Dopo giorni di scontri, il governo potrebbe decidere di trasformare la norma “Salva Roma”, che riduce il debito accumulato dalla capitale, in un “salva tutti”, estendendola a tutti i comuni italiani in dissesto. «O tutti o nessuno. Non ci sono Comuni di serie A e Comuni di serie B» è la posizione del ministro dell’interno Matteo Salvini che ha minacciato di non far passare il “Salva Roma” se non sarà cambiato in modo da aiutare anche gli altri comuni in difficoltà, come Catania e Alessandria.
È stata soprattutto la Lega ad alzare il livello dello scontro e a trasformare il salva-Roma in un caso politico. Il ministro dell’Interno, dopo aver attaccato per tutta la settimana la sindaca Raggi, oggi a Radio 1 Rai insiste: «Regali a qualcuno non ne facciamo. Non ci può essere un intervento salva-Raggi quando ci sono tanti comuni italiani in difficoltà e che hanno bisogno. O si aiutano tutti o nessuno. Non ci sono cittadini di serie A o di serie B, così come non ci sono sindaci di Serie A e di Serie B».
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Il “Salva Roma” prevede di chiudere la gestione commissariale nei prossimi anni e di conferire tutto il debito commerciale (quello che riguarda forniture e servizi) al comune, mentre il debito finanziario (cioè, principalmente, obbligazioni) passerà direttamente al ministero dell’Economia. In questo ci sarà una riduzione degli interessi chiesti delle banche, che si troveranno a trattare con un creditore più solido. Secondo alcune stime fatte circolare dal comune di Roma, il risparmio per la città generato dall’operazione dovrebbe ammontare a circa 90 milioni di euro l’anno.
Non è chiaro come Salvini intenda applicare questo meccanismo ad altre città in dissesto, visto che Roma è l’unica ad avere una gestione commissariale del debito. Il “Salva Roma” agirebbe sulla gestione commissariale del debito di Roma, una struttura a cui nel 2010 furono conferiti tutti i debiti del comune e che viene finanziata ogni anno con 200 milioni di euro del comune e 300 provenienti dalla fiscalità generale. Ma ancora non si conoscono i dettagli di questa norma. Il decreto che la contiene, il cosiddetto “decreto crescita”, è stato approvato una prima volta lo scorso 4 aprile e da allora è stato continuamente riscritto, senza mai venire pubblicato in Gazzetta ufficiale. Quelle che sono circolate nelle ultime settimane sono soltanto bozze che il governo continua a cambiare, non riuscendo a trovare un accordo sul testo.