«We recommend listening to Nuova Napoli while walking in the alleys of Naples’ historic center, around wet clothes hanging and street vendors on tiny three-wheelers». (Consigliamo di ascoltare “Nuova Napoli” mentre camminate per i vicoli del centro storico, tra i panni appesi ad asciugare e i venditori ambulanti sulle Apecar). È la dichiarazione d’intenti che si legge all’interno del booklet pubblicato dal duo Nu Guinea in occasione del loro dj set londinese. Una dichiarazione di intenti che si muove sul doppio binario della Napoli rinata: da una parte l’anima partenopea, dall’altro lo sguardo internazionale di una metropoli moderna come Berlino.
Lucio Aquilina e Massimo Di Lena, ovvero i Nu Guinea, esponenti di spicco della scena techno napoletana, dal 2014 infatti si sono trasferiti a Berlino, dove hanno pubblicato due EP e un album completo, “Nuova Napoli”, appunto. Divisi fra house e world music, i due rimasticano la tradizione napoletana, creando un ibrido sorprendente, che parte dal jazz-funk di Tullio De Piscopo, Tony Esposito e James Senese con i Napoli Centrale per passare al prog di formazioni storiche quali gli Osanna e Il Balletto di Bronzo, fino alla reinterpretazione del blues scomposto di Pino Daniele, in pezzi ritmati come “Stann fore” e “A voce‘e Napule”. Tra le fonti d’ispirazione c’è anche la città più sotterranea, quella degli Oro o dei Donn’Anna, band disco funk riscoperte dagli stessi Nu Guinea nei loro pellegrinaggi per mercatini e negozi di dischi del Vomero e finite nella compilation “Napoli segreta”, curata da Di Lena e Aquilina insieme a DNApoli e Famiglia Discocristiana.
È la “Nuova Napoli”, quella di Liberato, il misterioso neomelodico dei millennial che li ha voluti in apertura del suo blitz l’anno scorso sul Lungomare di Napoli, e di Franco Ricciardi oppure dei rapper Luchè, Clementino e Enzo Dong, musicisti che attingono alla tradizione partenopea per parlare alle nuove generazioni con ritmi moderni. Non si tratta di semplice retromania, ma piuttosto di rimodulazione di temi e figure del sound napoletano, fascinazioni del passato che guardano al futuro.
“Nuova Napoli”, il titolo del disco, ad esempio, viene dal film “No grazie, il caffè mi rende nervoso”, una commedia noir del 1982 diretta da Lodovico Gasparini che ha per protagonisti Lello Arena e Massimo Troisi. Il film racconta la storia di un festival, chiamato proprio Nuova Napoli, sabotato dal misterioso maniaco Funiculì funiculà, un fanatico della tradizione convinto che “Napule nun adda cagnà” (Napoli non deve cambiare). Tra i protagonisti del film c’è proprio James Senese, che è anche autore della colonna sonora.
«Quando componiamo musica cerchiamo sempre di immaginarci all’interno di un mondo diverso da quello in cui ci troviamo – spiegano Aquilina e Di Lena – È anche la spiegazione del nostro nome: è la sintesi di un immaginario onirico e inesplorato. Un viaggio musicale alla ricerca di suoni esotici e contaminazioni costanti fra differenti popoli e culture. Nel caso dell’album, abbiamo finto di essere una di quelle band che avrebbero dovuto partecipare al festival “Nuova Napoli”. Per noi Funiculì funiculà è un personaggio simbolico. Per esempio potrebbe rappresentare la maggior parte delle case discografiche di oggi, che spesso propongono tutte lo stesso suono. Noi invece abbiamo fatto quello che faceva James Senese all’epoca: non abbiamo seguito i canoni della musica contemporanea. Il nostro obiettivo era di omaggiare la tradizione napoletana, senza dover seguire per forza le logiche di mercato. Alla base del nostro progetto c’è la voglia di andare alle origini della musica da ballare, quindi dentro questo disco ci sono finite influenze diversissime: dal folk delle Antille al boogie nigeriano. Anche perché pensare di fare un disco volutamente “alla Pino Daniele” sarebbe stato un po’ presuntuoso da parte nostra».
Nell’album strumenti tradizionali, sintetizzatori, batteria elettronica e la bella voce di Fabiana Martone che canta in dialetto riescono a creare un ponte tra il passato e il presente, dando vita a una contaminazione di qualcosa che in origine era già frutto di una contaminazione. Tra i sette brani che compongono la raccolta, spicca l’uno-due di “Je vulesse”, il cui testo è un estratto della poesia “Je vulesse truvà pace” di Eduardo De Filippo, e “Ddoje facce”, canzone perfetta per una passeggiata nei vicoli del Rione Sanità. Del resto è proprio quello che i Nu Guinea raccomandano: «Consigliamo di ascoltare “Nuova Napoli” mentre camminate per i vicoli del centro storico, tra i panni appesi ad asciugare e i venditori ambulanti sulle Apecar».
LEGGI ANCHE: La musica reggae patrimonio dell’umanità
Oppure potete ascoltare “Nuova Napoli” al Castello Maniace di Siracusa, quando i Nu Guinea chiuderanno il concertone del Primo Maggio. «Nel concerto alcuni brani saranno un po’ più lunghi e leggermente riarrangiati. Suoneremo anche qualche inedito e un paio di cover, per esempio “Amore” dei Chrisma, e alcuni pezzi di The Tony Allen experiments, il nostro disco del 2016 fatto in collaborazione con Tony Allen, dal quale ricevemmo delle registrazioni di batteria originali di alcuni suoi brani storici. Una collaborazione, quella con Tony Allen, che abbiamo ripreso. Sarebbe meraviglioso collaborare con artisti di altre parti del mondo, andare in Libano, o in Madagascar. C’è un disco fantastico di una band krautrock tedesca, Embryo, che ha suonato con il Karnataka College Of Percussion in India. È una cosa che ci diciamo da tanto tempo. Un giorno succederà, non ci sono dubbi».