Doveva succedere ed alla fine è successo, il duopolio Dazn-Sky è impietosamente collassato su sé stesso, lasciando senza pallone centinaia di tifosi inviperiti (perché regolarmente abbonati al servizio di Sky che “dovrebbe includere” anche le partite di Dazn). Non si tratta della rottura di un accordo tra le due emittenti, ma di un errore della piattaforma di Sky (a quanto si è capito dopo un colloquio telefonico con il custode care, inutile cercare un comunicato di scuse o di chiarimenti sul sito delle due emittenti).
Secondo l’assistenza telefonica, i fatti dovrebbero essere andati così: nella fase iniziale del campionato, i tifosi erano costretti a stipulare due abbonamenti per vedere tutte le partite di serie A e B. Il primo gratuito per un mese (Dazn) per l’accesso alla piattaforma telematica, il secondo oneroso (Sky), ma non comprendente alcune partite di serie A e B concesse a Dazn. Tale duopolio (che poco è piaciuto anche all’Antitrust, seppur per motivi diversi) si è di fatto trasformato in una “convergenza”, nel momento in cui Sky e Dazn si sono accordate per la distribuzione dei contenuti della piattaforma telematica sui canali televisivi di Sky (a fronte del pagamento di un sovrapprezzo). Dunque, “tutto a posto”: con questo accordo gli abbonati di Sky pagano “un servizio supplementare” per avere esattamente lo stesso servizio dell’anno passato.
E invece no, perché gli sfortunati che avevano attivato l’abbonamento Sky+Dazn hanno anche dovuto effettuare la disdetta alla sola piattaforma telematica (non a Sky, solo a Dazn), per evitare di pagare due volte gli stessi contenuti. Fatto ciò, i tifosi hanno ritenuto di potersi legittimamente sedere davanti alle televisioni e guardare le partite. Nulla di più illusorio. Infatti, il sistema informatico di Sky ha “mal interpretato” le disdette inviate a Dazn, ritenendo erroneamente che le stesse valessero come disdetta all’abbonamento di Sky+Dazn. Di conseguenza, senza alcun preavviso, ieri sera il sistema di Sky ha “staccato la spina”. La (sinceramente triste) giustificazione telefonica di Sky è stata che per mesi gli abbonati non hanno pagato il servizio in questione, dunque, anche loro potevano “rendersi conto” di quello che stavano o non stavano “comprando” (e, quindi, di tale anomalia) ed avrebbero dovuto segnalare il fatto a Sky per tempo.
Cosa insegna questa storia? È evidente che le due società, in questa vicenda, si sono comportate in modo approssimativo ed il problema è proprio questo. In un Paese normale, l’ente concedente vigilerebbe sull’andamento della concessione, valutando i comportamenti inadempienti o irregolari dei concessionari e, se è il caso, intervenendo con sanzioni o “reprimende”. In Italia, però, questo non sembra essere possibile: non mancano gli strumenti giuridici, intendiamoci, mancano quelli di senso civico.Bisogna mettersi l’animo in pace, dunque, perché con ogni probabilità anche questo episodio verrà presto dimenticato senza lasciare strascichi ed il prossimo bando per l’assegnazione dei diritti televisivi sarà, altrettanto probabilmente, uno “spezzatino indigesto” come quello voluto dai protagonisti della vicenda narrata.