’Isee tra zero e 8.500 euro si può chiudere tutto pagando il 16% del dovuto, aliquota che sale al 25% se l’Isee è compreso tra 8,.500 e 15 mila euro, e al 30% per chi sta tra 15 e 20 mila euro. Sarà possibile, con questo meccanismo, regolarizzare le imposte non versate tra il 200o ed il 2017. Tra le novità dell’ultima ora l’ecotassa sulle automobili, con un sistema di bonus/malus sulle emissioni inquinanti: c’è un incentivo fino a 6 mila euro per chi acquista un’auto elettrica, e una tassa che può arrivare a 2.500 euro per chi compra un’automobile di grande cilindrata. Gli sconti raddoppiano con la rottamazione di un’auto vecchia e sono previsti anche per l’acquisto di moto e scooter elettrici. Sale anche il prelievo sulle vincite dei giochi e concorsi pubblici, e arriva anche la webtax. Un prelievo del 3% per colpire imprese con un fatturato non inferiore a 750 milioni e ricavi realizzati in Italia che non siano inferiori a 5,5 milioni. In ogni caso, non si tratta solo dei colossi tech: il provvedimento riguarda vendite online, la pubblicità e la trasmissione di dati.