Tutto è nato nell’estate del 2017. Bruce Springsteen e la E Street Band stavano per chiudere il “The River tour” in Oceania con tre fantastici concerti all’Arena di Perth, Australia occidentale. Il Boss del rock riunì i suoi fedeli compagni d’avventura, annunciando loro la notizia che l’anno successivo sarebbe stato impegnato in uno spettacolo a Broadway. Insomma, la band era sciolta. Per un anno la E Street Band si sarebbe fermata. Forse più, visto che il prossimo giugno Springsteen pubblicherà l’album “Western Stars”: tredici riflessivi brani registrati in casa con la moglie Patti Scialfa e qualche altro amico, ma senza la E Street Band. «Questo lavoro è un ritorno alle mie registrazioni da solista con le canzoni ispirate a dei personaggi e con arrangiamenti orchestrali cinematici», racconta Springsteen, «è come uno scrigno ricco di gioielli».
Il suo consigliori rock ed ex star dei The Sopranos, Steven Van Zandt, colse al volo l’occasione per rimettere insieme i Disciples of Soul, il gruppo rock’n’soul messo su negli anni Ottanta quando Springsteen decise di dedicarsi all’album “Nebraska” armato di una semplice chitarra. Chiuse le esperienze televisive dei Sopranos con Silvio (il suo personaggio) in coma, e di gangster nella commedia nera “Lilyhammer”, Van Zandt ha ripreso a girare sui palchi di tutto il mondo con la sua band.
Il chitarrista Nils Lofgren, invece, prese la sua Jazzmaster e cominciò a disegnare un nuovo riff blues nel soundcheck prima dello show. «Ero sul palco aspettando che Bruce e la band si presentassero, quando ho iniziato a cantare le parole di “Blue with Lou”. Ho capito che potevo trasformarlo in una canzone che rendeva omaggio a Lou Reed». La canzone è diventata la title track del nuovo album “Blue With Lou” di Lofgren contenente cinque canzoni che ha scritto con Lou Reed alla fine degli anni Settanta, ma rimaste inedite.
I semi di “Blue With Lou” furono piantati alla fine del 1978, quando Lofgren collaborò con il produttore Bob Ezrin per il suo esordio da solista. Lofgren aveva scritto una manciata di brani con il chitarrista Dick Wagner (incluso il classico “Shine Silently”), ma sentiva di aver bisogno di aiuto nei testi. Con l’incoraggiamento di Ezrin, incontrò Reed per vedere se fosse interessato a collaborare. S’incontrarono nell’appartamento di Lou Reed. Inizialmente parlarono di football. «Era un grande fan della NFL, mi ha davvero sorpreso», ricorda Lofgren in una intervista a “Rolling Stone”. «Sono cresciuto nell’area di Washington DC ed ero un grande fan dei Redskins. Per qualche strana ragione, amava i Dallas Cowboys, la nemesi numero uno dei Redskins. Ci siamo ritrovati a guardarli giocare a una partita di football quella notte».
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Reed e Lofgren finirono per parlare a lungo dopo che i Redskins vinsero per 9-5. «Gli dissi: “Ho tanta musica in testa, ma non mi piacciono i testi”. Lou mi rispose, “Io sono l’esatto opposto. Io scrivo sempre testi che penso siano buoni, ma la musica richiede un po’ più di gomito”» continua a ricordare a Rolling Stone.
Lofgren finì per dargli una cassetta con tredici canzoni. Passarono settimane, poi una notte il telefono squillò alle 4.30 del mattino. «Era buio pesto», riprende Lofgren. Dall’altro capo del telefono sentì una voce profonda: «Nils, sono Lou Reed. Sono stato sveglio per tre giorni e tre notti. Amo il tuo nastro. Ho appena completato tredici testi che mi piacciono. Se ti va, te li farei ascoltare». Lofgren saltò giù dal letto, mise una tazza di caffè sul fornello e cominciò a trascrivere furiosamente i testi di ogni sua canzone. «Ho trascorso oltre due ore a seguire parola per parola. Alla fine, mi sono ritrovato tredici canzoni originali che avevamo appena co-scritto insieme. Rimasi basito».
A quel tempo, Reed era a metà della registrazione dell’album “Bells” e chiese se poteva usare tre delle canzoni: “City Lights”, “Stupid Man” e “With You”. Lofgren acconsentì volentieri, e in cambio usò altre tre canzoni (“A Fool Like Me”, “I Found Her” e “I’ll Cry Tomorrow”) per il suo album da solista. Da quell’incontro Lofgren riprese nel 1995 la canzone “Life” per il suo album “Damaged Goods”, e nel 2002 scelse “Drifin’ Man” per “Breakaway Angel”. Rimanevano ancora cinque canzoni nel cassetto. Quando Lou Reed è morto nel 2013, Lofgren cominciò a pensare che quello poteva essere il momento giusto per farle ascoltare al mondo. «Ho sempre immaginato che Lou un giorno mi avrebbe chiamato per dirmi: “Diamo un’occhiata a quelle altre canzoni che abbiamo scritto insieme”».
E una volta che il “The River tour” si è concluso, ha finalmente avuto il tempo di mettere in atto il suo piano con l’aiuto del bassista Kevin McCormick, del batterista Andy Newmark e della cantante Cindy Mizelle, quest’ultima “arruolata” nella E Street Band dal 2009 al 2014. Hanno registrato l’album nello studio di casa a Phoenix, in Arizona, dove Lofgren vive con sua moglie Amy. La band ha vissuto a casa loro durante le sessioni, consumando i pasti preparati da Amy, che ha un passato da chef professionista.
“Attitude City”, “Give”, “Talk Thru the Tears”, “Do not Let Your Guard Down” e “Cut Him Up” sono le canzoni con i testi di Lou Reed, con l’aggiunta di una versione reggae di “City Lights”. Nell’album ci sono anche sei composizioni originali di Lofgren, tra cui un omaggio al suo defunto cane Groucho (“Remember You”) e “Dear Heartbreaker”, una melodia triste su Tom Petty.
A maggio, Nils Lofgren porterà la band dello studio – insieme a suo fratello ed ex compagno di band dei Grin, Tom Lofgren – sulla strada attraverso l’America per promuovere l’album. «Dopo i tour con Springsteen negli stadi, mi piace riscoprire una dimensione più intima» confessa. «Alla fine di ogni show con la E Street sono esausto, stanco, mi sento come una trottola al termine dei suoi giri». Anche se negli ultimi tempi Nils Lofgren ha dovuto limitare le sue acrobazie: «Sono stato operato ai fianchi e mi hanno applicato delle protesi di ferro» ci spiegò nel 2013 alla vigilia del concerto in piazza Plebiscito a Napoli. «Troppo basket sul cemento quando vivevo a New York e, soprattutto, troppi salti dal trampolino e dagli amplificatori. Così mi sono ritrovato con i fianchi distrutti. È stato un chirurgo italiano ad operarmi e mi ha ordinato di mettere nell’armadio il trampolino se non voglio rimanere paralizzato».
Qualche “follia” ancora Lofgren tuttavia se la concede. Ruota come una trottola suonando “Because the night”, corre in lungo e largo sul palco col Boss e Little Steven. Tre “giovani” sessantenni che continuano a divertirsi con la musica. «Negli anni Sessanta, quando abbiamo cominciato noi tutti questa professione non c’erano internet, Mtv o i talent show. L’unico modo per apprendere il mestiere era andare a suonare davanti alla gente. La E Street rappresenta l’anima del rock’n’roll, mantiene e tramanda lo spirito degli anni Sessanta, quando ancora non c’era la tecnologia, come se fossimo ancora degli apprendisti».
Con questo spirito continua a correre sulle strade americane. Una corsa che ancora continua e né vede avvicinarsi all’orizzonte la fermata. «In giugno compirò 68 anni, ma ho ancora il piacere di andare in tour. La musica è il dono più grande del pianeta. È la lingua universale».