Un Baglioni ter per Sanremo? La Rai forse glielo chiederà, ma probabilmente non lo farà. È tentata di insistere, ma non ne è convinta. Prenderà del tempo per decidere. Anche Baglioni è incerto: «Non ne ho la più pallida idea». Dal blog che tiene sul sito dell’Huffingtonpost, l’ex direttore di Rai1 Giancarlo Leone lo invita a «sorprendere tutti e fare un passo indietro per primo», indicando otto buone ragioni per rifiutare il terzo mandato. Fra le quali, i record di ascolti, il ringiovanimento del pubblico, la svolta musicale, la ritrovata centralità della musica, il boom delle interazioni sui social, i nuovi primati nel digitale. Risultati forse difficilmente ripetibili. Anche se al “dirottatore” artistico qualche idea in testa già rimugina.
«Ci sono tanti discorsi da fare, tante modifiche da operare» immagina. Come la riduzione del cast degli artisti in gara da 24 a 20. «E poi questo malvezzo di estendere tutte le trasmissioni televisive per conquistare mezzo punto in più di share. Siamo ossessionati dagli ascolti. Bisognerebbe darsi una calmata. Cominciamo e finiamo prima» sostiene Baglioni. E poi la rivoluzione delle giurie. «Ci sono troppi elementi discordanti con questo sistema» commenta.
I numeri non gli danno torto: la disparità di giudizio tra il televoto (il cui peso equivaleva al 50%) e le giurie d’onore (20%) e della Sala stampa (30%) è lampante. La convergenza delle due ha di fatto invertito il risultato del televoto che aveva assegnato a Ultimo la vittoria con un netto distacco rispetto a Mahmood. Il cantautore romano ha conquistato il 48.8% delle preferenze del voto popolare da casa contro il 30.26% de Il Volo, mentre Mahmood si era fermato al 20.95%. L’italo-egiziano è risalito fino ad arrivare a vincere il Festival con il voto delle altre due giurie per appena 3 punti percentuali in più. Al conteggio finale, Mahmood ha ricevuto il 38,92% dei voti, Ultimo secondo con il 35,56% dei voti. Il Volo, con il 25,53% dei voti, sul gradino più basso del podio. Il risultato ha fatto infuriare il cantautore romano, che ha litigato con i giornalisti, fuggendo nella notte da Sanremo. Verdetto contestato anche dal vicepremier Matteo Salvini e da Maria Giovanna Maglie, giornalista in predicato di vedersi affidata la striscia informativa dopo il Tg2.
«Se il festival vuole davvero essere una manifestazione popolare, potrebbe essere giudicato solo dal televoto», interviene Claudio Baglioni. «O il risultato finale viene deciso da giurie ristrette di addetti ai lavori, certificati come tali, o questa mescolanza con il televoto rischia di essere discutibile. Si crea la situazione per cui pochi pensano in un mondo, altri in un altro, ma si bilanciano. È lo specchio della società».
I dubbi, i sospetti, le polemiche hanno sempre accompagnato i verdetti delle giurie di Sanremo. Da quelli giunti attraverso le schede del Totip, delle quali facevano incetta gli stessi artisti in gara (Pupo confessò di aver “comprato” il quarto posto nel 1984 spendendo 75 milioni di lire) alle giurie demoscopiche. Proprio per calibrare un televoto facilmente influenzabile e, in alcuni casi, forzato da call center furono istituite le giurie che negli anni hanno preso nomi diversi: di qualità, di esperti, d’onore. Poi nel 2000 fu la giuria di qualità a determinare la vittoria degli Avion Travel con “Sentimento”, sollevando polemiche. Tant’è che negli ultimi anni fu inserita la giuria della Sala stampa per fare da bilancia. L’esito del voto di quest’anno riapre il dibattito.
«Il lavoro ci sarebbe da fare e mi piacerebbe farlo…però». Baglioni resta titubante. Le luci di Sanremo si spengono. Da metà marzo il divo Claudio accenderà i riflettori del tour. «Il troppo stroppia» commenta lui: «Anche se mio padre mi diceva che fare questo lavoro è molto meglio di lavorare».