Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha annunciato la sospensione, nella sua città, degli effetti del decreto sicurezza. In particolare, per quanto riguarda l’impossibilità di iscriversi all’anagrafe alla scadenza del permesso di soggiorno per motivi umanitari. «Si tratta di un provvedimento disumano e criminogeno. Non posso essere complice di una violazione palese dei diritti umani, previsti dalla Costituzione, nei confronti di persone che sono legalmente presenti sul territorio nazionale». Parole, quelle di Orlando, condivise anche da altri sindaci: Luigi De Magistris (Napoli), Dario Nardella (Firenze), Giuseppe Falcomatà (Reggio Calabria), Federico Pizzarotti (Parma).
Orlando ha inviato una nota al responsabile dell’anagrafe di Palermo per sospendere l’applicazione delle misure previste della nuova legge, in particolare per quanto riguarda le procedure per concedere la residenza a chi ha già un permesso di soggiorno, attesa di «approfondire tutti i profili giuridici anagrafici». Non è mancata la replica su Facebook la replica del padre del dl sicurezza, Matteo Salvini: «Con tutti i problemi che ci sono a Palermo, il sindaco sinistro pensa a fare disobbedienza sugli immigrati». Ma Orlando ha toccato un tasto dolente. Innescando reazioni politiche. E qualche ora dopo arriva una diretta Facebook sull’argomento: «La legge è approvata dal governo, dal Parlamento, e firmata dal presidente della Repubblica. Ricordo a questi sindaci di sinistra che il decreto Sicurezza, una legge di buon senso e civiltà, è stato approvato da governo e Parlamento, e firmato dal Presidente della Repubblica. Prima dobbiamo pensare ai milioni di Italiani poveri e disoccupati, difendendoli dai troppi reati commessi da immigrati clandestini, poi salveremo anche il resto del mondo». Poi ironizza: «Incoerenza classica degli amici di sinistra: hanno applaudito il discorso di Sergio Mattarella per la fine dell’anno, che a me è peraltro molto piaciuto, e contestano un decreto firmato e promulgato dallo stesso Presidente della Repubblica».
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Sul carro dei “disobbedienti” sono saliti altri sindaci e politici di sinistra pronti a contrastare Salvini. Il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, rivendica di aver fatto subito la scelta di sospendere il decreto: «Ho schierato la mia città dalla parte dei diritti – dice a Repubblica – noi applichiamo le leggi ordinarie solo se rispettano la Costituzione repubblicana. È obbedienza alla Carta e non disobbedienza civile. L’iscrizione all’anagrafe è fondamentale, consente alle persone di avere diritti. Sono in ballo interessi primari della persona: l’assistenza, l’asilo. Ci muoviamo in questa direzione anche per il sistema Sprar che è un’esperienza da tutelare mentre questo governo punta a riaprire centri affollati, depositi di persone che rischiano di trasformarsi in vere e proprie bombe umane». Si schiera anche il sindaco di Firenze, Dario Nardella: «Firenze non si piegherà al ricatto contenuto nel decreto sicurezza che espelle migranti richiedenti asilo e senza rimpatriarli li getta in mezzo alle strade. Ci rimboccheremo le maniche perché Firenze è città della legalità e dell’accoglienza, e quindi in modo legale troveremo una soluzione per questi migranti, fino a quando non sarà lo Stato in via definitiva a trovare quella più appropriata».
Il Pd si schiera con la mobilitazione dei sindaci. «Mi sento vicino al sindaco Orlando al suo impegno contro l’odio e capisco la sua fatica per porre rimedio a norme confuse scritte solo per l’ossessione di fare propaganda e che spesso producono caos, più diffidenza e insicurezza per tutti. Tutto sulle spalle dei territori e degli amministratori locali. Dall’odio non è mai nata la sicurezza e il benessere per le persone, ma solo macerie per i furbi e i più forti», scrive Nicola Zingaretti su Facebook. Anche Maurizio Martina si schiera contro il decreto sicurezza. «Gli effetti del decreto Salvini purtroppo sono evidenti – dice a Repubblica Martina – più insicurezza per tutti e meno gestione delle situazioni più delicate. Capisco i sindaci che per difendere i loro cittadini reagiscono a tutela delle città. Bisogna lavorare alla raccolta firme per un referendum abrogativo».
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