È stato uno degli attori feticcio di Gabriele Salvatores (era anche nel film da Oscar “Mediterraneo”) e il padrone di casa a “Zelig”. Poi è diventato l’asso pigliatutto delle commedie (sbanca-box office) formato grande schermo. Claudio Bisio non deve dimostrare niente a nessuno, è uno che di talento ne ha da vendere e ci mette la faccia. Con la sua verve comica, quella sua faccia così particolare, tira fuori i tic degli italiani e i disagi del Paese. Attento osservatore del mondo, riesce ad attualizzare e rendere fresca ogni sua esibizione. A Sanremo, dove fece un blitz nel 2013 nell’era di Fabio Fazio, potrebbe portare l’impegno sociale che lo anima sin dai tempi del liceo quando militava in Avanguardia operaia e che lo ha convinto a sostenere l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia nel 2011. Tant’è che avverte: «Vi anticipo però che il mio autore, così come avvenne quando feci la mia prima apparizione all’Ariston, sarà ancora Michele Serra (firma sarcastica di Repubblica, nda) e tutti sanno che lui se c’è da parlare di attualità non si tira indietro. Ora, qualcuno ricorderà che allora Michele scrisse per me un monologo che diceva molte cose a proposito di temi ora considerati delicati e di interesse nazionale. Per questo anziché rispondere sul “che cosa dirò”, vi invito ad andare a rivedere quel monologo».
E cosa disse in quel monologo? «Se guardate i politici è impressionante come ci somigliano: c’è l’imbroglione, il servitore di due padroni, quelli che cambiano casacca alla velocità dei “Razzi”, il professore universitario che sa tutto lui, quelli che vanno al Family Day e hanno due famiglie» esordì, puntando poi sui luoghi comuni. «Io sono cattolico ma a modo mio… se divorzi sono Casini.. sei comunista e devi mangiare i bambini, tirar su il muro di Berlino, vedere film delle Corea del nord». E poi quei negozianti che si lamentano «del governo ladro senza aver mai rilasciato uno scontrino. Peggio ancora è chi vende il proprio voto per un po’ di soldi, forse sostituire l’elettorato italiano con quello danese potrebbe essere una soluzione: finalmente si potrebbe vedere il nuovo premier dall’aria normalissima che dice cose normalissime e va in tv due e tre volte l’anno». E chiuse l’intervento sulle note de “L’italiano” di Toto Cutugno.
L’infanzia passata in zona Melchiorre Gioia, a Milano, dove si era trasferito con la famiglia provenendo da Novi Ligure (nella cittadina piemontese è nato il 19 marzo 1957). Sono gli anni in cui scorrazza con gli amici in bicicletta nel quartiere della Maggiolina, dove abitavano Adriano Celentano e Claudia Mori, che ascolta sotto la finestra mentre cantano l’ancora inedita “Siamo la coppia più bella del mondo”. «Ma non erano gli unici famosi che incontravo in quegli anni e ai quali chiedevo un autografo», ricorda l’attore. «Conservo ancora quelli di Don Backy e Gino Santercole, che attendevo fuori dal maneggio dietro alla Maggiolina».
Gli anni Settanta lo vedono al liceo («ma le scuole a quel tempo più che frequentarle le ho occupate, come ha scritto un noto critico») e poi alla facoltà di Agraria, dove sostiene 17 esami prima di mollare tutto per la civica scuola del Piccolo Teatro. «Nel 1979 convinsi i miei insegnanti a mettere in scena come saggio finale lo spettacolo “Rocky Horror Show”. Mi vide Gabriele Salvatores che stava allestendo “Sogno di una notte d’estate” per il Teatro dell’Elfo e mi chiamò. Tutto è cominciato lì». E siamo già ai suoi primi passi sul palco del Derby. Quando il film “Mediterraneo” vince l’Oscar nel 1992, Bisio ha già debuttato in tv: sono gli anni di “Striscia la notizia” e poi di “Mai dire gol”. Il curriculum si allunga. Impossibile elencare tutto. Arrivano nuovi successi: le varie edizioni di “Zelig” (prima accanto a Michelle Hunziker, poi a Vanessa Incontrada e infine a Paola Cortellesi) e il film “Benvenuti al Sud”, che supera i 29 milioni di euro e diventa uno dei film a maggiore incasso della storia del cinema made in Italy. In mezzo, all’attivo, si contano dischi e libri. Dal 2015, poi, approda al mondo dei talent show, diventando giudice di “Italia’s Got Talent”. «Da piccolo sognavo di fare il pagliaccio. E in tasca porto sempre un naso rosso per ricordarmi, quando ne ho bisogno, di quel bambino, delle sue speranze e che alla fine ce l’ha fatta».
Virginia Raffaele è stata la mina vagante del Festival 2016 targato Carlo Conti, quando la sua Carla Fracci l’ha aiutata a stracciare tutti i record di ascolti e visualizzazioni su Youtube. Due anni dopo jolly acchiappa-share al debutto di Claudio Baglioni sul palco dell’Ariston come “dittatore” artistico, con il cantante che si lancia nell’imitazione della Raffaele che imita Belén Rodriguez, un suo cavallo di battaglia. Adesso protagonista di tutte e cinque le serate festivaliere come “sorella luna” accanto a “fratello sole” Claudio Bisio per mettere un po’ di pepe sulla passerella dei Campioni in gara. Per la prima volta Virginia Raffaele esce dalla casella “imprevisti”, imboccando la strada del canonico.
Circo, teatro e infine tv: la sua carriera è in questo perimetro. Nata nel 1980 a Roma, Virginia Raffaele viene da una famiglia di circensi con tanto di nonna (Preziotti) acrobata e cavallerizza: il luna park del quartiere romano Eur fondato negli anni Cinquanta proprio dai nonni e fulcro per decenni del divertimento della capitale è stata per molti anni la casa di Virginia. Esperienza che ha segnato le sue scelte professionali successive. Dopo il diploma teatrale assaggia le assi del palcoscenico (partendo dai classici, le “Nuvole” di Aristofane), studiando danza classica e moderna. La tv prende forma grazie a Pippo Baudo – ma sono davvero tutti figli suoi? – che la chiama a “Domenica in” per fare la gag della voce meccanica, ovvero inciampi verbali voluti. La vera svolta arriva con “Mai dire Grande Fratello” (2009) della Gialappa’s. È lì che fa le sue prime imitazioni: Giusy Ferreri, ma anche Federica Rosatelli (transitata per 29 dimenticabili giorni nella casa del “Grande Fratello” 9) e Cristina Del Basso (99 giorni nella stessa casa).
Virginia Raffaele raccontava qualche tempo fa: «Io non ho mai voluto fare l’imitatrice, non amavo fare le imitazioni. Mi hanno convinto i tre della Gialappa’s». E meno male che non voleva fare le imitazioni. Le parodie della criminologa Roberta Bruzzone a “Quelli che il calcio” e di Belén Rodriguez e Ornella Vanoni nel programma di Victoria Cabello “Victor Victoria” nel 2011 hanno fatto la storia, così come quelle di Sabrina Ferilli, tra il burino e il glamour, e di Carla Fracci, snob étoile sul palco nazionalpopolare dell’Ariston, mentre Donatella Versace è il trionfo della plastica e dell’arroganza: «Sanremo è come la moda: prendi roba a caso, la metti insieme e speri vada bene».
C’è chi apprezza e chi no. In genere la politica s’offende. Al Concertone del Primo maggio le arriva il cortese invito ad evitare di disturbare Renata Polverini. Quando si mette il silicone di Nicole Minetti – che chiama tutte «amica chips» e giudica tutto «top» – c’è chi nel Pdl la definisce «inadeguata». Quando dà forma a un’eterea ed evanescente Maria Elena Boschi che riesce solo a dire una parola («concretamente»), Laura Boldrini la bolla come «sessista», seguita a ruota da Anzaldi.
La vera Virginia smorza: «Non vi fate confondere dalle maschere. Anche dietro ai personaggi, ci sono sempre io. Le mie non sono imitazioni nel vero senso della parola, sono parodie, e in quanto tali mi assumo dei rischi, reinterpreto, cambio. Aggiungo pezzi di Virginia». Spiega: «Entrare nei panni di un altro è un processo strano, c’è uno studio che parte dai tic, dal timbro della voce, dalla prossemica (lo studio dei gesti, nda), ma poi si allarga. Per riuscire a “indossare” la personalità che imito parto da un lungo ascolto e da una attenta osservazione di tutti i materiali. Presenze in tv, interviste, film. Senza giudizio personale. Subito dopo, parte il lavoro di fantasia e di istinto. Non mi limito a proporre solo un’immagine il più realistica possibile di chi sto imitando ma aggiungo una mia chiave di lettura, senza chiedermi se sia giusto o non giusto… Non credo che Ornella Vanoni abbia mai detto “abbiamo mai fatto l’amore io e te?”. Eppure mi sembra credibile e coerente con il personaggio». Perché anche nel mondo dello spettacolo c’è chi storce la bocca. La criminologa Bruzzone, dipinta come una specie di esorcista assetata di sangue, minaccia querela (mai arrivata). Ornella Vanoni, rivisitata tra gorgheggio e vaneggio, chiede vengano messi i sottotitoli altrimenti il pubblico crede che sia davvero lei quando si rivolge alla platea.
Tutti i suoi personaggi vengono riassunti nel 2017 nel primo programma tutto suo in tv, “Facciamo che io ero”, in onda su Rai2, mentre nella serie tv “Come quando fuori piove”, andata in onda sul canale Nove nel 2018, dà prova di saperci fare anche con personaggi in arrivo dalla quotidianità, non solo quelli famosi a cui ruba gestualità e parole. Dopo Sanremo, Virginia Raffaele tornerà su Rai2 con un nuovo programma, una sorta di one woman show, che dovrebbe andare in onda nella primavera 2019.