Saranno quasi 70mila gli alunni in meno nelle scuole italiane da settembre. Il calo demografico desertifica le aule, ma ora si teme anche per l’assetto generale della scuola, a partire dagli insegnanti. «È il frutto del normale andamento demografico che risente dei periodi di crisi economica e poi si riflette sulla popolazione scolastica. Alla luce di questo, stiamo valutando di aprire un dialogo per rivedere i parametri sulle autonomie scolastiche in maniera più tarata sul territorio», commenta il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti.
Le tabelle sulle iscrizioni parlano chiaro: al prossimo anno si sono iscritti 69.256 studentesse e studenti in meno, un calo dello 0,9% che assume dimensioni diverse se si considera l’andamento degli ultimi tre anni, in diminuzione costante e crescente. Oltre 45mila in meno nel 2016/17 rispetto all’anno precedente. Altri 67.754 in meno nell’anno successivo e 75.215 quest’anno scolastico rispetto al precedente. In totale si sono persi 188.583 alunne e alunni nei quattro anni scolastici a partire dal 2015/16, con un calo del 2,4%.
E in futuro non si intravedono segnali di miglioramento. Anzi. Le altre tabelle all’esame del ministro Bussetti e dei sindacati prevedono un calo di 369.057 studenti nei prossimi cinque anni in tutta Italia, quasi quanto una città come Bologna o Firenze. Se andiamo a vedere i dati regionali, il calo è più evidente al Sud e un po’ minore al Nord ma c’è una sola regione dove di anno in anno non si assiste a una diminuzione delle alunne e degli alunni presenti in classe, è l’Emilia Romagna, che a settembre porterà 1.484 alunne e alunni in più nelle sue aule. Il record negativo spetta alla Basilicata dove da settembre entreranno nelle aule 1.742 studentesse e studenti in meno, un calo del 2,23%, in Calabria 5.418 con un calo dell’1,96%, in Puglia 11.202 in meno con un calo dell’1,91% e in Campania altri 15.535 in meno con un calo dell’1,77%. In totale nelle regioni del Sud si perdono 48.570 alunne e alunni, il 70% del totale italiano.
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I dati della decrescita nelle iscrizioni scolastiche, potrebbe avere degli effetti negativi anche sulla popolazione insegnante. E il ministro dovrà valutare attentamente i dati per decidere l’organico del prossimo anno, che i rappresentanti dei lavoratori temono di vedere ridimensionato. «Ci troviamo di fronte a un calo senza precedenti – dichiara a La Stampa Maddalena Gissi, segretaria generale Cisl scuola – Vogliamo capire che cosa intende fare il governo. Mancano le politiche per la famiglia, le politiche sociali e i sostegni per garantire alle coppie che stanno costruendo il loro nucleo la possibilità di andare oltre il primo figlio. Appaiono in difficoltà anche regioni come Piemonte, Lombardia o Veneto, tradizionalmente più ricche. L’unica a resistere è l’Emilia Romagna per la capacità di fare rete dei servizi sociali e di fornire sostengo alla donna che lavora».