Da sempre cavallo di battaglia della Lega, la flat tax è giunta alla fase due: l’estensione dell’aliquota unica sul reddito familiare. E la maggioranza si spacca, ancora una volta. Se il Movimento 5 Stelle ha mal digerito la presa di posizione leghista sulla Tav, adesso è il baluardo della campagna elettorale di Salvini, la flat tax, a creare nuovo disagio nell’esecutivo. «Non fare facili promesse alla Berlusconi», ha detto il vicepremier Luigi Di Maio. Ad accendere il dibattito sulla “tassa piatta” è stato Armando Siri, sottosegretario alle Infrastrutture, nonché consigliere economico di Matteo Salvini, che ha annunciato: «Nella manovra economica per il 2020 il Governo vuole passare alla fase due della flat tax, quella che riguarda le famiglie».
La flat tax è il concetto chiave una riforma fiscale «caratterizzata dall’introduzione di aliquote fisse, con un sistema di deduzioni per garantire la progressività dell’imposta, in armonia con i principi costituzionali». In generale, si tratta di una misura fiscale meno complessa di quella attuale. Il principio di base è che, anziché un sistema di tassazione progressivo Irpef che si basa su aliquote e scaglioni a cui sottrarre le detrazioni per il lavoro dipendente, la tassa piatta prevede un’imposizione fiscale uguale per tutti i soggetti sotto una determinata fascia di reddito.
L’idea di una tassa piatta è sempre stata il baluardo di Silvio Berlusconi: già nel 1994, durante il suo primo Governo, l’aveva proposta con il professor Antonio Martino, allievo di Milton Friedman, premio Nobel per l’economia del 1976, che ideò il sistema nel 1956. Ma è dal 2004 che in Italia è entrata in vigore una sorta di tassa piatta: si tratta dell’Ires, l’Imposta sul reddito delle società che nel 2018 ha avuto una aliquota fissa al 24%. Tuttavia, il principio di costituzionalità di una tassa piatta solleva delle polemiche sull’aliquota fissa: secondo l’art. 53 della Costituzione, il sistema italiano deve osservare un principio di progressività nell’imposizione fiscale. Secondo altri, le varie detrazioni, le esenzioni e i limiti di reddito per aderire alla flat tax andrebbero a rispondere alle indicazioni della Costituzione.
LEGGI ANCHE: Sulla Flat Tax e la teoria dello “sgocciolamento” made in Salvini
La flat tax si basa sul principio «pagare meno per pagare tutti», dunque, tra i vantaggi della tassa piatta ci sarebbe il recupero delle tasse mai pagate dagli evasori. Chi è favorevole all’introduzione di una flat tax sostiene che, riducendo la pressione fiscale, le famiglie avrebbero maggiore potere d’acquisto, le imprese potrebbero avere più margine per gli investimenti e il Paese ne guadagnerebbe un forte stimolo alla crescita. Minore pressione fiscale, però, vuol dire anche minor gettito per le casse dello Stato. Non è detto che il recupero del sommerso andrebbe a colmare il vuoto nel bilancio pubblico. In un Paese con il debito pubblico così alto, nell’immediato, potrebbe avere conseguenze imprevedibili. Ma c’è anche chi critica la flat tax perché, di fatto, avvantaggia la fetta di popolazione benestante.
Il nuovo regime fiscale si caratterizza con due aliquote fisse al 15% e al 20% per persone fisiche, partite Iva, imprese e famiglie. Nella legge di Bilancio 2019 la flat tax non sarà, però, a pieno regime: il regime forfettario al 15% è stato esteso per i lavoratori autonomi con ricavi fino a 65mila euro. Il prelievo per chi apre una nuova partita Iva o startup è invece fissato al 5% per i primi cinque anni. Nel disegno di legge sarebbe è prevista anche una aliquota al 7% per i pensionati stranieri o italiani che si trasferiscono al Sud in un paese con popolazione fino a 20mila abitanti. Dal 2020 entrerà in vigore anche una flat tax al 20% per il reddito compreso tra i 65.000 e i 100.000 euro. I due cambiamenti davvero rivoluzionari nel sistema fiscale, che dovrebbero partire dal 2020, riguardano la flat tax per le famiglie con reddito complessivo fino a 50.000 euro (pagheranno una aliquota Irpef al 15%) e per le imprese (dovranno versare l’Ires al 20%, ridotta di 4 punti percentuali rispetto all’imposta attuale). Questa misura per le famiglie ridurrà le cinque aliquote Irpef attuali, dal 23 al 43% in base agli scaglioni di reddito, a tre aliquote. Ma la vera novità è che il sistema di tassazione non sarà più calcolato sul singolo contribuente, ma sul nucleo familiare.