Tra ministri leghisti che decidono di non celebrare il 25 aprile e tifosi laziali che a Milano inneggiano a Mussolini, le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, risuonano chiare ed inequivocabili: «I giovani facciano propri i valori costituzionali. La festa del 25 aprile ci stimola a riflettere come il nostro Paese seppe risorgere dopo la tragedia della seconda guerra mondiale. Un vero secondo risorgimento in un Paese materialmente distrutto e gettato nello scompiglio dal regime fascista nemico e da quello monarchico».
Il Capo dello Stato ha incontrato al Quirinale, insieme alla ministra della Difesa Elisabetta Trenta, le Associazioni dei combattenti. Il presidente della Repubblica ha ricordato che «la libertà non è un valore acquisito per sempre ma va difesa e sviluppata», sottolineando anche che il 25 aprile di 74 anni fa «fu il momento fondante della nostra democrazia» che trova il fulcro in quella Costituzione «in cui tutti devono riconoscersi» e la cui tutela e salvaguardia deve essere oggetto di un’azione costante «anche culturale e politica». Il presidente della Repubblica ha omaggiato i combattenti partigiani e coloro, uomini donne, militari e civili, e anche sacerdoti, che si impegnarono nella lotta all’oppressione nazifascista e si adoperarono per salvare gli ebrei e i perseguitati del regime. «La vostra testimonianza è un monito permanente, un argine di verità contro le interessate riscritture della storia», ha detto loro Mattarella.
Il 25 aprile si celebra la festa della Liberazione dal nazifascismo, avvenuta nel 1945. L’occupazione tedesca e fascista in Italia non terminò in un solo giorno ma si considera il 25 aprile come data simbolo, perché quel giorno del 1945 coincise con l’inizio della ritirata da parte dei soldati della Germania nazista e di quelli fascisti della repubblica di Salò dalle città di Torino e di Milano, dopo che la popolazione si era ribellata e i partigiani avevano organizzato un piano coordinato per riprendere le città.
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Le operazioni militari si protrassero in realtà fino ai primi giorni di maggio e cominciarono il 9 aprile con l’offensiva finale degli Alleati. La superiorità schiacciante di uomini e mezzi rispetto agli occupanti tedeschi ed ai militi della Repubblica di Salò consentì ad alleati e partigiani di avanzare con celerità ed efficienza in Italia settentrionale. Il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia lanciò un’insurrezione generale il 16 aprile. Tre giorni dopo fu attaccata Bologna, liberata definitivamente il 21 aprile con l’ausilio delle truppe Alleate. Il 24 aprile 1945 gli alleati superarono il Po e il 25 aprile i soldati tedeschi e della repubblica di Salò cominciarono a ritirarsi da Milano e da Torino. In quelle ore fuggì da Milano anche il duce del fascismo, Benito Mussolini, catturato poi pochi giorni dopo dai partigiani e da questi trucidato insieme all’amante Clarissa Petacci. L’abbandono di Milano da parte di Mussolini durante il 25 aprile costituisce un motivo ulteriore per la scelta di questa data ai fini delle celebrazioni della liberazione del Paese.
La decisione di scegliere il 25 aprile come “festa della Liberazione” fu presa il 22 aprile del 1946, quando il governo italiano provvisorio, il primo guidato da Alcide De Gasperi, stabilì con un decreto che il 25 aprile dovesse essere “festa nazionale” per celebrare la liberazione dell’Italia dal nazifascismo. La data fu fissata in modo definitivo con la legge n. 269 del maggio 1949, presentata da De Gasperi in Senato nel settembre 1948. Anche altri paesi europei ricordano la fine dell’occupazione straniera durante la seconda guerra mondiale, ma in date diverse: Olanda e Danimarca la festeggiano il 5 maggio, in Norvegia è festa l’8 maggio, in Romania il 23 agosto.